Il dottor Gino. Psicanalisi ed altre meraviglie.

Jacques Lacan

Come utente del social-network devo dichiararmi attempato. Sia nel senso che la mia età anagrafica mi declina fuori dai “nativi digitali”, sia nel senso che lo frequento da diversi anni. Non ho goduto pertanto del beneficio, riservato agli utenti più giovani, di ritrovare i compagni di scuola, dispersi nel tempo.
Di tutti i compagni ho ritrovato però il mio compagno di banco al liceo.

Degli anni successivi, gli anni 70 invece, ho ritrovato diversi compagni di formazione psicanalitica.
A chi oggi mi faccia l’onore di chiedermi consiglio per intraprendere tale formazione, dopo una lunga pausa di riflessione, racconto che in quegli  anni a Milano si viveva in un certo fervore.
L’opera di Freud l’ho sillabata come un sussidiario ma tutto avveniva in forme oggi improponibili ma di cui forse potrebbe essere significativo ripescare qualcosa.

Ebbi la sorte di imbattermi in un collettivo che si intitolava suggestivamente Collettivo Semiotica e Psicanalisi in omaggio alle mode e alle tendenze del tempo, il riferimento era a Jacques Lacan, di cui in testata vi offro una immagine eloquente!

Era un gruppo eteroclito di individui e si raccoglieva ogni sabato pomeriggio nei sotterranei della libreria “Sapere” che da pochi anni ha smesso di esistere in piazza della Vetra a Milano, di fronte alla basilica di s. Lorenzo.
Collettivo "Semiotica e psicanalisi"Vi convenivano compagni del movimento desiderosi di acquisire strumenti di lavoro politico su se stessi. Sulla manutenzione della propria anima.  Alcuni parlavano anche di  auto-coscienza. C’erano anche psicologi attivi o in formazione e persone come me interessate alle implicazioni culturali della psicanalisi. Qualche giornalista, poeta e scrittore maturo o in erba.

Erano gli anni della scoperta del politico nel privato, delle femministe e dell’emergere di movimenti che portavano allo scoperto la condizione omosessuale.
C’era davvero un sacco di roba. E confusa così bene che il risultato, alla fine, sembrava appetitoso, promettente. Veniva voglia di assaggiarlo. Io provai a farlo…

Da quel collettivo ebbe anche la sorte di transitare un vecchio David Cooper, visibilmente malandato e condotto amorevolmente da una ragazza che aveva una età tale da apparire sua figlia.
Non fu un evento particolarmente significativo se non nel senso di avere potuto incontrare di persona un eroe fondatore dell’anti-psichiatria. Un personaggio che già apparteneva al mito. Lui e la sua “Morte della famiglia”.

David CooperHo reperito una foto dell’epoca, era proprio così! La ragazza di spalle poteva essere proprio lei….

L’unica cosa che ricordo distintamente in quegli anni era qualcosa che ovviamente mi riguarda da vicino: gli interventi che di tanto in tanto facevo sciorinando i rudimenti di un mio stile che però non era uniformato alla media dei presenti.
Già da allora assumevo con facilità la postura yogica a gambe incrociate e per anni ho frequentato seminari di psicanalisi assumendo quella postura a me così cara e confortevole. Ne ho già detto qualcosa qui.

Intervenivo esercitando la regola analitica della associazione libera, collaudata già in giovane età sul divano freudiano e ricordo che i miei interventi erano graditi da molti che, di tanto in tanto li sollecitavano.
Nei momenti di noia o stanchezza i miei interventi portavano un fremito di vitalità anche se il contenuto teorico doveva risultare  sicuramente modesto.
Riuscivo però quasi sempre a scatenare una risata che non sentivo affatto come una irrisione ma piuttosto come uno scarico di tensione. Ovviamente potrei sbagliarmi…

Chissà cosa diamine raccontavo per far tanto ridere persone così serie che però di ridere avevano evidentemente un bisogno inconfessato che evidentemente non trovava risposta nella frequentazione ostinata del divano psicanalitico.

Agli antipodi di questo mio personaggio c’era, tra gli altri, un mio coetaneo con cui simpatizzavo ma che appariva come una persona straordinariamente seria.
Fin nell’abito.
Mentre io ho sempre frequentato quei collettivi in jeans e camicia a quadri di kerouakiana memoria, lui sfoggiava sempre in un impeccabile doppio-petto.
Si vestiva meglio di mio padre che anche lui era un dottore! Che forse avrebbe preferito un figlio come quello, pensai.
Era laureato in medicina, credo, e  stava specializzandosi  in psichiatria. I suoi interventi puntavano ad un profilo teorico ben più elevato del mio. Così molti altri.
Eravamo sicuramente un gruppo bene assortito.
E mi vien da pensare che l’attività di un libero comitato di studio, animato dall’entusiasmo di chi abbia voglia e bisogno di imparare qualcosa, risulti ben più efficace di un insegnamento frontale.

