Questioni di coppia

Questioni di coppia

Forse bisognerebbe fare anche una riflessione sul perché sia così difficile oggi stare insieme ad un’altra persona. E’ vero che siamo nel momento dell’individualismo e quindi stiamo trovando la nostra individualità, ma penso che prima di stare bene in un gruppo, dovremmo stare bene nell’io/tu, in una relazione a due, il che é molto più difficile.

Allergie

Fiori

Strana cosa scoprirsi allergici a 60 anni. Che stupenda allegoria che con gli anni si possa diventare allergici! Ma allergici a cosa?
Diventiamo allergici alla vita che fiorisce in primavera. Forse non per tutta la vita si può fiorire.
Il ciclo vitale parte dal seme, procede nella fioritura e nella fruttificazione, del consolidamento del tronco finché di nuovo il frutto riconsegna il seme alla terra.
Tutto questo, dal punto di vista del Sole avviene in un anno.
Dal punto di vista della biografia umana può scandire il giro di una vita.
Sento allora quanto sia importante, nella terza età consegnare i semi alla terra.
Lasciare andare. Rinunciare serenamente a fiorire.

Precipitato nella lingua madre

Inglese, scuola ed esami

Inglese, scuola ed esami. Parlare di corda in casa dell’impiccato. Esercitano comunque una grande attrazione se un paio d’anni fa decido di iscrivermi ad una ottima scuola. Wall Street Institut. Meglio sputare subito il rospo. All’esame son stato bocciato. Ultima tranche del III livello. Bocciato. Lo riscrivo per convincermene. E loro son bravi. Son solo io che non funziono. Ne ho collezionate diverse di bocciature. Ora però non ero più abituato. Ora mi promuovono sempre. Per questo è preziosa questa esperienza. Ora mi promuovono a prima vista. Mi chiamano anche “prof.”. Ogni volta preciso che non son laureato. Niente da fare. Mi devo arrendere. Per la verità non son stato proprio bocciato. Mi son bocciato da solo. Mi son ritirato entro un paio di minuti perché sentivo che non ero in grado di affrontare la prova. Mi sono bloccato. Non mi era mai successo. Si può fallire in tanti modi, ma forse non avevo mai fallito un esame. Bocciato per mancanza d’impegno durante l’anno. Quello sì. Tante volte. Fannullone. Flaneur (oggi mi appare figura sublime). Negli esami davo sempre il meglio di me. Grande affabulatore. Furbetto. Ma solo all’esame. Mai nella vita. E solo per salvarsi la vita! Nei pochi esami universitari che ho affrontato avevo messo a punto una strategia collaudata. Interrogare e non farsi interrogare. I docenti spesso apprezzavano. E poi, se non sono bastardi, si annoiano anche loro di far sempre le stesse domande. Le mie domande apparivano le curiosità di uno studente che avesse approfondito. Invece niente. Non avevo nemmeno aperto il libro. Funzionava! Ma l’altra settimana le cose mi si son presentate in tutt’altro modo. I libri li avevo aperti. Eccome! Forse è questo che porta male! Fatti tutti i tests e gli esercizi on-line e a matita sul libro. Niente da fare. Mi sono […]

La biografia come corpo temporale dell’uomo nell’opera di R. Steiner

La biografia come corpo temporale dell’uomo nell’opera di R. Steiner

Cari amici, giovedì prossimo, 31 marzo dalle 10 alle 12.30 terrò un seminario teorico dal titolo: “La biografia come corpo temporale dell’uomo nell’opera di R.Steiner”. Sebbene svolto per incarico del prof. Romano Madera, docente di filosofia morale presso la Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Statale di Milano-Bicocca, sarà aperto al pubblico. Avverrà nella aula polivalente dell’edificio U6, 4°piano, in piazza dell’Ateneo Nuovo a Milano. Offro infine un breve schizzo tematico dei temi che intendo affrontare. – Possiamo pensare all’essere umano come ad un microcosmo? -Possiamo anche pensare che l’essere umano non abbia solo un corpo spaziale ma anche un corpo temporale? – La biografia costituisce l’immagine del corpo temporale dell’essere umano. – Facendo riferimento a quella stessa antropologia che sottende la pedagogia steineriana possiamo pensare che le età della vita costituiscano gli organi di questo corpo temporale. -Tali organi saranno individuati ricostruendo la biografia secondo il ritmo dei settenni.

