Labirinti all’ IKEA
Se il centro commerciale è una agorà, l’IKEA è il labirinto di Teseo. Il labirinto del desiderio che, guidato dal filo della sapiente Arianna ci conduce fino alle casse.
Se il centro commerciale è una agorà, l’IKEA è il labirinto di Teseo. Il labirinto del desiderio che, guidato dal filo della sapiente Arianna ci conduce fino alle casse.
Concludendo il mio anno mi trovo a scoprire che è stato un anno di un mio ritiro dal mondo.
(Non esco quasi più di casa)
Ora che il buon Dio è morto, della manutenzione dei muri del Mondo dobbiamo occuparcene noi. Come della conservazione del Castello.
A volte, oltre a cambiar tavolo, il gioco fa saltare il banco. Spesso, i giochi cambiano tavolo. Si inventano nuove regole. Ci troviamo a giocare prima di averle scoperte.
La Compassione non è nulla di patetico. È invece uno stato d’animo abbastanza delicato e difficile da distillare.
Ad ogni risveglio il mondo è da reinventare da capo. Se hai dormito discretamente, nel ricostruirlo lo migliori sempre un po’.
Alchemicamente cerco il cuore di tenebra nella luce e il lampo di splendore nascosto nella più fitta oscurità.
Vertigine dei desideri! Il Mondo chiama lo sguardo. Le cose chiedono, a volte implorano di essere guardate. Anche le cose han bisogno del nostro amore.
Curioso come evocare e ri-evocare la nostra biografia in momenti differenti della nostra esistenza dia luogo a racconti vistosamente differenti.
La concentrazione è un esercizio importante, ma non è l’essenziale della meditazione. Ciò che conta è arrivare al cuore del nostro bambino interiore!
Salpava tranquillo
Da un sonno di noce
Cercare o farsi un caffé oggi è diventato un gesto relativamente banale, ma il caffé con la sua bottega attraversa la storia d’Europa da Giordano Bruno che lo beveva col miele (secondo Drewermann) a Goldoni fino ai fasti della prosa di George Steiner. La bottega del caffé è il midollo sociale e culturale europeo.
Un discreto monumento alla mia modesta persona. Così mi appare questo sito nel momento dell’inaugurazione. Francamente non me l’aspettavo. Se ancora non è arrivato, sicuramente sta arrivando. Forse lo avrei pensato prima. Quando non sapevo di non essere in grado di sostenerlo. Un monumento, se pur discreto, ha il suo peso. Sicuramente, acquisita questa consapevolezza, lo avrei immaginato dopo. Siamo alle solite. Ah, Vertiginedeltempo! #Sappiatelo: per me è una interiezione frequente. Almeno quotidiana. Se accade ora non è solo per qualcosa che io abbia deciso o determinato. Arriva adesso perché altri, nei modi più diversi, lo hanno determinato. Fosse stato per me…. Alla fine è davvero bello arrendersi a questa evidenza. Siamo fatti d’altro. Siamo altro da ciò che pensiamo. Siamo determinati dall’incontro con l’altro. L’ immagine di noi stessi più fedele di cui possiamo disporre è sicuramente quella che attingiamo chinandoci sullo sguardo dell’altro. Lo specchio di Narciso è l’occhio dell’altro. Non il nostro occhio che mai potrà percepirci. Gli organi di senso son tutti rivolti all’esterno. Ma tornando al monumentino in cui mi trovo eretto, tornando a lui, tornando a quel legno (spero non a quel marmo) la prima cosa che mi vien da pensare è quel verso di Dante, poeta che pur non frequento…. Io non so ben ridir com’io v’entrai tanto ero pieno di sonno a quel punto Ma quel punto lo ricordo comunque. Sfuma tutto il resto. Sfuma nelle nebbie del sogno il percorso da quel punto in poi. E i punti importanti sono sempre punti apparentemente accidentali. Era la metà degli anni 90 e per caso mi trovavo in riva al mare a Cesenatico. Erano i primi di settembre, accompagnavo la mia prima moglie ad un convegno di insegnanti cui non partecipavo. Riflettendo, in uno di quei posti davanti al mare, pensai con determinazione […]
Con queste poche parole vorrei invitarvi al te’ filosofico di domenica prossima. Da due settimane ci manco. Una prima volta per turno di riposo, la seconda per malattia. Di questa mi dispiace particolarmente. Domenica scorsa è partito il secondo segmento del nostro percorso di navigazione. Quello che ci porta a chiederci cosa significhi abitare. Abitare un casa, una città, un pianeta. Per un verso ciascuno viene qui a Cargo per perfezionare il proprio abitare, la propria abitazione, per altro verso la domanda “che cosa significhi abitare” potrebbe trovarci imreparati. Forse non abbiamo nemmeno intenzione di porcele. Non è che se non ce lo chiediamo non continuiamo a “costruire la nostra casa” interiormente o esteriormente. Ciò che è umano ha questa ambiguità fondamentale. Possiamo fare un passo filosofico è chiederci perché, cos’è, come? Possiamo continuare senza chiedercelo. L’intuizione di cosa ci serve per “sentirci a casa” lavora silenziosamente in noi. Depositata sul fondo. Inconsciamente, se siamo in vena di psicologismi. Altrimenti va bene lo stesso. Lavora di notte come i nanetti calzolai al desco del calzolaio addormentato. Non so se ci sarò domenica. Lo vorrei molto. Altrimenti sarò il calzolaio addormentato. E la parte dei nanetti calzolai la faranno le amiche fidate. Le colleghe BBB e VV. Barbara Beonio Brocchieri e Viviana Paramithiotti. BB ha compilato con diligenza un sommario e lo ha pubblicato sul suo blog. Per parte mia, se ci sarò, come spero, interrogherò! Eh, eh…. la grande arma degli insegnanti! Scherzo! Vorrei invece concludere con una riflessione che mi sta a cuore. Se, come mi auguro, sarò presente domenica, vorrei chiedere ai partecipanti di raccontarmi che cosa ricordino dei due precedenti incontri precedenti. Prova cruciale per tutti. Esperimento che ci mette a nudo e che verifica il senso del nostro cammino. Anni fa, quando insegnavo storia delle religioni al […]
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