Sebbene i miei studi non siano mai stati troppo sistematici resto con l’impressione di aver studiato le opere di Freud in modo tale che, per un verso abbiano trasformato il mio modo di pensare, per altro, io non abbia più avuto desiderio di riprenderle ulteriormente. È qualcosa che mi pare acquisito e che percepisco dimorare depositato sul fondo.
Per Lacan il discorso invece è un po’ diverso. Me ne sono imbevuto allora senza capirci molto. Ma il tempo lavora a suo favore e mi pare di capirlo oggi più di allora. Leggiucchiandolo o meno.

Nei mesi scorsi ho ritrovato il dott. Gino, grazie al social-net.
È il dottor Gino che mi ha invitato quel martedì sera per un happy-hour in corso Como. È per quello che ho preso quel taxi.  In Taxi

Vi racconterei anche il seguito ma… il tempo è trascorso.
Il tempo della seduta sul divano.
Gentilmente il dottore ci dà appuntamento per la prossima.
Allora vi racconterò dell’attuale re-incontro col dottor Gino.

Eh, dottor Gino, ai nostri tempi si faceva così e facevamo anche quattro sedute la settimana!
Improponibile oggi.
Il tempo non era cronologico. Ci si riferiva alla teoria lacaniana del tempo logico.
Secondo la quale una seduta poteva durare pochi istanti ma anche moltissimi.
Di fatto allora quelle sedute duravano semplicemente una manciata di istanti che poi finiva per corrispondere alla quindicina di minuti ma anche molto meno.
Il tempo di leggere un post!
La determinazione del tempo della seduta non veniva dall’orologio ma dal discorso, dalla sua scansione, dall’orecchio che l’analista avrebbe dovuto avere per percepirla!

Ma oggi, lo credo da anni, è lecito che ciascuno “percepisca” quel che crede.
Ecco perché la credenza influenza lo sguardo!
E la influenzava anche allora!

Mah, tutto sommato, ne siam venuti fuori bene!

2 pensieri su “Il dottor Gino. Psicanalisi ed altre meraviglie.

  1. Caro Francesco, Ti ringrazio per le splendide parole usate nella rievocazione di questo spezzone storico della nostra esperienza comune da giovani, quando credevamo di essere “immortali” ancora. Per inciso, l’accompagnatrice del famoso David COOPER credo che si chiamasse Marine ZECCA, molto vispa e esuberante rispetto alla tranquillità fisica del suo amico.
    La lettura del famoso “testo freudiano” avveniva attraverso la “griglia lacaniana” a sua volta “grigliata” dalla nostra “semiotica”. Un giro piuttosto contorto che, giustamente come fai notare Tu, oggi appare meno spinoso da intendere; certamente i cosiddetti “profani” non capiscono nulla della cosa nemmeno oggi. A proposito della “comprensibilità del testo pico-analitico”, una volta Jacques LACAN aveva vaticinato che col tempo sarebbe stato più facile capire lui, che appariva piuttosto incomprensibile ai tempi, che Sigmund FREUD, che invece – grazie alla “griglia di Cesare MUSATTI” – all’epoca appariva comprensibilissimo. Un tedesco che dovesse leggere direttamente il “testo freudiano” il lingua originale oggi non capirebbe ancora un bel fico secco! L’arte di guidare le masse! Un affettuoso e fraterno abbraccio, Tuo dottor Gino

    1. Caro dottor Gino
      innanzi tutto grazie per essere uscito allo scoperto ed essere stato al mio gioco!
      Il mio blog, come hai intuito è un solo grande “gioco linguistico” che si iscrive nella categoria dei giochi inaugurati dal mio filosofo prediletto: Ludwig Wittgenstein!
      Il tuo riferimento alla nota profezia del nostro dott. Jaques (Lacan) è quanto mai pertinente e grazie di averlo rimesso in gioco.
      In effetti Lacan oggi è davvero più chiaro ed esplicito rispetto all zio Sigmund (Freud).
      Forse in un senso diverso da come ci saremmo immaginati.
      A quei tempi Lacan era “difficile” nel senso del suo stile criptico e alla sua straordinaria apertura a una dimensione futuribile.
      Oggi Freud è difficile non nello stesso senso di Lacan.
      E’ difficile intenderne la portata scartando la possibile banalizzazione che rischi appunto di valutarlo inservibile.
      Il tempo ha lavorato nel senso di Lacan e il suo dettato appare meno criptico perché tutto quel che ci circonda è diventato assai più criptico.
      Diventano allora più ovvie le sue indicazioni trasversali rispetto a come rapportarsi a Freud.
      Al posto di Musatti che legge Freud è subentrato però Recalcati che legge Lacan ed anche qui c’è un nuovo rischio di banalizzazione.
      Non ci resta che continuare a riferirci ai nostri amati maestri criptici che ci piace mantenere tali. Freud, Wittgenstein e Lacan!
      E tributare loro l’onore che si sono guadagnati sul campo!
      Ora torno a proseguire il racconto.
      Grazie di cuore della tua preziosa attenzione! A presto!

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