Halloween Party a Lugano

Condivido considerazioni sulla mia biografia non perché ritenga di vivere qualcosa di particolarmente significativo, ma solo per provare ad indicare la strada per un precorso biografico, esplicitarne la modalità. A me stesso e agli altri.
Ciascuno di noi è chiamato a lavorare sulla propria. Che basta e avanza.
Chi mi legge non credo che lo faccia perché si interessi alla mia biografia.
Lavorare alla propria ed offrirne i frutti mi sembra il modo più efficace per esortare qualcuno a fare altrettanto.

Ho pubblicato una pagina tre anni fa, in occasione di Halloween, una pagina cui sono affezionato e che parla di come i morti possano portare doni.
Nella paginetta c’era nascosto un seme. Forse un cavallo di Troia.

[quote align=”center” color=”#999999″]Invece la curiosità mi porterebbe a partecipare ad una festa di Halloween allamericana. Giusto per provare!
Ma nessuno mi ha mai invitato! Magari lanno prossimo qualche affezionato lettore ci penserà![/quote]

Ho già mostrato quello che so fare parlando coi muri, interrogando silenziosamente le cose e, anche questa volta, dopo tre anni il seme è germogliato e le truppe achee hanno invaso la piazza di Troia.
Sono stato invitato all’Halloween-Party a Lugano presso gli amici della pizzeria, paninoteca Natural Food.

Le mani in pasta, psicanalisi dellimpasto e “Quando la signora Pazienza impastava la pizza sono termini già presenti nella mia riflessione qui.
Quello che ho da aggiungere è qualcosa che ho vissuto con grande intensità in queste ore.
Occorre risalire alle radici diverse di questo incontro.
Ripercorrere i fili che mi ci hanno portato per comprenderne il significato biografico.

Un incontro che potrebbe avere come insegna emblematica qualcosa che non passerà inosservato: una pizza a Lugano.
La quale espressione enuncia un paradosso che si estende in più direzioni.

UNA PIZZA A LUGANO

Che un italiano arrivi a Lugano a inseguire una pizza è qualcosa di inconsueto.
Ogni vero italiano lo sa. La pizza è meglio mangiarla in Italia.
Per quanto innumerevoli pizzaioli italiani siano emigrati, l’offerta è sempre risultata deludente per gli italiani.
In Svizzera poi, dove al posto della mozzarella contrabbandano una qualche variante dell’Emmenthal. Il formaggio svizzero. La groviera di Topo Gigio. Quando si scioglie puzza un po’.

VEGANI A LUGANO

Ma qui non si tratta solo di una pizza a Lugano. Si tratta anche di confrontarsi con la realtà di essere vegani a Lugano.
Così la questione dell’Emmental l’affaire-Topo-Gigio è aggirato con grande eleganza e la mozzarella di riso può cantare le sue virtù e pacificare gli animi.
Amici, non pensatela come una mozzarella di bufala. Quella è un’altra cosa.
La mozzarella di riso è, al nostro palato, una besciamellina di riso che fonde e apre nuove immaginazioni. Inedite. Il riso è un alimento così universale. Lasciamolo imperversare come merita.

BIOGRAFIA DELL’IMPASTO E LIEVITAZIONE: LA PASTA MADRE.

Ma lasciamo che la mozzarella di riso faccia il suo lavoro mentre dorme sulla superficie di una pasta lievitata con grande sapienza. Una pasta che nasce dalla mescolanza di farine differenti che si intrecciano in una lievitazione che la sospende in una dimensione “spirituale”.
Lievitazione e fermentazione sono simboli universali del processo alchemico. La leggenda biografica di questo esercizio accenna a ricette secolari importate dalle montagne del Trentino. Farine varie, integrate e saporite fanno da tappeto. Scandiscono le note del basso continuo. Il pizzaiolo, Edi, mi ha trattenuto a lungo e piacevolmente raccontando…
Se a qualcuno interessano queste leggende può provare, come ho fatto io, a saperne di più. Come quella certa ricetta, miscela di farine e processo di lievitazione sia approdato a Lugano.

