Così offriremo i nostri occhi al mondo (parte prima)
Terra dei Celti
Al confine tra i popoli del Nord ed il Sud
Tra il Nuovo ed il vecchio mondo
Tra la terra ed il mare
Tra il mondo visibile e il mondo invisibile
Alan Stivell, “Delivrance”
La biografia umana è scandita da una successione di eventi, incontri, accadimenti. Possiamo pensare alla intera biografia come a qualcosa di organico?
Terra dei Celti
Al confine tra i popoli del Nord ed il Sud
Tra il Nuovo ed il vecchio mondo
Tra la terra ed il mare
Tra il mondo visibile e il mondo invisibile
Alan Stivell, “Delivrance”
La Terra è un organismo, un essere vivente. Se è vivente la Terra respira. Ha un ciclo respiratorio fatto di inspirazione ed espirazione. Un ciclo però dalla durata ben diversa delle poche manciate di secondi impiegati dal ritmo respiratorio umano.
Cerchiamo nell’altro della coppia qualcosa che ci manca e qualcosa che ci completi. Cerchiamo l’altra metà dell’Androgino di cui parla Platone. L’altra metà del cielo.
Forse bisognerebbe fare anche una riflessione sul perché sia così difficile oggi stare insieme ad un’altra persona. E’ vero che siamo nel momento dell’individualismo e quindi stiamo trovando la nostra individualità, ma penso che prima di stare bene in un gruppo, dovremmo stare bene nell’io/tu, in una relazione a due, il che é molto più difficile.
Scoperta della primavera: da sopra quei rami, fin dentro le nostre finestre, qualcosa ci guarda.
Lo sguardo delle foglie. Fiori come pupille.
L’amore è antico come il mondo? Oppure il nostro modo di concepire il fenomeno dell’amore ha un cornice definita? Ha avuto un inizio, potrebbe avere una fine?
Salpava tranquillo
Da un sonno di noce
Cercare o farsi un caffé oggi è diventato un gesto relativamente banale, ma il caffé con la sua bottega attraversa la storia d’Europa da Giordano Bruno che lo beveva col miele (secondo Drewermann) a Goldoni fino ai fasti della prosa di George Steiner. La bottega del caffé è il midollo sociale e culturale europeo.
Strana cosa scoprirsi allergici a 60 anni. Che stupenda allegoria che con gli anni si possa diventare allergici! Ma allergici a cosa?
Diventiamo allergici alla vita che fiorisce in primavera. Forse non per tutta la vita si può fiorire.
Il ciclo vitale parte dal seme, procede nella fioritura e nella fruttificazione, del consolidamento del tronco finché di nuovo il frutto riconsegna il seme alla terra.
Tutto questo, dal punto di vista del Sole avviene in un anno.
Dal punto di vista della biografia umana può scandire il giro di una vita.
Sento allora quanto sia importante, nella terza età consegnare i semi alla terra.
Lasciare andare. Rinunciare serenamente a fiorire.
Per un verso viviamo ancora il Lavoro come una punizione, per altro cominciamo a capire, anche se non siamo imprenditori entusiasti, che il lavoro è una preziosa occasione di realizzazione. Il Lavoro è un Gioco. Espressione del proprio talento individuale.
Per niente al mondo vi racconterei una storia.
Il mondo è già pieno di gente che si racconta un sacco di storie.
Onestamente non vedo il motivo di incrementare questa fitta, ignobile schiera.
Va bene, lo confesso, la scuola non è stata solo il mio tormento.
Evidentemente dalla scuola mi aspettavo un’estasi.