Un discreto monumento alla mia modesta persona.

Un discreto monumento alla mia modesta persona. Così mi appare questo sito nel momento dell’inaugurazione. Francamente non me l’aspettavo. Se ancora non è arrivato, sicuramente sta arrivando. Forse lo avrei pensato prima. Quando non sapevo di non essere in grado di sostenerlo. Un monumento, se pur discreto, ha il suo peso. Sicuramente, acquisita questa consapevolezza, lo avrei immaginato dopo. Siamo alle solite. Ah, Vertiginedeltempo! #Sappiatelo: per me è una interiezione frequente. Almeno quotidiana. Se accade ora non è solo per qualcosa che io abbia deciso o determinato. Arriva adesso perché altri, nei modi più diversi, lo hanno determinato. Fosse stato per me…. Alla fine è davvero bello arrendersi a questa evidenza. Siamo fatti d’altro. Siamo altro da ciò che pensiamo. Siamo determinati dall’incontro con l’altro. L’ immagine di noi stessi più fedele di cui possiamo disporre è sicuramente quella che attingiamo chinandoci sullo sguardo dell’altro. Lo specchio di Narciso è l’occhio dell’altro. Non il nostro occhio che mai potrà percepirci. Gli organi di senso son tutti rivolti all’esterno. Ma tornando al monumentino in cui mi trovo eretto, tornando a lui, tornando a quel legno (spero non a quel marmo) la prima cosa che mi vien da pensare è quel verso di Dante, poeta che pur non frequento…. Io non so ben ridir com’io v’entrai tanto ero pieno di sonno a quel punto Ma quel punto lo ricordo comunque. Sfuma tutto il resto. Sfuma nelle nebbie del sogno il percorso da quel punto in poi. E i punti importanti sono sempre punti apparentemente accidentali. Era la metà degli anni 90 e per caso mi trovavo in riva al mare a Cesenatico. Erano i primi di settembre, accompagnavo la mia prima moglie ad un convegno di insegnanti cui non partecipavo. Riflettendo, in uno di quei posti davanti al mare, pensai con determinazione […]

Dell’amore, le ferite. (Te’ filosofico, 13 febbraio 2011)

Si conclude domenica 13 febbraio la riflessione sulle relazioni di coppia, ultimo dei temi di questa prima fase dei Te’ Filosofici presso la Sala da The Maison du Mekong in Cargo Milano. Si tratta di un tema che io stesso ho tenuto ad inserire nella programmazione. Già da qualche anno provo a tirare conclusioni sulla mia esperienza professionale e, se mi chiedo quali nodi provochino maggior sofferenza nelle persone che vivono nella nostra epoca, non avrei dubbio ad indicarne due. L’instabilità della coppia e l’educazione dei figli adolescenti. I due problemi mi appaiono correlati. L’instabilità della coppia ha sicuramente a che vedere col fatto che non sempre l’adulto di oggi raggiunge quel livello di compiutezza psicologica che il sistema educativo pone come obbiettivo all’educazione dei giovani. Verrebbe da pensare ad un’adolescenzialità di ritorno che investa e renda instabili le coppie nel decennio tra i trentacinque e i quarantacinque anni. Nel bel mezzo della presunta “maturità”. Abbiamo però avuto modo di affrontare solo il primo di questi nodi e pertanto lascio questa riflessione in forma di spunto. E’ opinione diffusa che l’instabilità della coppia costituisca implicitamente una sorta di perdita di valore, di frana nella credibilità dell’istituzione del matrimonio. In qualche caso addirittura della coppia. Per illuminare questa riflessione, ho proposto di rivedere le tappe fondamentali della storia dell’istituzione matrimoniale nella nostra civiltà. Dal diritto romano alla nascita dell’amor cortese, al presagio del disordine amoroso intuito da Goethe ne “Le affinità elettive”. Esercizio che non penso certo in direzione intellettualistica. Ognuno di noi vive concretamente entro qualche cardine di queste istituzioni, di queste affermazioni di valore. Il diritto romano istituisce un modello matrimoniale che in parte ci fa orrore, in parte perdura indisturbato. Lo strapotere del pater familias investiva tanto la conduzione familiare quanto i diritti delle mogli e dei figli. […]

Quando la signora Pazienza impastava la pizza.