PIZZE AL TAGLIO E PSICOLOGIA DELLA LIEVITAZIONE

Non sono un cultore della pizza al taglio. In pochi, in Italia, riescono a proporla in forma convincente. Il rischio è la ridondanza della farina lievitata in impasto che, a sua volta richiama una abbondanza di condimento non sempre auspicabile.
Mi sono invece trovato a gustare una pasta estremamente soffice e leggera. Il buon sapore delle farine integrali era sospeso a una lievitazione magistrale che non conferiva alcuna pesantezza alla pasta.
Davvero, il termine “lievitazione” merita una considerazione più attenta cui già accennavo. Gli azzimi dell’antica Gerusalemme. E gli antichi yogi che veicolano da secoli la prospettiva, spesso illusoria per noi, della lievitazione da terra.
Ma quel che il nostro corpo non riesce a fare, riesce a farlo la pasta nel processo naturale della lievitazione. Lievitare significa sottrarsi al peso della terra. “Lasciate il vostro peso alla terra”… ne ho già detto qualcosa riferendomi alla meditazione. La lievitazione è di per sé l’obbiettivo della meditazione e la lievitazione del pane ne è da sempre un simbolo chiave.

UN MILANESE A LUGANO

Ma annunciavo una paradossalità in diverse direzioni dell’insegna di una pizza a Lugano.
Cosa significa ancora per un italiano andare a Lugano?
Si aprono  orizzonti sconfinati di senso.
Il ricordo più antico in questa direzione mi sprofonda nel primo decennio della mia vita quando, membro cadetto di una delle tante famigliole milanesi, si passava il confine di Chiasso non solo per una castagnata, una narcisata o comunque una gita domenicale.
I veicoli Fiat e Alfa Romeo di nuova generazione sapevano offrire tanto alla piccola borghesia cittadina. Le Alfa superavano le Fiat in autostrada ma spesso poi gli bolliva l’acqua del motore e quelli delle Fiat li salutavano con la mano, passando.
Si andava in Svizzera a esercitare con discrezione una sorta di contrabbando a conduzione familiare.Muratti Ambassador
La mia famiglia infatti non dimenticava mai che lo zio Peppino prediligeva le Muratti Ambassador che allora venivano offerte in eleganti scatolette bianche e disincantavano sigarette dalla sezione ovale.

Nessuno fumava nella mia famiglia e oltre a due o tre pacchetti pro-capite in borsa era possibile aggiungerne un altro aperto nelle tasche.
Inutile evocare poi il malloppo più comune. Cioccolato e dadi. Quelli di pollo fino a pochi anni fa sono stati difficilmente reperibili in Italia. La cosa più curiosa era che la mia famiglia esercitava anche il contrabbando domestico di maglie di lana che, analogamente al pacchetto di sigarette aperto nelle tasche, prendeva la forma grottesca della maglia indossata sotto i vestiti passando la frontiera. Capitava anche d’estate e si tornava sudati alla meta.
Non è diverso tra Ventimiglia e la Francia ancora oggi ad opera dei francesi focosi che amano il Martini e dintorni.

CONFINE DI STATO E ANIMA DI POPOLO

E varcare il confine, oggi più di allora, significa confrontarsi con un contesto sociale parecchio differente da quello italiano di provenienza.
Provate a parcheggiare l’auto nel centro di Lugano oggi e ve ne renderete conto. Memorabile il commento di un vigile urbano che ebbe occasione di fermarmi diversi anni fa e che esordì esultando, scandiva le sillabe e l’accento ticinese imperversava: “Non so lì da voi ma noi qui a Lugano”. Capita l’antifona?
Quello di stato nelle scienza sociali o l’”anima di popolo” in quelle spirituali, non sono nozioni tanto astratte come comunemente pensiamo.

SOLO UNA PAUSA PRANZO

Mi sono trovato così pochi mesi fa alle prese con l’intenzione di mangiare un boccone nel centro si Lugano ed ero rassegnato a trovare quel che comunemente mi ero abituato ad aspettarmi.
Il massimo cui aspirava il mio desiderio era un sandwich confezionato con pane di segale al modo tedesco. Non volevo chiedere  di più. Panini giapponesi vicino al centro commerciale, suggestioni sudamericane…. Meglio lasciar perdere.
Ma un giorno mi imbattei in una bottega, una vetrina scarsa che prometteva pizza, paninoteca e piadineria vegana. Mi divertiva pensare alla musicalità linguistica dell’espressione accennata: “vegani a Lugano”.
Bene, ne conclusi, proviamo e vediamo dove porta questa musichetta.
Percepii immediatamente che portava verso attingimenti inattesi.
Scoperte che non cessano di lavorare dentro di me.
Ne parleremo ancora. Per ora provo a tirare qualche conclusione.

