Questa pagina costituisce un doveroso adempimento nei confronti della pagina precedente. Quella che si intitola “Psicologia delle fratture nella biografia umana”. Quella che indica come le fratture, nella biografia umana, secondo la Medicina Antroposofica, costituiscano un potente richiamo dell’Io a riparare l’elemento saturnino dell’osso. Quella lavanda dei piedi che il Sole prodiga al Saturno dell’osso.
Una settimana fa, nel percorso dalla domenica delle Palme alla Pasqua, ho scritto:
”Nella mia vita, pensavo fino a poche ore fa, ho sperimentato fratture un paio di volte.
Una frattura della rotula, nel periodo dei 42 anni e questa, recente, del piede di cui ancora poco posso dire. Indizi ne ho a palate ma devo tenerli per me.”
In questa frase, trascritta istintivamente dal filo cosciente dei miei pensieri, c’è una curiosa imprecisione. Una dimenticanza di cui mi sono accorto quasi subito ma che ho lasciato correre.
Ho lasciato correre perché quella pagina l’ho scritta di corsa, seduto sul letto. Tra le 7 e le 8 del mattino.
E l’ho scritta dopo aver concluso, tra le 5 e le 7, che il compimento della bozza a cui lavoravo da giorni era impossibile. Che non ne avevo le forze. Non era ancora il momento o forse non lo sarà mai.
Ci sono pagine che resistono, ma lavorano nel sottosuolo. Perché a primavera rinasca qualcosa.
Avevo appena scritto a Mariangela (l’Angelo-editor) che per quella settimana non se ne faceva niente.
Invece, come accade ad volte, lasciar andare è la via maestra per riprendere.
A volte, lo dice ogni mister, occorre prendersi in contro-piede.
E tra le 7 e le 8 ho scritto la paginetta lasciando correre l’errore, l’imprecisione, la dimenticanza.
Nella mia vita le fratture non sono state due ma tre.
Tralasciando ovviamente qualche costola qua e là, ma quello non conta. Per quanto il buon Dio, nella creazione dell’Uomo, anche di quello abbia fatto un buon uso.
Quella in questione, ma è una dimenticanza che comprendo e che assolvo, è la dimenticanza da cui sono nato.
Nessuno ricorda la propria nascita.
Ed io sono nato da una fattura.
Si, che c’è di strano?
Se conoscessi meglio la mitologia greca saprei dettagliare altri esempi.
Si nasce da una ferita, da una amputazione.
Atena dal cranio di Giove che deve aver fratturato per bene.
“Prometeo, riuscì a spaccare con un’ascia il cranio immortale di Zeus, e dalla ferita uscì Atena”.
Io sono nato nel 21° anno della mia biografia, da una frattura della XII vertebra dorsale. Sono nato nel mio “grande incidente”. Precipitato in terra! Forse in vent’anni non ero nato abbastanza.
Mio padre, era un radiologo e, per una circostanza curiosa, vide la radiografia prima del corpo caduto del figlio. Ne concluse che la frattura non era gran cosa. Il midollo spinale avrebbe potuto non essere compromesso in modo grave.
Ma evidentemente, purtroppo, non è stato così e da quell’inconveniente son nato.
Da quella frattura non grave e da quello shock midollare è nato l’invalido che da quel momento sono stato.
Non ho quasi mai parlato della mia condizione di invalido.
Per quanto della mia biografia abbia detto molto. Atteggiamento che mi è indispensabile per indicare che cerco di parlare di ciò che conosco più intimamente.
Il 27 marzo compio 45 anni di invalidità e il 27 marzo quest’anno è il giorno di Pasqua!
Anni fa mi è capitato per caso di scoprire, un mattino qualunque, che era il 27 di marzo e ho scritto un paginetta memorabile. Recita: Dell’invalidità.
È questa di oggi prosegue quella traccia.
Lasciate che, dopo la lavanda del piede, io alzi il calice e brindi ai primi 45 anni della mia condizione di invalido.
Probabilmente la mia individualità più profonda, come mostrerò in una prossima paginetta dedicata al 21° anno, nasce proprio da quella frattura.
45 anni di invalidità che, devo concludere senza compiacimento, sono riuscito a portare dignitosamente. Con discreta eleganza.