Impastare la pizza

La signora Pazienza inpastava la pizza. In via Savona 10 a Milano. Poteva essere il 1955. Siete liberi di controllare. Il multietnico a Milano ha lontane radici. La prima etnia a comporre il multietnico é stata quella dei terroni. Mio padre lo era. Emigrato a trent’anni. Una fidanzata a Milano. La volta che la signorina, mia mamma, si era ammalata. Ventenne, finalmente era andata al paese dei genitori. Emigrati una generazione prima in Alzaia Naviglio Grande. Vicino al mitico vicolo delle lavandaie. Quelle me le ricordo davvero, in riva al naviglio. E dire che mia madre si vergognava di dire che era nata lì. Vertigine del tempo! (per me suona come una imprecazione!) Doveva starci qualche giorno, invece si è ammalata ed è rimasta qualche mese. Il medico condotto, don Ciccio Pazienza, Francesco come me, aveva un figlio studente in medicina. Lo accompagnava nelle visite. Il resto é facile indovinarlo! Dopo un fidanzamento, in mezzo una guerra mondiale, é arrivato a Milano. La valigia di cartone conteneva una laurea in medicina. Conseguita a Roma. Città lasciata con gran rimpianto. Papà non ha mai nascosto che Roma sarebbe stato meglio. Allora io e mia madre ci guardavamo. La nostra esistenza cancellata con un colpo di spugna. Strana sensibilità i terroni. Comunque lui é arrivato qui. E mia madre ha imparato ad impastare la pizza. Ma non la impastava tutti i giorni, solo quando invitavano a cena il dottor Soregaroli. Magico nome. In grado di ribaltare la casa al suo pronunciamento. Non oso digitarlo su Google. Lo mantengo così….Un Mantram. La chiave che spalancava le porte del salotto buono e della sala da pranzo. Per i primi dieci anni io non ho avuto una stanza personale. Ma c’era il salotto buono e la sala da pranzo. Si apriva raramente ma c’era. In quei casi mia madre, sulla tavola […]

Un italiano alla scuola di Palo Alto. Tè filosofico del 5 dicembre 2010

Il te’ filosofico di domenica 5 dicembre ha un paio di valenze particolarmente significative. Per prima cosa è l’incontro con un personaggio che riteniamo particolarmente interessante. Personalmente lo considero un ospite d’onore. In seconda istanza segna l’inizio di un nuovo tratto del nostro cammino, che darà la direzione al lavoro dei prossimi mesi: ci occuperemo delle relazioni personali, di coppia e della questione dell’educazione dei figli.  Per quanto riguarda il nostro ospite d’onore, Giorgio Nardone, anche qui indicherei due motivi che mi colpiscono particolarmente nella sua opera e nella sua biografia. Per prima cosa è un italiano che ha preso parte ad una delle avventure più avvincenti delle scienze umane: la scuola di Palo Alto, nata intorno alla mitica figura di Gregory Bateson (“Verso una ecologia della mente”). Il valore della scuola di Palo Alto non risiede soltanto nella sua innovativa ricerca scientifica e antropologica, ma anche nell’aver promosso la cultura della comunicazione relazionale non esclusivamente in chiave di marketing. Credo ci sia un grande bisogno di riflessione sulla relazione tra le attività di impresa economica e quelle di ricerca culturale. Gli esempi illuminanti sono davvero pochi. Io ne ho in mente due: l’IBM che con la Scuola di Palo Alto ha lasciato una traccia indelebile e, questa volta possiamo come italiani esserne orgogliosi, la Olivetti di Adriano Olivetti. Nei prossimi mesi abbiamo in progetto di invitare Geminello Alvi a parlarci proprio di questo. Nella Scuola di Palo Alto Giorgio Nardone ha avuto una parte importante firmando a quattro mani con Paul Watzlavick il libro fondamentale “L’arte del cambiamento” Questo libro è il manifesto di una esperienza particolarmente significativa: la sperimentazione della psicoterapia breve che ha felicemente avuto, in seguito, una grande risonanza. In quegli anni una psicoterapia di un settennio con diverse sedute settimanali era considerata normale. Malgrado Freud, […]

