Dell’amore, le ferite. (Te’ filosofico, 13 febbraio 2011)

Si conclude domenica 13 febbraio la riflessione sulle relazioni di coppia, ultimo dei temi di questa prima fase dei Te’ Filosofici presso la Sala da The Maison du Mekong in Cargo Milano.
Si tratta di un tema che io stesso ho tenuto ad inserire nella programmazione.
Già da qualche anno provo a tirare conclusioni sulla mia esperienza professionale e, se mi chiedo quali nodi provochino maggior sofferenza nelle persone che vivono nella nostra epoca, non avrei dubbio ad indicarne due.
L’instabilità della coppia e l’educazione dei figli adolescenti.

I due problemi mi appaiono correlati. L’instabilità della coppia ha sicuramente a che vedere col fatto che non sempre l’adulto di oggi raggiunge quel livello di compiutezza psicologica che il sistema educativo pone come obbiettivo all’educazione dei giovani.
Verrebbe da pensare ad un’adolescenzialità di ritorno che investa e renda instabili le coppie nel decennio tra i trentacinque e i quarantacinque anni. Nel bel mezzo della presunta “maturità”.
Abbiamo però avuto modo di affrontare solo il primo di questi nodi e pertanto lascio questa riflessione in forma di spunto.

E’ opinione diffusa che l’instabilità della coppia costituisca implicitamente una sorta di perdita di valore, di frana nella credibilità dell’istituzione del matrimonio. In qualche caso addirittura della coppia.
Per illuminare questa riflessione, ho proposto di rivedere le tappe fondamentali della storia dell’istituzione matrimoniale nella nostra civiltà. Dal diritto romano alla nascita dell’amor cortese, al presagio del disordine amoroso intuito da Goethe ne “Le affinità elettive”.
Esercizio che non penso certo in direzione intellettualistica.

Ognuno di noi vive concretamente entro qualche cardine di queste istituzioni, di queste affermazioni di valore.
Il diritto romano istituisce un modello matrimoniale che in parte ci fa orrore, in parte perdura indisturbato.
Lo strapotere del pater familias investiva tanto la conduzione familiare quanto i diritti delle mogli e dei figli.
Addirittura la possibilità di rifiutare legittimità a figli nati in grembo a legittime consorti piuttosto che concubine. Figure legittimamente riconosciute.
Per altro verso la salvaguardia di un valore patrimoniale alla famiglia perdura indisturbata ai nostri giorni.

Se davvero l’Europa fosse fondata su un ideale cristiano non risulterebbe così scontato il principio di ereditarietà del patrimonio.
Principio ben più ebraico che cristiano.
La nascita dell’ideale dell’amor cortese sviluppa invece un’idea della coppia fondata sulla ricerca di sé e sulla complementarietà psicologica dei coniugi. Ideale nato come eresia (Catari, trovatori e dintorni) e poi integrata nell’ideale del matrimonio cristiano e cattolico.

Ne “Le affinità elettive” di Goethe si affaccia di contro l’intuizione del disordine amoroso provocato dall’attrazione non dei complementari ma dei simili.
Mi rendo conto di quanto astratte e lontane dalla realtà possano apparire queste riflessioni.
A me sono comunque indispensabili per dare un senso al mio vivere questa epoca. Ad esercitare il mio lavoro di psicanalista.
Spero di avere qualche anno ancora per spiegarle meglio.
Mi rendo conto che sono questioni poste “dall’alto”.
Sicuramente il mio sguardo è maschile. Uranico, celeste.
Tuttavia la parte femminile di me, una parte che cerco quotidianamente di esercitare, mi dice qualcosa d’altro. E già lo accennavo in esordio.
Mi dice che la cosa che può dare il senso più prezioso all’esistenza, può in ugual modo ferire.
Qualcuno, nelle nostre riflessioni delle settimane scorse, lo ha richiamato con forza.

Ci sembra pertanto pieno di significato, siamo intimamente contenti di concludere provvisoriamente il nostro lavoro con la voce di una donna che del medicare le ferite d’amore ha fatto la sua vocazione professionale.
Lo sa fare con eleganza, con leggerezza, intelligenza.
Irene Bernardini sarà con noi per presentare il suo libro “Elogio di una donna normale”. Di lei vorrei dire un’unica cosa.

L’ho incontrata personalmente da poco, ma da sempre conosco l’istituzione di cui è stata fondatrice e responsabile. Il Centro GEA (GEnitori Ancora): una istituzione che opera a Milano dove possono recarsi tutte le coppie che intendano continuare a svolgere umanamente e dignitosamente la funzione di genitori dopo una separazione coniugale. Ho sempre sentito testimonianze più che positive dalle persone che ho indirizzato.

Che altro dire? Altri la conoscono come redattrice di una rubrica non certo banale sulla rivista “Vanity Fair”.

Medicare le ferite d’amore, medicarle per amore dei figli, gli altri oggetti d’amore che da sempre l’umanità riconosce…
Verrebbe da pensare che tutto il resto sia secondario in materia d’amore.
Penso che molto spesso lo stesso lavoro che una coppia deve fare per separarsi dignitosamente sia lo stesso lavoro che può fare per medicare le sue ferite e ricominciare a vivere una vita degna di questo nome.

Vi attendiamo con piacere a Cargo domenica mattina alle 11.
Questa volta presso la Libreria del Viaggiatore.

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