Solo in questi ultimi anni ho capito che devo essermi aspettato davvero qualcosa di grande, qualcosa di magico per non averle perdonato di essere semplicemente quello che è. La squola
Inglese, scuola ed esami. Parlare di corda in casa dell’impiccato. Esercitano comunque una grande attrazione se un paio d’anni fa decido di iscrivermi ad una ottima scuola. Wall Street Institut. Meglio sputare subito il rospo. All’esame son stato bocciato. Ultima tranche del III livello. Bocciato. Lo riscrivo per convincermene. E loro son bravi. Son solo io che non funziono. Ne ho collezionate diverse di bocciature. Ora però non ero più abituato. Ora mi promuovono sempre. Per questo è preziosa questa esperienza. Ora mi promuovono a prima vista. Mi chiamano anche “prof.”. Ogni volta preciso che non son laureato. Niente da fare. Mi devo arrendere. Per la verità non son stato proprio bocciato. Mi son bocciato da solo. Mi son ritirato entro un paio di minuti perché sentivo che non ero in grado di affrontare la prova. Mi sono bloccato. Non mi era mai successo. Si può fallire in tanti modi, ma forse non avevo mai fallito un esame. Bocciato per mancanza d’impegno durante l’anno. Quello sì. Tante volte. Fannullone. Flaneur (oggi mi appare figura sublime). Negli esami davo sempre il meglio di me. Grande affabulatore. Furbetto. Ma solo all’esame. Mai nella vita. E solo per salvarsi la vita! Nei pochi esami universitari che ho affrontato avevo messo a punto una strategia collaudata. Interrogare e non farsi interrogare. I docenti spesso apprezzavano. E poi, se non sono bastardi, si annoiano anche loro di far sempre le stesse domande. Le mie domande apparivano le curiosità di uno studente che avesse approfondito. Invece niente. Non avevo nemmeno aperto il libro. Funzionava! Ma l’altra settimana le cose mi si son presentate in tutt’altro modo. I libri li avevo aperti. Eccome! Forse è questo che porta male! Fatti tutti i tests e gli esercizi on-line e a matita sul libro. Niente da fare. Mi sono […]
La chiamano “terza età” e forse costituisce una contro-immagine interessante di quanto non comprendiamo della giovinezza.
Il racconto di Pinocchio reca come sottotitolo “storia di un burattino”. Ogni adulto reclama giustamente di non essere un burattino.
Cari amici, giovedì prossimo, 31 marzo dalle 10 alle 12.30 terrò un seminario teorico dal titolo: “La biografia come corpo temporale dell’uomo nell’opera di R.Steiner”. Sebbene svolto per incarico del prof. Romano Madera, docente di filosofia morale presso la Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Statale di Milano-Bicocca, sarà aperto al pubblico. Avverrà nella aula polivalente dell’edificio U6, 4°piano, in piazza dell’Ateneo Nuovo a Milano. Offro infine un breve schizzo tematico dei temi che intendo affrontare. – Possiamo pensare all’essere umano come ad un microcosmo? -Possiamo anche pensare che l’essere umano non abbia solo un corpo spaziale ma anche un corpo temporale? – La biografia costituisce l’immagine del corpo temporale dell’essere umano. – Facendo riferimento a quella stessa antropologia che sottende la pedagogia steineriana possiamo pensare che le età della vita costituiscano gli organi di questo corpo temporale. -Tali organi saranno individuati ricostruendo la biografia secondo il ritmo dei settenni.
Un discreto monumento alla mia modesta persona. Così mi appare questo sito nel momento dell’inaugurazione. Francamente non me l’aspettavo. Se ancora non è arrivato, sicuramente sta arrivando. Forse lo avrei pensato prima. Quando non sapevo di non essere in grado di sostenerlo. Un monumento, se pur discreto, ha il suo peso. Sicuramente, acquisita questa consapevolezza, lo avrei immaginato dopo. Siamo alle solite. Ah, Vertiginedeltempo! #Sappiatelo: per me è una interiezione frequente. Almeno quotidiana. Se accade ora non è solo per qualcosa che io abbia deciso o determinato. Arriva adesso perché altri, nei modi più diversi, lo hanno determinato. Fosse stato per me…. Alla fine è davvero bello arrendersi a questa evidenza. Siamo fatti d’altro. Siamo altro da ciò che pensiamo. Siamo determinati dall’incontro con l’altro. L’ immagine di noi stessi più fedele di cui possiamo disporre è sicuramente quella che attingiamo chinandoci sullo sguardo dell’altro. Lo specchio di Narciso è l’occhio dell’altro. Non il nostro occhio che mai potrà percepirci. Gli organi di senso son tutti rivolti all’esterno. Ma tornando al monumentino in cui mi trovo eretto, tornando a lui, tornando a quel legno (spero non a quel marmo) la prima cosa che mi vien da pensare è quel verso di Dante, poeta che pur non frequento…. Io non so ben ridir com’io v’entrai tanto ero pieno di sonno a quel punto Ma quel punto lo ricordo comunque. Sfuma tutto il resto. Sfuma nelle nebbie del sogno il percorso da quel punto in poi. E i punti importanti sono sempre punti apparentemente accidentali. Era la metà degli anni 90 e per caso mi trovavo in riva al mare a Cesenatico. Erano i primi di settembre, accompagnavo la mia prima moglie ad un convegno di insegnanti cui non partecipavo. Riflettendo, in uno di quei posti davanti al mare, pensai con determinazione […]
Era la mattina di Natale, ma probabilmente nel mio cuore abitava ancora la notte. Del resto Natale è una notte.
