Sala Operatoria

Francobollo Croce Rossa

Penso spesso a come le acquisizioni umane penetrino nella coscienza attraverso porte diverse, talvolta successive. Sembrano quasi orientate in un certo ordine.

Mi hanno sempre colpito un paio di esempi. La prescrizione di lavarsi le mani prima di mangiare appare nel Talmud come regola di disciplina purificatoria in ambito religioso. Occorrerà arrivare a Pasteur per scoprire un fondamento “scientifico” a questa procedura. Nei Veda troviamo tra l’altro la ricetta del riso condito col burro. L’idea dell’atomo, come noto, appare nelle più antiche scritture indo-ariane. Ne hanno parlato i Rishi nei Veda, è stata oggetto di speculazione filosofica e poetica presso i greci ed approda a modello tuttora impiegato nella fisica e chimica moderne.

Entrando nei mesi scorsi in una sala operatoria ho avuto l’impressione di attraversare qualcosa che già avevo conosciuto in qualche altra forma. L’igiene, accennavo, appare come lavacro animico spirituale nella vita religiosa e come igiene nella prassi medica.

Arrivare in sala operatoria, compiuta la preparazione (somministrata anche agli iniziandi) implica attraversare una serie di soglie. Una serie di “passaggi della soglia”. Immagine anche questa presente nella letteratura sapienziale. Il sentiero graduale. Le diverse sfere del cielo.

In queste soglie addirittura cambiano i traghettatori (barellieri simili a Caronte) e si passa di mano in mano ad individui sempre più rigorosamente imbavagliati. Come non pensare alle società massoniche e segrete ai sacerdoti o sacerdotesse bendate e al volto del confessore invisibile oltre le grate.

Ci sono almeno tre soglie di progressiva “purificazione” – sterilizzazione”. Val la pena anche di ricordare che più ci si avvicina alla sala operatoria più fa un freddo cane. L’ultima domanda che ricordo di aver fatto prima di ricevere la pre-anestesia fu “Perché tanto freddo?”. E l’anestesista: “Perché il freddo sterilizza”. Accipicchia, mi sentivo sulle prime falde del monte Meru!

Secondo i miei amici steineriani, la scienza deve contenere in sé una dimensione sacramentale e templare. Anni fa visitando i laboratori della casa farmaceutica Wala, creata da Rudolf Hauschka, venni fortemente colpito da questa dimensione sacerdotale e sacrale. Ma anche i nostri ospedali mi hanno suscitato immagini di quest’ordine.

Per giungere poi al culmine del processo: l’anestesia. Sappiamo come l’induzione di uno stato di sonno profondo fosse una delle condizioni delle antiche iniziazioni. Ma sappiamo soprattutto come il sonno, l’iniziazione e la morte siano fenomeni che si rispecchiano secondo un ordine di pregnanza simbolica. La morte è immaginata come un sonno. Il sonno come una piccola morte: sembra che nella psicologia delle insonnie ci sia un timore di “lasciarsi andare”, “lasciarsi portare oltre una soglia”. L’iniziazione soprattutto è spesso indicata come una morte e resurrezione. Come una morte affrontata in vita. Un morire al mondo.

Così tutto l’apparato della sala operatoria come della somministrazioni dei rituali religiosi e misterici ruota intorno a immagini di questo tipo.

Curioso, non vi pare? Come se sotto a tutto questo soggiacessero archetipi immaginativi che rimandano continuamente ad un altrove orientato in una certa direzione.

Affrontare una operazione, più o meno complessa, implica comunque un rischio per la propria vita. Ho un ricordo piuttosto vivo dei giorni che la precedettero. Spontaneamente la mia attività di coscienza si imperniava sui grandi tempi della vita spirituale. La vita d’ospedale, per chi ha vissuto ritiri spirituali di una certa pregnanza, non può non ricordarli. Sono comunque forme di “ritiro dal mondo”.

