Una contraddizione di Glenn (ancora Elogio della contraddizione)
Quale contraddizione ci rappresenta di più? Qual è il dilemma che non abbiamo mai risolto e che forse non risolveremo mai, ma che ci porta avanti?
Quale contraddizione ci rappresenta di più? Qual è il dilemma che non abbiamo mai risolto e che forse non risolveremo mai, ma che ci porta avanti?
Siamo abituati a pensare di godere del pasto e a soffrire il digiuno. Come godere di parlare e soffrire di ascoltare. È vero, ascoltare non è facile. Bisogna provare a farsi da parte. Farsi da parte per accogliere il dono del silenzio del corpo. Digiunare un po’ permette al silenzio del corpo di farsi ascoltare.
L’adolescente è un neonato. Neonato rispetto alla terza nascita, quella del corpo psichico. E come il neonato sgambetta, così l’adolescente agita più o meno caoticamente i neonati pensieri e sentimenti individuali.
La recitazione della metamorfosi della relazione Padre/Figlio è iniziata. La mia “traversata immaginativa” l’ho sempre pensata come celebrazione di un mistero. Alla maniera di Grotowski e di Peter Brook. Teatro povero e rituale. Una “sacra rappresentazione”.
Pubblicare il mio libro è stato simile a ciò che immagino sia il mettere al mondo un figlio. Ma anziché i soliti nove mesi il signorino ci ha messo 15 anni.
Di questo ed altro è capace colui che predica l’arrendersi al rispecchiamento nello sguardo dell’altro. Non fidatevi mai dei consigli di nessuno. Tanto meno dei miei.
Sono arrivato fino a Lugano ad inseguire il mio desiderio di pizza oltre i confini di stato, cavalcando il limite della scelta di evitare alimenti animali.
Posso finalmente annunciare che domenica 16 novembre, alle ore 16, nell’ambito della manifestazione Bookcity a Milano presenterò il mio libro intitolato “Metamorfosi della relazione Padre/Figlio”
Ognuno di noi frequentando corsi e vivendo la vita, recandosi alla messa o dall’analista, recitando mantram o meditando, ci riesce a cambiare?
Tutti facciamo giri strani. Nei taxi, come nelle ambulanze e nei cuori a volte non è facile scrutare.
Riflessione sul sacro mistero del lavoro. La vita fa delle nostre opere ciò che crede. Col nostro sudore ci tratta come cani di paglia.
Ora che il buon Dio è morto, della manutenzione dei muri del Mondo dobbiamo occuparcene noi. Come della conservazione del Castello.
Non solo come blogger mi ritrovo a parlare al vento e a scrivere sulle nuvole. So fare di molto peggio! Posso parlare coi muri!
Mi sono trovato a scarabocchiare fino a vedere emergere un dis-segno dalla tribolazione della mano.
Se ci rendiamo conto di quanto il raffreddore influenzi la nostra visione del mondo, abbiamo fatto il primo passo verso una intuizione importante.
Sorridere perché c’è poco da ridere e lasciar germogliare il sorriso fino a una risata.
“Sono vivo ed è solo l’inizio!” Pare che lo abbia esclamato anche il bambino sopravvissuto alla strage di Erode!
Il nostro doppio ma anche quello del Castello Sforzesco.
Attraversando i primi due chiostri ci sopraffaceva la nausea, lasciandoci sospesi tra il delitto della Cattolica e la santa voglia di vivere.
Allora come adesso cerco di coniugare uno spirito innovativo con un rispetto del valore delle tradizioni. In qualunque contesto, in ciascun incontro.
Lo splendore di ogni biografia ha radici in un sottosuolo in cui elementi sublimi ed elementi infimi si incontrano e si fecondano a vicenda. Ogni splendore è impastato infinite miserie.
Caro Lettore, questa non è una delle mie paginette consuete. È proprio una lettera per te.
A volte, oltre a cambiar tavolo, il gioco fa saltare il banco. Spesso, i giochi cambiano tavolo. Si inventano nuove regole. Ci troviamo a giocare prima di averle scoperte.
Atelier per l’esercizio della letteratura (da strada). In occasione del II Festival Letteratura a Milano. 5-9 giugno 2013.
Depositata la scheda dell’urna, muoio come individuo e le mie ceneri si mescolano con quelle di tutti gli altri componenti della “società civile”. Mi riconoscerò ancora in questa gigantografia?
Polarità contraddittorie tra comicità, ostentata buffoneria, seriosità improbabile. Credo valga la pena di riflettere. Non necessariamente per trovare una via di mezzo che non c’è mai. Nè per scegliere una e buttare l’altra.
Solo sprofondando in me stesso sarò in grado di incontrare l’altro, di conoscerlo, di accoglierlo in me!
La Compassione non è nulla di patetico. È invece uno stato d’animo abbastanza delicato e difficile da distillare.
Yoga richiede condizioni speciali solo nelle fantasie dei neofiti.
Di che cosa è fatta quella che chiamiamo una comunità virtuale? Possiamo parlare di comunità? O si tratta della curiosa associazione di molte solitudini?
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