Scrivevo nell’ultima paginetta
[quote align=”center” color=”#999999″]“Ma in questi giorni in cui sto facendo questo bilancio, in queste ore in cui il ritiro domestico è stato così accanito, l’altra sera mi sono imposto di uscire.”[/quote] La prossima volta vi racconterò cosa andassi a fare, come e perché.Per ora accontentatevi del tragitto in taxi.
Ci sono tappe intermedie che sembrano interi viaggi se li sappiamo guardare e ascoltare.
Malgrado abbia finalmente, di nuovo, una buona automobile, o forse proprio per questo, la tengo ricoverata in garage.
Non che la cosa non mi dia da pensare. È che era troppo tardi per pensare. Così ho chiamato un taxi.
Non ho detto che c’era un invalido in carrozzina.
Per esperienza so che si complica la ricerca.
La mia carrozzina è leggera e ben stipabile.
Magari con qualche difficoltà.
Ma solo l’ortopedico che me l’ha venduta è convinto che la sua manutenzione sia assolutamente agevole ed intuitiva per chiunque…
Ed io che odio spiegare a voce…. È come compilare a voce un manuale di istruzioni. Preferisco scrivere altro!
Con mia assistenza e consiglio, però, di solito ce la si fa a sistemarla in tutte le auto.
È arrivata una signora. Una amazzone di taxista che cavalcava una Ford station wagon.
Ha cominciato a imprecare: il centralino doveva dirglielo che c’era la carrozzina perché non tutte le auto hanno il baule che ci vuole.
Ma lei ce l’aveva ed io al centralino non l’avevo detto.
Al primo semaforo dietro casa condivide con me un messaggio apparso sulla video-chat dei tassisti in cui si chiede se qualcuno abbia visto niente di una auto dal cui finestrino era stato lanciato (o comunque scaricato) un cane in zona Linate-aereoporto.
Tirato dritto, io devo aver fatto una telefonata e ho lasciato cadere la cosa. In prossimità di Cadorna veniamo sorpassati da una ambulanza che strillava l’urgenza.
Dan fastidio anche a me e da molti anni ho tra il cassetto e la mente un racconto che titola “L’uomo che sparava alle ambulanze”. Ma potrebbe essere anche meglio “L’uomo che odiava la sirena”, oppure “Uomini che detestano le sirene”…
Tuttavia ho frequentato abbastanza ambulanze, pronti soccorsi ed ospedali in questi anni da essermi fatto l’idea che ciò che accade in una ambulanza non è facile da decifrare.
Effettivamente questa ambulanza ce la siamo trovata tra i piedi un paio di volte. Chissà che giro facesse e perché.
L’amazzone invece non aveva dubbi.
[quote align=”center” color=”#999999″]Quello non sapeva la strada.
Ed è cosa davvero incredibile come gli autisti d’ambulanza non sappiano le strade.[/quote]
Provo ad obbiettare che forse un navigatore l’avranno anche loro.
No, il problema era un altro. E la signora, comprensibilmente, non vedeva l’ora di potermelo raccontare.
Era il suo cruccio e questo si capirà.
Suo padre aveva avuto un ictus ed era stato trasportato in ambulanza d’urgenza a Niguarda.
La mamma è salita sull’ambulanza, lei era andata con il suo taxi.
Bene, lei è arrivata 20 minuti prima e questo è inconcepibile.
Nel fervore emotivo più che comprensibile di questo racconto, ho avuto l’impressione però che anche l’amazzone stesse facendo un giro strano.
Conosco bene le strade del centro e, come invalido, accedo anche alle aree dei taxi!
Non gliel’ho fatto notare. Ho creduto di esercitare la mia compassione.
Sono convinto della sua buona fede. Il suo risentimento era legittimo. E non ho pensato volesse allungare furbescamente la corsa.
Ne ho solo concluso che un po’ tutti, non solo i taxi e le ambulanze, per andare nello stesso posto, facciamo giri strani.
Sono determinati da sintesi delle esperienze passate.
Ancora oggi, insegnante in pensione, non riesco ad andare alla scuola di via Clericetti senza passare da via Beato Angelico, dove ebbi la prima casa con la mia prima moglie.
Sembra che questo sia l’unico modo per accedere a qualcosa di quel che chiamiamo “la conoscenza del bene e del male”. L’eventualità di pensare.
Ci siamo precipitati dentro con quel famoso peccato. Siamo condannati a questo.
Siamo in questo giro di valzer: ricordare, ripetere, rielaborare.
Così solfeggiava lo zio Sigmund, il fondatore della psicanalisi. (*)
Prima di lasciarci, l’amazzone appassionata e nervosa, mi ha aiutato a scaricare la carrozzina. Per quanto leggera ha fatto un po’ di fatica. C’era in lei più forza nervosa che forza fisica.
Io l’ho salutata ripetendole che davvero ero stato io tacere al centralino la presenza di invalido in carrozzina.
E perché mai? mi ha chiesto sicuramente stupita.
Signora, le assicuro che è così!
Anni fa ho visto coi miei occhi un taxi ripartire vuoto con una accelerata davanti ad una persona in carrozzina. L’amazzone non ci poteva credere!
Mi creda, signora….!
Forse non era una vera amazzone come mi era sembrata.
Così nei taxi, come nelle ambulanze e nei cuori a volte non è facile scrutare.
Proprio perché sono un analista, preferisco non farlo.
Almeno che non mi paghino.
Allora lo faccio ma per scherzo!
E di solito stanno al gioco.