Travelogue: tè filosofico del 28 novembre 2010

Si conclude domani, neve permettendo, la riflessione sui viaggi. Non la settimana scorsa come erroneamente avevo annunciato. Quattro parole. Due per darvi un’eco di domenica scorsa. Due per annunciarvi l’incontro di domani. La settimana scorsa ho ripreso la frase conclusiva della settimana precedente. Una frase di Herringel (lo zen e il tiro con l’arco). “L’essenziale accade quando non si pensa”. Ho chiesto a tutti e chiedo anche a voi: ma se questo è vero perché la filosofia, perché i convegni, aperitivi, caffè e te’ filosofici? Perché studiare o cercare di conferire disciplina al pensiero? Per offrire a tutti la possibilità di eseguire questo esercizio non vi racconterò né ciò che io ne penso né cosa si sia detto domenica. Certo il discorso è scivolato sull’esercizio della filosofia piuttosto che sullo studio. Quindi ciò che ho proposto è un esercizio. Come tale può essere svolto coi commenti sul blog. Molti mi chiedevano la possibilità di partecipare a distanza! Eccola! Ho proposto analogamente un altro esercizio. Un esercizio di fenomenologia filosofica, ma pratica. Che cosa accade quando mi addormento e quando mi sveglio? Perché questo è davvero importante per noi oggi. Quanto siamo svegli? Quanto, dormiamo? Quanto sogniamo? Quanto riusciamo ad essere davvero presenti al presente? La posta in gioco dell’attività filosofica per me è questa. Non so per voi?! Questo esercizio investe non solo psicologia e filosofia, ma anche tecniche sapienziali e religiose. Da sempre è un esercizio propedeutico allo sviluppo dell’indagine per lo sviluppo interiore. Anche per questo possiamo provare a porci domande, riflettere in privato o commentare pubblicamente o privatamente qualcosa. Da qualche ora mi sono ripromesso di rispondere sempre e più presto possibile. Proseguendo lo sforzo di riflettere con tutto il corpo lo spunto questa settimana di verrà da un mio amico che ho ritrovato qui, ai te’ […]

Il bacio dei ragazzi scappati di casa (tè filosofico del 21 novembre)

Il bacio dei ragazzi scappati di casa

Domenica concludiamo con una libera conversazione guidata il primo tratto del nostro cammino. Quello che dall’equinozio d’autunno ci sta portando verso il solstizio d’inverno. Seguirà poi l’incontro con il prof. Nardone che dovrebbe introdurci al nuovo tema delle relazioni interpersonali che si articolerà chissà come nel nostro cammino! Cercavo di indicare la settimana scorsa il cammino che si è dipanato in modo inaspettatamente consequenziale. Forse semplicemente perchè abbiamo camminato. Camminando da qualche parte si arriva e il senso si tesse nel racconto. Camminando si arriva sempre a casa, suggeriva il finale del video proposto. Domenica scorsa, tra le tante cose suggestive che Italo Bertolaso ci ha proposto ne ricordo una. L’immagine secondo cui il camminare è una forma del disimparare. Il camminare purifica la conoscenza. La porta giù dalla testa ai piedi. Una delle prime riflessioni sui nostri incontri parlava del sostenere contemporaneamente due punti di vista contrapposti. Questo ne è un altro bell’esempio. Per un verso il camminare, nell’esercizio peripatetico, è una vecchia conoscenza degli albori del cammino filosofico. Passeggiare conversando, dialogando, per studiare, per imparare. Per altro verso il camminare per dimenticare. Per disimparare. È Platone stesso che nel Simposio, sistema le cose, indicando che lo studio prenda le mosse dal disimparare quanto si è appreso in un primo tempo. La vera conoscenza è invece quello che ciascuno cerca di fare riemergere dalla dimenticanza delle cose apprese. Italo indicava anche è nel viaggio che emerge chi veramente si è. E lo ricollegava all’eterno mito della fuga da casa dei ragazzini. Ci ha raccontato che la fuga da casa nel ragazzino in altre culture è stata riconosciuta come una vera e propria vocazione sciamanica. Mi si è affacciato alla memoria allora un verso del mio caro amico poeta Carmelo Pistillo. Gli rubo il verso per il titolo e dopo […]