Risorgere dal sepolcro di Facebook, dalle epigrafi di Twitter…

Giuliano Amidei. Pie donne al sepolcro

Una riflessione sulla biografia umana mi sembra coerente con lo spirito di questi primi giorni dell’anno.
Dopo la fecondazione operata nelle notti sante. Dopo che ciascuna notte ha plasmato il seme del destino di ogni mese dell’anno futuro.

Scrivere della biografia umana… È forte in me la vocazione a evitare generalizzazioni. A parlare solo di quanto posso esprimere il più direttamente possibile. Non pretendo la certezza, la sicurezza che non è di questo mondo… Ma cerco di parlare sempre di ciò che mi sembra di conoscere più direttamente.
A queste condizioni, così, credo di poter parlare solo della mia biografia.
E sono anche convinto che questo sia il modo più efficace di esortare ed aiutare altri a fare altrettanto.
Ho pensato anche questo, in queste ore di silenzio invernale. Il momento in cui i contadini riposano.
Se ciascuno si immerge realmente in se stesso. Se ciascuno accettasse di scomparire nel fondo di se stesso… Io ho cercato di farlo nei giorni scorsi.
Se accettassimo di sprofondare di più in noi stessi ritroveremmo gli altri con maggiore intensità.
Ci troveremmo uniti in una nuova qualità di relazione.
Quella che andiamo cercando come “comunità virtuale” e che non si conquista con niente che assomigli a un talk-show.
Un Talk-show che costituisce forse il fondale inconscio, sia del dialogo socratico che del social network in cui ci troviamo. Un dialogo facilmente degenerativo e spesso degenerato.

Io non ho grandi fedi o particolari confidenze, ma di questo sono energicamente convinto.
Il lavoro interiore non può essere promosso da alcuna forma di marketing.
Riprenderò queste riflessioni appena abbozzate…

Ma riprenderò soprattutto a lavorare in pubblico sulla mia biografia e cercherò di aiutare altri a fare altrettanto.
Lavorare in pubblico significa per me semplicemente scrivere.
Scrivere e pubblicare come parlare al vento.
Un parlare al vento di cui ieri sera ho sentito parlare in modo suggestivo da Haim Baharier.
Sulla bacheca di Philo, l’amica e collega Domitilla Melloni annota una frase dal suo discorso:

[quote align=”center” color=”#999999″]Spirito è parola, parola è comunicazione, comunicazione è l’inizio della comunità.”[/quote]

Con questo ordine di riflessione che intendo continuare, riprendere, inizio il mio nuovo anno.
Ho capito quanto, in tutti gli ultimi mesi dell’anno scorso, mi era difficile da capire.
Quando dicevo di cercare un colloquio con i lettori. Quando mi dibattevo ancora per non accettare la radicale solitudine che è la condizione di chi scrive.
Chi scrive e, come me, si lascia pubblicare da mani pietose.
Si seppellisce nella tomba di un sito o di un blog. Quando lo inaugurai lo indicai come un monumento discreto alla mia modesta persona.
Chi, come noi, si seppellisce da vivo nei sepolcri di Facebook. Scolpisce epigrafi nel marmo di Twitter!

Perdonatemi se ho avuto paura di questa pietra, di questa terra gelida invernale, di questa solitudine. Probabilmente l’appuntamento con il “Convitato di Pietra” è imminente per me!

Ho diffidato, ho avuto timore di questo “parlare al vento”.
Di un parlare al vento, si tratta forse della condizione altrimenti definita spirituale, come indicava ieri sera Haim Baharier.
Del soffio. Del respiro che, aggiungerei, si contempla nei polmoni nell’esercizio dello yoga, nella terra che respira nelle stagioni, nella parola, esercitando il sublime mistero della scrittura. Forse si tratta di articolazioni di uno stesso soffio.

Ora, corroborato dal riposo, dalle Notti sante, dalla promessa di una nuova primavera, riparto facendo di tutto questo un punto di forza.
Lasciate che lo ripeta (forse devo convincermene io stesso!): solo sprofondando in me stesso sarò in grado di incontrare l’altro, di conoscerlo, di accoglierlo in me!
Che questo sito non sia, come temevo, la vetrina di un museo, ma piuttosto la pietra di un sepolcro….

 

[quote align=”center” color=”#999999″]

“La lettura, resurrezione di Lazzaro,

Sollevare la pietra delle parole”

 

Georges Perros (Sciancrature)

Citato da Daniel Pennac nel delizioso “Come un romanzo”

[/quote]

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