E io lo faccio lo stesso!
Insomma anche se mi sento perdente vi dico…. e ve lo canto ED IO LO FACCIO LO STESSO!!
Insomma anche se mi sento perdente vi dico…. e ve lo canto ED IO LO FACCIO LO STESSO!!
Invece per Capodanno nel mio cuore si è affacciato qualcosa che non esito a condividere con voi.
Vi auguro Buon Anno in un momento molto buio della mia esistenza e mi è di grande conforto ascoltare la canzone di Dylan “Forever Joung”.
Quanta gioia mi pervade ancora ricordando quell’ultima fetta di notte trascorsa contemplando il Goetheanum ed ascoltando in quel maledetto grammofono, la musica di Laurie Anderson!
La volta scorsa la traccia ci chiedeva quale disco/canzone sceglieresti come emblematica della tua intera biografia.
Questa volta la traccia suggerisce di ripensare al primo incontro, presumibilmente infantile con la musica.
Indaghiamo la “Preistoria musicale”. Probabilmente le radici. Il primo incontro con l’elemento musicale.
L’ascolto e lo studio della musica come terapia del dolore. Fisico e psichico.
Partiamo chiedendoci: come ascoltiamo la musica?
Ho fatto lo psicanalista circa 40 anni e spesso mi sono chiesto: del discorso del paziente, ascolto le parole o la musica? Quanto l’una quanto l’altra?
Ad alcuni ex-pazienti, divenuti im-pazienti, ho confidato che io nei loro discorsi ascoltavo più la musica che le parole!
Perché con le parole ogni paziente vuole ipnotizzarci.
Quindi due buone cuffie e occhiali e mi lancio come Snoopy a cavallo del mio scooter elettrico per disabili…
Da questa postura che ho cercato sommariamente di indicare nasce la mia proposta di ascolto guidato e commentato a ritmo settimanale.
Quest’anno è successa una cosa curiosa. Avevo il desiderio da molto tempo di presentare il mio libro, quella “Metamorfosi della relazione Padre/Figlio”, nella sala della Fondazione Antroposofica Milanese.
Una sala che amo tanto. Chiedendo agli organizzatori una data per presentare il mio libro in quella sede mi è stata proposta la data del mio compleanno!
Venerdì 30 ottobre alle ore 20.30 la Libera Scuola Rudolf Steiner di via Pini a Milano mi ha invitato a parlare del tema della biografia umana ovvero delle “Principali crisi biografiche nell’evoluzione dell’individuo: infanzia, maturità, vecchiaia.”
Una conversazione che indicherà il mio debito nei confronti dell’opera di Rudolf Steiner e della sua Antroposofia, particolarmente incentrata sulle questioni di interesse filosofico e psicanalitico. Steiner tra Nietzsche e Breuer.
Nel solstizio d’estate ci si perde, si esce dalla propria testa, si è letteralmente “fuori di testa” e ci si precipita nel ventre del cielo verso le costellazioni più lontane.
In quel tripudio di luce, ci si può sentire persi e confusi. Per questo le tradizioni più diverse hanno forgiato la festa dei fuochi e delle lanterne accese qui in terra.
Abbiamo mai riflettuto sull’etimologia di questa parola? Eccola. Viene dal verbo vacare. Essere vacante. Non esserci più. Non stare. Vagare. Forse sognare.
Per me è meglio lasciar cadere il monoteismo. Ingoiarlo intero. Ora che Dio è morto. E il petrolio potrebbe davvero finire. Ora che il suo prezzo comincia a crollare.
Una partita a ping-pong tra un ragazzino #ucraino e uno #israeliano. La mia foto può apparire come un allegro anagramma.
Ognuno di noi frequentando corsi e vivendo la vita, recandosi alla messa o dall’analista, recitando mantram o meditando, ci riesce a cambiare?
A chi oggi mi faccia l’onore di chiede consiglio per una formazione psicanalitica, racconto che in quegli anni a Milano si viveva in un certo fervore.
Concludendo il mio anno mi trovo a scoprire che è stato un anno di un mio ritiro dal mondo.
(Non esco quasi più di casa)
Riflessione sul sacro mistero del lavoro. La vita fa delle nostre opere ciò che crede. Col nostro sudore ci tratta come cani di paglia.
L’abito non fa il monaco e la barba non fa la saggezza. E poi: “Ma chi sei tu per volerti risparmiare quel tempo a guardarti in faccia ogni mattina?
Mi sono trovato a scarabocchiare fino a vedere emergere un dis-segno dalla tribolazione della mano.
“Sono vivo ed è solo l’inizio!” Pare che lo abbia esclamato anche il bambino sopravvissuto alla strage di Erode!
Il nostro doppio ma anche quello del Castello Sforzesco.
Attraversando i primi due chiostri ci sopraffaceva la nausea, lasciandoci sospesi tra il delitto della Cattolica e la santa voglia di vivere.
Allora come adesso cerco di coniugare uno spirito innovativo con un rispetto del valore delle tradizioni. In qualunque contesto, in ciascun incontro.
Lo splendore di ogni biografia ha radici in un sottosuolo in cui elementi sublimi ed elementi infimi si incontrano e si fecondano a vicenda. Ogni splendore è impastato infinite miserie.
Caro Lettore, questa non è una delle mie paginette consuete. È proprio una lettera per te.
L’oggetto della memoria risorge con prepotenza senza implicare alcuna vertigine che bordeggi l’esperienza attuale. Puro splendore dell’eterno presente
Scoppia la rivoluzione e non ho niente da mettermi! Frugo tra i miei cassetti… quell’immagine di Francesco che ho nel cassetto da una quindicina d’anni.
Passeggiavo, mi nascondevo nei barconi, intuivo una ragione dovesse esserci.
Il torto di innamorarsi di una parola. Come naturale, non ne conoscevo bene il significato: “FILOSOFIA”.
Torto grande innamorarsi di ciò che non si conosce bene?
Di che cosa è fatta quella che chiamiamo una comunità virtuale? Possiamo parlare di comunità? O si tratta della curiosa associazione di molte solitudini?
LEGGERE COME PERDERSI, SCRIVERE COME RITROVARSI. Parte seconda.
C’è chi ha osservato che quella dei Social Network non è vera socialità, ma solo la condivisione di solitudini, che assomiglia vagamente ad una Ecclesia.
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