PAZIENZA, UN VEGANO?

Perché una alimentazione vegana non trova una via meno contaminata dalle suggestioni di modelli di importazione estranei alla propria tradizione?
Perché imprimere all’alimentazione vegana una direzione differente dal modello del sandwich, della pizza, delle piadine. Perché inseguire il modello di offerta che, in fondo proviene dalla cultura dei Mac Donald.
Annoto il valore della notazione ma ne sospendo le conclusioni.

La nostra cultura si sta forgiando in modo da inclinare la ricerca della pizza o del kebab su sentieri così improbabili.
I fagioli di soia come fonte proteica vegetale potrebbero essere proposti in forma autonoma. I fagioli sono fagioli. Perché chiamarli a mimare alimenti come il prosciutto, la mozzarella il tonno.

FAGIOLI, TONNO, MOZZARELLA E PROSCIUTTO

Pizza Sì, ci troviamo di fronte alla trasfigurazione della soia o del seitan verso l’immagine della mozzarella, del prosciutto o del tonno. Hamburger vegani?
Ecco la sfida che Rinaldo ed Edi allegramente veicolano con la loro impresa di Natural Food.
Non mi resta che confessare, e lo faccio innanzi tutto a me stesso, che ho accettato la sfida di misurarmi con la ricerca della pizza, quella che perseguiva la signora Pazienza quando impastava la sua, oltre i confini di stato. Oltre l’evidenza che i fagioli non diventino hamburger. Non siano chiamati a mimare ciò che non sono e non vorrebbero essere.
Ma evidentemente il desiderio dei consumatori non riesce a non imboccare questa direzione. E un esercente, un imprenditore può tenerne conto per intercettare un colloquio col consumatore.
Non rifiutiamo nemmeno quello. Il desiderio ha le sue direzioni. Magari nascoste. Sta a noi provare a cifrarle.
Decifrare l’enigma del nostro desiderio. Perseguire l’analisi biografica.
Provare a dar seguito all’indicazione dell’oracolo: “Conosci te stesso!”.
Forse cerchiamo noi stessi anche inseguendo il desiderio di pizza.

IL RISO E IL FAGIOLO TRASFIGURATI SECONDO NOSTRO DESIDERIO

Questo ci indica il punto a cui siamo approdati attraversando l’epoca-post-moderna.
Una realtà più reale del reale. L’iper-realismo che sospende i nostri appetiti e lo coniuga verso le nostre aspirazioni. Etiche in questo caso. Non vogliamo cibi animali ma desideriamo ancora la forma della mozzarella e del prosciutto, dell’arrosto o del brasato. E quel benedetto hamburger. Qualcosa della magica  Amburgo è arrivata lontano….

Essere vegani implica una posizione etica che, quanto a me stesso, evito di definire una volta per tutte.
Non sono vegano e non so se mai lo diventerò ma riservo a questa scelta il valore che le compete.
Rifiutare alimenti dirottati dal mondo animale è una scelta ben più che sensata.
Sono io che non mi fido di me stesso.
Non mi fido delle storie che mi racconto ma proseguo il mio cammino. Annotando obiezioni ma non cessando di cercare.

Sono arrivato fino a Lugano ad inseguire il mio desiderio di pizza oltre i confini di stato, cavalcando la scelta etica di evitare alimenti animali.
Ma non è tutta la nostra vita ad essere invischiata in queste contraddizioni?
Ho scritto l’elogio della contraddizione e trovo la contraddizione l’elemento più umano nell’immagine che ci costruiamo della nostra personalità.
Non sappiamo chi siamo.
Ma possiamo interrogarci sull’enigma del nostro desiderio.
La pulsione che ci porta fuori da noi stessi è la stessa che può ricondurci a noi stessi. O forse non abbiamo che quella.
E questo é un autentico prodigio.
Non smetto di contemplarlo.

A proposito, nessuno vuol favorire? Pizza? Panini? Piadine? Le esperienza vanno fatte sulla propria pelle e Lugano è lì. Non solo sulla carta geografica.
La pasta lievitata profuma.
O forse temete di invischiarvi in imprese sospette… contrabbando a conduzione familiare. Mah?!

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