Sono cresciuto in una famiglia piccolo-medio borghese e in tutti gli anni ’50 e ’60 mio padre acquistava il Corriere della Sera.
A volte, su mia ulteriore insistente richiesta, acquistava anche l’edizione del pomeriggio il Corriere d’Informazione. L’edizione pomeridiana riportava quasi sempre i risultati delle tappe del giro d’Italia.
Su questa testata più “popolare” si è fatto le ossa Dino Buzzati, sublime cronista di cronaca nera. Si diceva fosse il Corriere per gli operai che uscivano dal lavoro. I professionisti leggevano il Corriere al mattino.
Pensate, allora ci si informava davvero attraverso la carta stampata. Al pomeriggio c’era la TV dei ragazzi. Altro che arrivo della tappa del Giro con telecronaca e telecamere montate sulle moto!
Mio padre ha sempre considerato il Corriere della sera una istituzione portante, la più prestigiosa, dell’informazione italiana. Mi ha anche insegnato, ed allora era vero, che…
ogni volta che cambiava il governo
cambiava anche il direttore del Corriere della sera
È stato così finché la politica aveva un ruolo fondante nella vita sociale. Ora questo in questo ruolo è subentrata l’economia e…
Oggi il direttore del Corriere della sera cambia
quando cambia la proprietà della testata.
Dentro di me questo tipo di considerazione è sopravvissuta fino a un paio di anni fa.
Forte di questa considerazione un pomeriggio d’autunno ricevetti una telefonata sul telefono fisso (ormai questi telefoni servono solo per questo) in cui mi si proponeva un abbonamento telematico annuale al Corriere con in omaggio un Kindle Fire.
Mi lasciai sedurre da questa opportunità e per il primo anno le cose funzionarono bene. Io ho scoperto il valore del Kindle che tutt’ora mi accompagna e, guardando la mia finestra nell’account degli abbonamenti, come indico dall’immagine screenshot, l’abbonamento risultava non rinnovabile automaticamente.
Non era mia intenzione rinnovarlo. Ma prima di qualsiasi consultazione, alla scadenza del primo anno…
dalla mia carta di credito
venne prelevato l’importo per un nuovo abbonamento
con analoga offerta di tablet.
Tablet che non ho mai ricevuto!
Contattai il servizio abbonamenti ma non ne conclusi nulla.
Forse per mia imperizia.
Qui devo aprire una parentesi importante agli effetti del mio discorso che vuole essere di riflessione biografica. Non vengo a denunciare nessuno o a cercare nessuna diffamazione via web. Anche se tutto questo non è certo edificante come pubblicità del Corriere. Ma questi i fatti.
Piegando il foglio a metà
La riflessione auto-biografica implica uno sguardo su di sé non sentimentalmente indulgente.
Il primo passo di un lavoro biografico deve essere, a mio avviso, una considerazione critica su sé stessi.
Come ero abituato a fare dalla scuola elementare, sarebbe il caso di piegare a metà la pagina o a tracciare una linea longitudinale.
Sulla sinistra posso considerare quelli che considero le mie parti forti, le abilità, sulla destra i miei punti deboli. Quelli che, con i loro cedimenti, ci rendono facilmente vulnerabili.
Dalla parte destra una delle cose che devo annotare è che sono consapevole del fatto che per pigrizia, accidia, non sono affatto abile a espletare le cose noiose della vita quotidiana.
Le bollette, le scadenza, gli esami clinici di routine. Sono molto trascurato e so che per molti altri le cose funzionano diversamente.
Insomma per tutto il secondo anno lasciai correre persino il fatto che il tablet non mi venisse spedito. Oggetto pagato con il prelevamento automatico dalla mia carta di credito.
Mi attivai tardi ma in prossimità della seconda scadenza, dell’inizio del terzo anno, malgrado, come mostro, la finestra del sito mi assicurasse il contrario, il mio abbonamento riuscì ad essere sospeso.
Grazie all’intervento dell’ufficio abbonamenti, ho pensato.
Tralascio di condividere il minuetto inconcludente in cui mi si garantiva che tutto era stato sistemato. Che una società diversa gestiva quel tipo di abbonamenti…
Tuttavia poche ore dopo ricevetti un sms che mi informava che…
per il rinnovo per il terzo anno l’autorizzazione il prelievo automatico era stata negata.
Pensai che il merito fosse dell’ufficio abbonamenti che mi aveva garantito la soluzione del contratto truffaldino e contraddittorio.
Invece credo che l’autorizzazione fosse stata negata perché, per mia fortuna, la mia carta era scaduta ed io avrei dovuto fornire le credenziali della nuova.
Cosa che, ovviamente, mi guardai bene dal fare.
Sono passati più di sei mesi e dall’autunno al 5 agosto scorso e io puntualmente, ogni sera, intorno alle 18, ottima ora per la meditazione, l’ora del tramonto, io ho ricevuto questo sms
Non è stata autorizzata un’operazione presso CORRIERE TABLETINCLU per 189,99 E il 5.08 ore 18:04.
Ora qualche santo l’ha fatta cessare. Forse la banca!