Cari amici, siamo al solstizio di inverno e tra pochi giorni la Cristianità festeggierà il Natale di Gesù di Nazaret. Sono da sempre lettore appassionato della Scrittura. In particolare dei Vangeli.
Ho frequentato un memorabile ritiro di pratiche filosofiche in un inquietante convento. Uno di quei conventi del giorno d’oggi. Freddi come il marmo lucidato. Puliti. Inossidabili. Poi tutto è filato bene. Lo choc è stato all’inizio. Il pavimento. Si, quel pavimento mi faceva paura. Tirato a lustro in un modo che nemmeno dopo averci camminato sopra per 3 giorni di pioggia cinquanta persone è riuscito a sporcarsi. E’ il pavimento che all’inizio ha mosso in me ricordi inquietanti. Viene in mente anche l’araucaria del “Il lupo della steppa” di Hermann Hesse. Cose orribili che finiscono per diventare sublimi. E viceversa. Gran mistero anche questo. Così la memoria si è messa in moto. Una memoria che mi ha riportato dritto all’infanzia. Anni cinquanta. Milano, via Savona 10. Adesso è diventato underground. C’è anche un teatro. Allora soltanto una via un po’ sfigata. Mio padre immigrato da poco da un paesello pugliese. La mamma invece a Milano ci è nata. Figlia di immigrati dello stesso paese ma vent’anni prima. Così lo ha accolto a Milano e lustrava le piastrelle in via Savona. China come la Maddalena che asciugava i piedi con le chiome fluenti. E’ di quelle piastrelle che vorrei parlare. Mica lucide come quelle del convento inossidabile. Lì costava davvero fatica lustrarle. Allora non si parlava ancora del PIL. Si viveva nel boom economico e il livello sia morale che sociale era determinato da quanto le piastrelle brillassero. Praticamente tutta la famiglia era un’azienda che aveva per oggetto sociale la lucidatura delle piastrelle. Al raggiungimento di questo obiettivo collaboravano tutti. Proletari al lavoro! Nanetti calzolai, sette nani: “Andiam, andiam, andiamo a lavorar!” Allegramente! I genitori, i nonni e, purtroppo, anche i bambini. Si, perchè quelli sporcavano un bel po’. E tutti i lavoratori ci davano sotto. Ma a far cosa? A camminare avanti e […]
Sembra che davvero piova. Che io abbia un po’ di febbricola. Ma non è una buona ragione per non scendere. Due giorni di riguardo. Ora posso scendere a bere un caffè col mio amico. Lui poi rienta da solo. I figli lo attendono a casa. Rientro ma indugio al tavolo e al banco. In fianco a me un uomo, presumibilmente della mia età. Mi confesserà poi esser del ’50 come me. E’ una faccia simpatica. Malinconica, ma ti vien voglia di averlo come amico. La faccia di uno che ha la tua età e che ha vissuto le stesse tue cose. Ma lui è più bello, soprattutto meglio conservato. Ha ancora il suo ciuffo grigio-bianco (che è anche più charmant). Da anni osservo che gli uomini più sicuri di sé non perdono il ciuffo. Il ciuffo è davvero qualcosa che ha a che fare con la dimensione fallica. Ci sono anche nelle fiabe i personaggi col ciuffo. I bravi del Manzoni. Una delle poche cose che ricordi volentieri di quell’insopportabile romanzo (si lo so, professoressa, il Manzoni è democratico e pone gli umili al centro di un romanzo democratico perché storico, ma, professoressa, che due palle!). Dicevo del ciuffo. Sì, io il ciuffo l’ho perso. L’ho perso né presto né tardi, mi sembra. A 50 anni. E va bene così. Rendere a Cesare quel che è di Cesare. Lui è di quelli che hanno ancora un bel ciuffo e i jeans li indossa ancora come si deve. Da un po’ mi capita di incontrarlo nel quartiere e lo guardo sempre con interesse. Con simpatia. Mi par di conoscerlo. Mi sembra che suonasse la chitarra elettrica in qualche gruppo qui in zona. Sicuramente più bravo di me che grattuggiavo “Blowin in the wind” a oltranza. Come me si ricorda tutto, il […]
I grandi maestri hanno sempre cattivi discepoli. Nessun discepolo riesce mai a sviluppare ulteriormente l’opera del maestro. Più che comprensibile, del resto, per individui di tal calibro! Scoppiano (e solo fenomeni caratteristici del secolo) diatribe sanguinose, veri e propri scismi sulla giusta interpretazione e continuazione dell’opera del maestro.
