No-autostop (grado 2 della meditazione)

No autostop

No autostopLasciato proprio peso alla terra (cfr link ) Inizia una nuova fase del lavoro interiore.
Non è semplice, lasciare il peso alla terra.
Per un verso sembra un processo naturale, spontaneo camminando coi piedi per terra. Ma sedendo le cose cambiano. Per questo gli antichi filosofi camminavano-pensando e camminando-pensavano.
Quando sediamo tutto ciò che Wilielm Reich ha chiamato “corazza caratteriale” fa resistenza. Diventa molto più percepibile.

Avendo praticato ritiri intensivi di meditazione, silenzio integrale e almeno 12 ore di pratica alternata tra seduta e camminata, mi son reso conto che occorrono mediamente 3 giorni perché il corpo si quieti e si trovi la postura adatta a ciascuno. Sia essa seduta su una sedia o nella posizione orientale giapponese o indiana (loto o mezzo loto)

Raggiungere questa relativa quiete, ad opinione di un mio caro amico (preferisco non nominarlo!), si apre un rischio. Se, come dice lui, “qualcuno impara a sedere e ha capito chissà cosa di qualche improbabile visione del mondo, è estremamente difficile tirarlo fuori di lì!”.
C’è molta verità in questa boutade. Sedere con calma e quietare le irrequietezze del corpo è probabilmente molto meno della metà dell’opera!
Compiere questa prima parte dell’impresa significa stabilire non un punto di osservazione ma un appoggio per un possibile punto di osservazione.

Il punto di osservazione è nella mente, forse oltre, ma se né mente, né corpo sono minimamente pacificati, la visione risulta inevitabilmente distorta.

Il corpo seduto in pace permette alla mente di cominciare a lavorare. Il lavoro mentale procede come procederebbe una barca a 2 remi. Destra e sinistra. Inspirazione ed espirazione.

Che cosa ci porta ogni colpo di remi? Ogni ispirazione ogni espirazione. Che caratteristiche ha ciò che viene. Quali ciò che va.
Ogni volta che perveniamo a considerazioni troppo generali. Che ci sembra di essere arrivati a ottime deduzioni….. Lasciamo perdere. Non è quello che cerchiamo!
Cancelliamo la lavagna. Non cerchiamo conclusioni. Cerchiamo un inizio.
Ripartiamo da quella inspirazione o da quella espirazione e guardiamola più da vicino. E molto concretamente. Ripartiamo dalla percezione. Esercitiamo un sublime pragmatismo!
Com’è quel respiro. Dove poggia l’aria entrando nella narice. Torniamo seduti sulla punta del naso. Arriva un prurito. Non possiamo intervenire osserviamo come arriva, cresce, se non se ne va saremo costretti ad intervenire.

Se dobbiamo intervenire dobbiamo osservare la decisione della mano che comincia a muoversi, attraversa l’aria, giunge il punto che chiama. Il contatto con quel punto. Tutto ciò che accadrà….. Quanto lavoro. Proviamo a star fermi e osservare può darsi che passi da solo. A volte i fenomeni si modificano per il fatto di osservarli. Lo sanno tutti. Non c’è bisogno della fisica quantistica. Ma se occorre abbiamo anche quella. Basta che ci mettiamo trànquilli a osservare…

Di ogni fenomeno percepibile si esplora come va e come viene. Primo tra tutti, il respiro.Il respiro, come fenomeno organico, esperienza primaria, vitale, ci mostra la radicalità, l’archetipicità di questo movimento.
Qualunque fenomeno ci si trovi ad osservare se ne può distinguere un inizio, un punto medio, una fine.

Un rumore, una sensazione fisica, l’irrompere di un pensiero.
Per i pensieri la partita è particolarmente insidiosa. È molto difficile vedere un pensiero che arriva, e lasciarlo andare. Solitamente i pensieri portano via quasi tutta la mente del principiante.

A questo proposito, Corrado Pensa (gran parte del mio apprendistato è avvenuto con lui) mi ha suggerito una immagine che non ho mai dimenticato.
È come se ci mettessimo al bordo di una strada a fare auto-stop. Guardiamo le auto passare e ci auguriamo di essere caricati.
Diversamente da quello che accade nella realtà, nel lavoro mentale siamo quasi sempre caricati da ogni auto che passa. Ci porta via, quando ci ridestiamo e ci ritroviamo in un punto diverso da quel in cui ci trovavamo quando il pensiero è arrivato.

Il nostro lavoro invece consiste paradossalmente nel non accettare alcun passaggio dai nostri pensieri che arrivano. Guardarli arrivare, passare nella mente, andarsene. Probabilmente è impossibile non fare un pur piccolo pezzetto di strada. Il fatto stesso di prenderne coscienza implica lo scendere dall’auto dopo un passaggio più breve possibile.

Tuttavia l’immagine mi è sempre stata di grande utilità. Solo in epoca più recente, leggendo quello splendido saggio di George Steiner ‘!!!!!!!! Le cose si son complicate ma forse è giusto semplificare per ora.

Chissà se davvero è dato alla mente di osservare sè stessa. Tuttavia il fatto far pulizia non impedisce il fatto che la casa ogni giorno si sporchi! Consideriamo il lavoro meditativo una pulizia della stanza. Della mente e del cuore.

Riprenderemo presto la riflessione.
Ogni martedì sera, a casa mia si cerca di meditare.
Intanto spero di aver dato qualche spunto di riflessione.

Ci medito anch’io.
Probabilmente il Post del martedì sarà sempre dedicato alla meditazione.
A presto!

2 pensieri su “No-autostop (grado 2 della meditazione)

  1. …il fluire del respiro continuo per giungere a l’equilibrio interiore (punto di equilibrio detto anche di morte), in quell’istante nulla si muove esteriormente percependo l’animico.
    Grata Francesco <3

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