Meditazione di ferragosto 2016. Biografia umana e psicologia dell’Eterno Presente.

Biografia umana - Meditazione estiva

La paginetta precedente era stata abbozzata come un esergo ad un discorso più ampio. Una meditazione di Ferragosto che ho trattenuto presso di me e ora vi offro per intero. 
Per questo riprendo il discorso esattamente da dove l’ho lasciato.

Se mi dovessi chiedere che cosa è più sacro per me… Se dovessi fare la mia professione di spiritualità laica, come la chiamano i miei amici di Mitobiografica… Risponderei che per me la cosa più sacra, lo ripeto, è la presenza mentale.

Essere presenti al presente.
Qui e ora.
Cercando di dimorare in quella condizione che qualche mistico chiama
il contatto con l’eterno presente.

Solo dimorando nel qui e ora possiamo collegarci con l’eterno presente.
Quel punto sublime da cui il passato e il futuro appaiono come illusione.

L’incubo del passato ci incatena alla serie interminabile delle cause e degli effetti.
Alimenta i sensi di colpa e l’aspirazione a governare il destino.
L’illusione del futuro invece ci porta a perderci nelle aspettative.
Ci catapulta nell’aspirazione a una possibile Redenzione.

Se conteniamo in limiti più modesti l’incubo del passato e le aspettative del futuro. Se cerchiamo un equilibrio instabile senza confidare troppo su alcuna promessa di Redenzione…. da questo angolo visuale, il pensare la nostra biografia è qualcosa di fuorviante.

Soluzione / dissoluzione

Se cerco di dimorare nel presente, l’idea che da qualche parte esista quella cosa che chiamo la mia biografia si scioglie come neve al sole.
Come sale nell’acqua del mare. Si scioglie. Non è che scompare. Perde la forma. Conferisce il sapore all’acqua di mare ma non vediamo più alcun granello.
Anche se a ben guardare, un po’ di polverina bianca riappare sulla nostra pelle dopo che ci siamo asciugati al sole.
Stanislav, il bimbo biondo e ucraino che vive con noi questi giorni, chiedeva quanti sacchi di sale possano servire per salare il mare.
Gli abbiamo rivelato che non è il bagnino a compiere questa operazione.
Gli ho spiegato che in fondo al mare lavora il macinino che macina il sale dal fondo. Ne accenna anche Andersen.
Quel famoso Mulino di Amleto. Ancora Harold Bloom indica Amleto come la figura più fondante del Canone Occidentale, dopo Gesù e Yahweh.

Ma il biondino non crede al macinino in fondo al mare e il giorno dopo sfodera una teoria scientifica bene appresa a scuola che spiega come e perché il mare sia salato.
Io non ci ho capito molto, ma credo che sia vero.
Eppure il giorno prima, in mezzo a mille altre, ci ha fatto quella domanda. E ce l’ha fatta in quel modo! Strano…

L’unica domanda vera: quella che non poniamo!

Mi viene in mente una considerazione di Freud che sono costretto a parafrasare a memoria. Il bambino che non smette di prodigare instancabilmente domande che hanno l’unica funzione di sostituire quell’unica domanda che tuttavia non pone.
Forse è ancora così anche per noi quando ci raccontiamo la nostra biografia.
Quando ci raccontiamo un sacco di storie!

Insomma se cerco di attingere l’Eterno Presente, la mia biografia, che si dipana dal passato al presente verso il futuro, perde qualunque consistenza.
Si scioglie come sale nell’acqua.

Devo concluderne che ho sbagliato lavoro?

Troppo tardi. Ho compiuto 65 anni e provo a non confidare in alcuna Salvezza il cui prezzo è tanto caro e di esito tanto incerto.
Non aspiro a nessuna Redenzione e mi sorride l’elogio lacaniano del fallimento che Recalcati ripropone.
Lacan lo studiavo da giovane. Chissà cosa ci capivo… Ma il tempo in questo caso gioca a favore. Oggi mi sembra di capirlo meglio.
Anche lui esercita diffidenza nei confronti della biografia e della autobiografia. Mi sto preparando a parlarne in futuro.
E tuttavia non mi schiodo dal mio propormi come analista biografico.

Da Enrico VIII giù fino a “Harry a pezzi”

In queste ore mi sono imbattuto nell’esordio sontuoso di un romanzo storico ispirato alla biografia di Enrico VIII. Scritto dalle mani amorevoli di una donna che affida il racconto immaginario al buffone di corte.
Un’ottimo angolo prospettico: la signora, il buffone ed Enrico VIII. Quello la cui vicenda approderà al mitico “Harry a pezzi“. Il film con cui Woody Allen conclude il suo debito con la psicanalisi!

Il racconto della biografia di Enrico prenderebbe le mosse da qui:

Ieri uno sciocco mi ha chiesto qual era il mio primo ricordo. Si aspettava che mi lanciassi beatamente nelle reminiscenze sentimentali dell’infanzia come amano fare I vecchi rimbambiti. È rimasto molto sorpreso quando gli ho ordinato di allontanarsi dalla mia presenza.
Ma ormai il danno era fatto; e non potevo ordinare con la stessa facilità al pensiero di allontanarsi dalla mia mente.