Sembra quasi che tali maestri non abbiano (o non abbiano più) bisogno di discepoli. Questo in Nietzsche è stato espresso in modo molto esplicito. Essere discepoli di questo o quel maestro di pensiero oggi è davvero sospetto. Sembra piuttosto che gli accaniti discepoli di un maestro siano attratti dai punti più deboli e controversi della sua opera. Dalle inevitabili ombre presenti nell’opera del maestro. Si può pensare però che ogni maestro, in qualche modo, abbia i discepoli che si merita. Sembra che tante siano le “ombre” tanti siano i discepoli. E siccome tali personaggi, l’ho premesso subito, mi appaiono anime particolarmente abitate da ombre, ecco che immediatamente vengono evocate, come magicamente, quasi per effetto della recitazione di un mantra, turbe, un po’ demoniche, di petulanti discepoli.
Questa pagina conclude il racconto delle due precedenti Sala operatoria e L’Angelo di s. Pietroburgo. Prologo (cantata) Chi scrive non ha mai vissuto una “storia estiva”. D’estate è solo il Sole che lavora sui corpi. A lui i corpi si offrono con fiducia. Ne viene fecondato il seme della bellezza. Non tradire la confidenza. Che solo il Sole possa sfiorare la pelle. La maturità dei “frutti della passione” arriva con la maturazione dei frutti più dolci. Sono nato in autunno e son quelli i frutti che amo di più. Le mele e le pere. I fichi e l’uva. Dioniso. Lì, ogni anno, si rinnova il mistero della mia nascita. Attraverso ancora una volta l’estate: si può andare e venire, dovunque e con chiunque. Ma ho sempre trovato l’estate come un deserto da attraversare. Cerco di farlo con diligenza perché so che lì si forgia il carattere. In quelle fornaci. Le grandi guerre del passato son state combattute nel segno del Leone. Attraversando quelle forche caudine si perviene al “gran premio”. Per descrivere il passo ondivago del villeggiante, l’odissea del vacanziere, esiste una espressione milanese impagabile: balabiott. Indica letteralmente colui che balla nudo. Svestito. Ho vissuto la mia giovinezza portando nel cuore l’immagine di Cesare Pavese, vestito di tutto punto, seduto su una sdraio sulla spiaggia. Se ben ricordo, leggeva pure! Lui si, forse drammaticamente, non aveva nulla del balabiott! Inutile fare i gradassi d’estate. E’ solo la natura ed il sole che canta nei nostri corpi. E’ qualcosa di cui non abbiamo alcun merito. Possiamo lodare il sole nello splendore dei corpi. La nostra vita ricomincia in settembre. I corpi abbronzati ritornano alla vita sociale, in città. Da settembre ricominciano i giochi. I giochi veri: il lavoro, la vita quotidiana, gli impegni, il lavoro. I giochi più belli son […]
Questa nota non costituisce la continuazione, ma l’antecedente di quella già pubblicata col titolo “Sala operatoria”. Mi è necessario partire da un ulteriore antecedente senza del quale la narrazione di oggi non assumerebbe la prospettiva voluta. Lezioni di pianto Da bambino e ragazzo sono stato rimproverato di “avere un cuore di pietra”. Mi sono sentito colpevole di non avere pianto davanti al primo film a cui assistetti in vita mia: “Bambi“. Ma che dire… era la prima volta… forse guardavo la sala, i giochi di luce. Forse non ero ancora pronto anche se tutta la sala versava calde lacrime. Pochi anni più tardi non ho pianto, quando mio padre è stato in punto di morte! Però sono indelebili i ricordi e le frasi, gli scrollamenti di capo dei