Ho stampellato per 40 anni e, quando i tendini della spalla destra han detto “basta!”, solo lì mi sono seduto sul carro del vincitore. Il passaggio iniziatico nella sala operatoria, a ricucire tendini e una più appropriata carrozzina per paraplegici. Ho fatto fatica ad accettarla ma ci sto riuscendo.
Mi restano un paio di cose da dire prima di imboccare la curva, l’iperbole pasquale. Anche di questa ho già scritto.
Perché affermo di essere nato da quella frattura?
Il motivo per me è molto semplice, anche se non pretendo di convincere nessun’altro.
Da qualche anno sto lavorando alla stesura di un romanzo che potrebbe contenere ampi stralci della mia biografia.
Una cosa mi è stata chiara da subito.
Il romanzo biografico sarebbe iniziato da quel 21° anno.
Dalla nascita dell’invalido, non dall’avvento e natale del neonato. Qualcuno ricorda che nascere non basta!
Nasco a 21 anni come un invalido.
Ma anche l’essenziale della biografia di Gesù, il Cristo, comincia a trent’anni.
Il racconto biografico è sempre l’interpretazione di uno sguardo comunque orientato.
La seconda cosa con cui mi sta a cuore concludere ha un nesso più nascosto, ma non meno evidente per me, di quella precedente.
In questi giorni non festeggio solo, quest’anno, la Pasqua nel giorno del Natale dell’invalido.
Festeggio anche i primi cinque anni di esistenza di questo sito che, a suo tempo ho definito “Un monumento discreto alla mia modesta persona”.
E vorrei festeggiarlo aprendo non solo una bottiglia di spumante.
Vorrei aprire il mio sito ad interlocuzioni e significativi contributi alla sostanza dell’impresa. L’esercizio della scrittura nel racconto della biografia.
Ho ripetuto alla noia che raccontiamo la nostra biografia rispecchiandoci nello sguardo dell’altro. Con la A maiuscola e/o minuscola.
A partire dalla prossime settimane esisterà la categoria “Agorà” di questo sito.
Visto che in questi primi cinque anni, in questo lustro, non ho negato attenzione alla mia biografia personale, forse è venuto il tempo di decentrarsi un po’. Di chiamare testimonianze e interlocutori alla mia opera di Analista Biografico.
Nell’uovo di Pasqua, quest’anno, ho trovato diverse paginette che pubblicheremo qui progressivamente. Pagine di testimonianze di amici-pazienti che, sotto pseudonimo di loro creazione, hanno testimoniato qualcosa del proprio percorso nell’analisi biografica.
Il rispecchiamento dello sguardo dell’altro non è rimedio ad un inconveniente. È la condizione naturale che lo scrivente conosce per eseguire il proposito di comporre la propria biografia.
Siamo cresciuti nella convinzione di disporre di cinque sensi. Gli indiani antichi, che la sanno più lunga parlano di sesto senso.
Rudolf Steiner raddoppia il banco, indicando l’esistenza non di cinque o nemmeno di sei sensi, ma addirittura di dodici.
E pone in cima alla piramide il dodicesimo senso. Il senso dell’Io.
Ma se il senso dell’Io è il dodicesimo senso, non di meno è uno dei sensi.
E la caratteristica dei sensi è quella di rivolgere la propria azione non all’interno ma all’esterno dell’organismo in cui funzionano.
L’occhio non vede sé stesso.
Così il senso dell’Io ci permette di percepire l’Io di un’altra persona.
Non di percepire il nostro.
Per questo per conoscerci, dobbiamo incontrarci. Non è questione di buona volontà. E una necessità dell’impresa per quale tutti siam qui.
Buona Pasqua. Stiamo smarcando quella del 2016!
Quante ricorrenze! Natali, Pasque, nascite, morti, resurrezioni, fratture!
PS. Come facilmente intuibile, le foto sono dell’impareggiabile Roberto Tani. Perché queste foto oggi?
Mah, per un verso perché fino a trent’anni, prima di provare a fare l’analista, l’unica cosa socialmente utile che abbia fatto è questa. Per altro perché raccontare la biografia è pur sempre canticchiare una vecchia canzone.