Ecco quindi il racconto biografico come tentazione e come una via di perdizione. E può ben esserlo.
Tutte le storie che ci raccontiamo per digerire l’amaro boccone del presente.
È una prospettiva come un’altra. Altrove l’ho definita la Psico-NON-analisi.
Vale la pena di considerarla.
Non sono un apostolo del lavoro biografico. Cerco di essere comunque un analista.

Neanche il giovane Holden ha voglia di narrarci la sua “dannata biografia”. La chiama così!

Biografia / Eterno presente

Ma allora, chiudendo il cerchio della riflessione, come è compatibile la considerazione del racconto biografico se manteniamo maggiore concentrazione sul presente?

Francesco Pazienza durante l'infanziaHo concepito questi pensieri nei giorni scorsi sulla spiaggia di Riccione.
Non vi stupisca la mia scelta. Ha diverse ragioni. Ve ne indico una sola.
È stata la prima spiaggia e il primo mare di cui io abbia fatto esperienza nel lontano 1953. Potrà sembrare strano ma ho sempre l’impressione che Riccione, bella o brutta, popolare o signorile, caotica o sublime, mi accolga ogni volta e sia eternamente riconoscibile in una sorta di presente che non smetta di manifestarsi.
Non è necessario essere Fellini. Giudico Amarcord, tra l’altro, un film minore rispetto ad altri suoi capolavori.

A me basta questa foto. Il resto son chiacchiere!

 

 

Sì. Mi basta questa immagine in cui finisco per riconoscermi.
Se nella prospettiva dell’eterno presente il passato e il futuro sono solo illusioni…

Conosci te stesso” oppure “Tu sei quello” sono forse falsi problemi. Domande mal formulate?
Può essere. Anche in questo non indosso l’abito di alcuna confessione. Nemmeno la nozione di spiritualità laica mi convince del tutto. Mi pare quello che Freud chiamava “Verneinung”. Diniego e Negazione secondo le traduzioni. La prima, memorabile, di Elvio Fachinelli. Ne ho parlato qui.

Cerco invece di decifrare la scintilla di Eterno Presente che dorme da oltre sessant’anni in quella icona. Dorme, come direbbe lo Yoga, in stato di sonno profondo. Si risveglierà nel momento della mia morte e dirà la sua. Ora dorme e lasciamola dormire tutta la maestosità del Sonno Profondo.
Non mi restano che poche considerazioni.

Individuo improbabile.

Un curioso individuo quel bimbo.
Ero e sono un individuo improbabile. Profezia di intellettuale disorganico?
Gli occhiali con una lente sola ma lo sguardo attento e presumibilmente concentrato.
Un sorriso però che… forse ci prende tutti in giro.
Vuole apparire qualcosa che evidentemente non è.
Impugna un Topolino come un messale ma non si accorge nemmeno di impugnarlo a gambe all’aria!
Forse sono davvero io questo improbabile individuo.
Non c’è nulla da aggiungere.
È davvero un ritratto fedele.
Un istante del mio Eterno Presente.
Un seme del destino già presente rispetto a cui il dipanarsi del tempo non è lineare ma a forma di spirale, come suggerisce l’immagine che ho scelto in copertina.

Un presente che non ha nulla a che fare con l’incubo dell’immortalità.
Un presente che si approfondisce tanto quanto la nostra disponibilità ad indagarlo.
La nostra capacità meditativa.
Se riusciamo a reggere l’angoscia e a far penetrare la sonda del pensiero ad una certa profondità, in questa direzione, invece che piagnucolare per il passato ed estenuarci in una attesa di Redenzione, allora forse possiamo intuire che l’Eterno Presente dell’estate del 53 comunica misteriosamente con quello del 2016. Nulla da correggere. I conti tornano. Attivi o passivi non importa.

Pongo al centro della spirale della copertina, al posto di quella vetrata gotica al centro, l’immagine di quel bambino. La depongo come una lamina dei Tarocchi. O come il Bambino nella culla. L’evoluzione ulteriore non fa che girargli intorno.
Sono proprio io.
Facciamo la pace.
Sono stanco di difendermi.

So che chi mi legge immagina di me più di quello che sono. Immagina che abbia letto qualcosa di cui ho appena visto a mala pena le figure.
Ostento occhiali con una lente sola e di quel Topolino non si può dire nemmeno che guardi solo le figure. Lo impugno a gambe all’aria.

Immagini capovolte

Può darsi però che la filosofia venga in mio soccorso.
Può essere che dalla caverna platonica, attraverso quella sorta di cinematografo, l’immagine risulti capovolta. Accade in diversi apparati ottici. Ma anche gli spiritualisti vendono nella Terra un Cielo capovolto.

Potrebbe essere per quello.
Oppure non lo so.
Siamo ancora capaci di dire semplicemente “non lo so”?
A chi voglia esercitare il culto dei Misteri è il minimo che si possa chiedere.
L’umiltà di un “non lo so” e il dubbio, l’eventualità di considerarsi un individuo improbabile.
Acquisizioni preziose percorrendo il Sentiero.

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