medici che andavano e venivano da casa nella notte di un 14 luglio. I ricordi abitano pur sempre in quella che Dante definisce “la camera segreta del mio cuore”. La camera oscura, direi io. Non ho pianto per le prime, laceranti, delusioni d’amore. Oscuravo solo completamente la camera, appunto. Non vedevo proprio niente. Nessuna luce. Non ho pianto quando, nei miei 30 anni, mio padre è morto improvvisamente dopo avermi detto cose misteriose e terribili a pranzo. I giorni della morte aleggiava nel terremoto d’Irpinia. Fu solo verso i 35 anni che sono riuscito a versare lacrime calde e commosse in una circostanza che, per quanto ci abbia lavorato tanto in sedute di analisi e meditazione, mi resta tuttora abbastanza misteriosa. Nel 1985 ricevetti a in Svizzera l’iniziazione di Kalaciakra conferita da sua santità il Dalai Lama. Come credo la maggior parte dei presenti non ne capii un accidente. Caldo continentale di agosto. Nella campagna intorno a Winterthur. Tendoni bianchi, enormi, soffocanti, prime ore del pomeriggio, interminabili giri di traduzioni in almeno […]
Penso spesso a come le acquisizioni umane penetrino nella coscienza attraverso porte diverse, talvolta successive. Sembrano quasi orientate in un certo ordine. Mi hanno sempre colpito un paio di esempi. La prescrizione di lavarsi le mani prima di mangiare appare nel Talmud come regola di disciplina purificatoria in ambito religioso. Occorrerà arrivare a Pasteur per scoprire un fondamento “scientifico” a questa procedura. Nei Veda troviamo tra l’altro la ricetta del riso condito col burro. L’idea dell’atomo, come noto, appare nelle più antiche scritture indo-ariane. Ne hanno parlato i Rishi nei Veda, è stata oggetto di speculazione filosofica e poetica presso i greci ed approda a modello tuttora impiegato nella fisica e chimica moderne. Entrando nei mesi scorsi in una sala operatoria ho avuto l’impressione di attraversare qualcosa che già avevo conosciuto in qualche altra forma. L’igiene, accennavo, appare come lavacro animico spirituale nella vita religiosa e come igiene nella prassi medica. Arrivare in sala operatoria, compiuta la preparazione (somministrata anche agli iniziandi) implica attraversare una serie di soglie. Una serie di “passaggi della soglia”. Immagine anche questa presente nella letteratura sapienziale. Il sentiero graduale. Le diverse sfere del cielo. In queste soglie addirittura cambiano i traghettatori (barellieri simili a Caronte) e si passa di mano in mano ad individui sempre più rigorosamente imbavagliati. Come non pensare alle società massoniche e segrete ai sacerdoti o sacerdotesse bendate e al volto del confessore invisibile oltre le grate. Ci sono almeno tre soglie di progressiva “purificazione” – sterilizzazione”. Val la pena anche di ricordare che più ci si avvicina alla sala operatoria più fa un freddo cane. L’ultima domanda che ricordo di aver fatto prima di ricevere la pre-anestesia fu “Perché tanto freddo?”. E l’anestesista: “Perché il freddo sterilizza”. Accipicchia, mi sentivo sulle prime falde del monte Meru! Secondo i miei amici steineriani, […]
La via che conduce al Paradiso la immagino bordeggiata a ritroso da tutte le scarpe che ho usato e smesso nella mia vita. Un po’ come i sassi di Pollicino.
L’esperienza dell’invalidità come dolore, ma vissuta come rafforzamento interiore.
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