Dormivo poco, leggevo poco e solo grandi eretici (Wittgenstein e Giordano Bruno) e ascoltavo molta musica. Scrivevo qualcosa. Ogni mattina osservando il sorgere del sole formulavo un pensiero che sovente inviavo per sms a persone amiche che ancora dormivano. Forse anche qualche post in bacheca. La preghiera nella forma delle immaginazioni creative era il più grande passatempo. La vita ospedaliera è sempre stata per me una vita religiosa.

Ho incontrato diversi musulmani, in quei mesi in ospedale e nessuno di questi incontri mi è risultato indifferente. Ricordo un egiziano, vicino di letto e mancato pochi giorni dopo le mie dimissioni. Finché ne ha avuto le forze pregava sul letto alle ore prescritte con una tale devozione che i benefici giungevano a me. Un altro uomo egiziano, prenotato per l’operazione, ha passato la notte a pregare. Non mi risulta abbia chiuso occhio. Al mattino gli annunciarono che la sua operazione era rinviata per problemi di personale. Io stesso dovetti attendere una settimana in più, causa scioperi.

Ma l’esperienza più abissale è e resta l’anestesia. Il mistero sperimentato comunque ogni notte ed ogni mattino della coscienza che insieme al sole e alla luna si eclissa. L’anestesia ne è una forte intensificazione.

Sembra che osservare questi due momenti sia l’esercizio spirituale più radicale sia dato ad un essere umano. In fondo ciò che in forma simbolica, artificiale, si esercita in quasi tutte le tecniche ascetiche e mistiche. Secondo il libro tibetano dei morti, l’esercitare la presenza mentale è solo un allenamento a vivere con presenza mentale il momento del trapasso. Una vita di allenamento per un unico salto!

Per quanto mi riguarda, modestamente, ricordo bene i primi pensieri al risveglio.
Il primo fu per mia moglie e il nostro cane, il secondo lo espressi appena rientrato in camera, passate tutte le soglie, e fu “Esiste davvero, esiste ancora John Coltrane?” Per fortuna nella stanza era ricoverato un giovane musicista che la sapeva lunga e mi rassicurò immediatamente: “Tranquillo amico, esiste davvero!” Che sollievo ragazzi!

In una seconda puntata vi racconterò un immediato antecedente l’operazione.

Si intitolerà “L’angelo di S.Pietroburgo”. Posso anticiparvi solo trattarsi di una giovane cardiologa!

Il giorno dopo l’operazione consultando FB ho scoperto per caso che una amica di Clary, Carla, è tecnico di sala operatoria. A lei ho promesso per prima questa nota e ho faticato non poco a mantener fede alla promessa!

3 pensieri su “Sala Operatoria

  1. Si,un rito iniziatico! Si possono definire  così i momenti antecedenti un  intervento "importante".Nel grande ospedale parigino,mi fu  chiesto di fare una doccia cospargendomi interamente di Betadine dopo la mezzanotte ed un'altra alle sei del mattino.Vissi quei momenti in forma ascetica…mi sembrava ,appunto,che stavo preparando il mio corpo ad entrare in un'altra dimensione,in un'altra realtà.Mi fu difficile tenere a bada il panico.Il resto,tutto vero e vissuto con eguale partecipazione:l'improvvisa apparente fretta degli uomini che mi portarono correndo con lo stesso letto della camera attraverso porte e dislivelli nella sala ove nulla era visibile per la luce accecante di una lampada,ma il freddo era già nelle ossa.Mi fu chiesto di inspirare profondamente ed io pregai il Signore di perdonare i miei errori…nei pochi secondi che precedettero un sonno di molte…molte ore.Non era questo il commento che probabilmente ti aspettavi,ma mi fa bene parlarne con chi ha vissuto medesime "avventure".Un saluto fraterno.Adele.

    1. Grazie Adele
      Mi sembra davvero difficile commentare questo post.
      Tra l’altro lo sto rivedendo e forse vedrà la luce in altra forma.
      Il tuo commento è pertanto la cosa più preziosa.
      La condivisione?
      Che altro?!!!
      Di nuovi, grazie dell’attenzione che significa cura dell’Anima!

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