Peccato, mi ero quasi affezionato a questa campana di meditazione sulla mia stupidità. Mi ha sempre fatto venire il mente quella battuta di De Sica, abilmente ripresa da Troisi
Ed eccomi alla conclusione della prima metà del discorso.
Qualche anno fa, ma ancora adesso, sul web e nei discorsi amicali si distinguevano i siti a cui era meglio non dare le credenziali delle nostre carte di credito. Non ho bisogno di spiegarvi il perché.
Io ho considerato il Corriere (ma non solo quello) una testata di cui potevo fidarmi e a cui poter affidare tali credenziali.
Mi sono sbagliato!
La mia esperienza mostra che è meglio non dare le credenziali della carta di credito al Corriere della Sera!
Lo sapevate?
Sappiatelo!
O, come si dice su Twitter, “Sapevatelo!”
Passiamo al caffè!
Una esperienza diversa invece è stata quella con l’ufficio clienti della Illy.
Vi ho promesso una pagina con due elementi fondanti della vita quotidiana al mattino: giornale e caffè!
Da qualche anno sono cliente soddisfatto della Illy.
Radical-chic, direte voi!
Ok vi concedo il punto.
Acquistai privatamente una loro bella macchina espresso per caffè di cui vado tutt’ora orgoglioso e sono diventato cliente dello shop telematico per la fornitura delle ricariche di caffè.
Servizio peraltro ineccepibile! Preciso, veloce, affidabile e cortese.
Ma pochi mesi fa, intorno al terzo anno la macchina mi diede problemi e chiamai il servizio clienti. La garanzia era presumibilmente scaduta. Tanto io non so se e dove ho conservato i documenti d’acquisto! Ma, con mio stupore, mi dissero che dei tecnici mi avrebbero contattato.
Mi sembrava fin troppo bello e in effetti non è andata così ma in un altro modo.
Nessun ufficio tecnico mi contattò mai.
Mi chiamò invece, per vie apparentemente indipendenti, l’ufficio commerciale che mi propose una promozione. Se mi fossi impegnato all’acquisto mensile di una minima quantità di ricariche mi avrebbero dato in omaggio una macchina del caffè.
Risposi che sì, la cosa poteva essere interessante ma avevo una macchina che mi piaceva, non era proprio il modello base (così credevo) ed ero in attesa di riparazione.
Immaginavo che quello in omaggio sarebbe stato un modello inferiore al mio. Mi sarebbe piaciuto mantenere il mio e li misi in attesa.
Passò qualche settimana. Dovetti riabilitare la moka che non amo e acquistare un barattolo di Nescafé che non mi piace…
Da ulteriori contatti risultò che non c’era traccia della mia richiesta di assistenza a cui, come presumevo, non avevo diritto.
Oggi dopo tre anni un piccolo elettrodomestico è semplicemente da sostituire.
L’avete capito o no?
Ora io l’ho capito ma ci ho messo un po’!
Che cosa era presumibilmente successo alla Illy? Elementare Watson!
Il call-center a cui mi ero rivolto non ha passato la pratica all’ufficio assistenza tecnica ma all’ufficio commerciale offrendomi una promozione.
A questo punto, capita l’antifona, mi rassegnai a sostituire la mia macchina rotta con quella che veniva offerta in promozione.
Al momento di concludere dovetti scegliere tra due modelli.
La mia era una di quelle due! Ed era disponibile in due colori.
Morta la nera che ho avuto scelsi con piacere la rossa che oggi ha preso felicemente il suo posto.
Che ve ne pare? Non mi intendo di queste cose ma la strategia di marketing della Illy mi sembra preferibile a quella del Corriere.
Un dilemma ancora!
Avevo già in bozza il racconto fino a qui quando, poche ore fa ricevo un omaggio da IBS da cui avevo appena acquistato due film ed un libro.
Mi veniva offerto un abbonamento gratuito di prova a Repubblica+.
La cosa mi ha divertito. Ma lo sappiamo tutti che le grandi testate cartacee hanno problemi di sopravvivenza.
Provo ad attivare la promozione, provo a ritirare il dono e mi imbatto in questa schermata.
Per riscuotere il dono devo dare i dati della mia carta di credito. Dalla padella alla brace, altro girone dell’inferno? Almeno gli abbonamenti attraverso iTunes che ho imparato a gestire.
Che fareste voi?
Entro il 5 settembre devo decidere.
Quiz di fine estate….
Dareste gli estremi della vostra carta di credito a Repubblica+?
Dedico questa pagina al mio amico in Twitter @Rosario Pipolo.
Lo conosco solo come twitterino, ma ho visto che scrive su uno dei siti di informazione e riflessione gratuiti che stanno popolando la rete: LINKIESTA.
È gratuito e trasversale, come IL POST o HUFFINGTON POST (meno trasversale il secondo).
Ma il principe, a mio avviso, di questa fioritura, il mio preferito, è stato ed è GOOD MORNING ITALIA.
Chiede due lire e, solo dopo un mese di prova ti chiede le credenziali della tua carta di credito.
Gliele ho date con piacere e al prossimo rinnovo diventerò sostenitore.
Con un sforzo minimo vale la pena di incoraggiare queste nuove forme di giornalismo.
Più efficaci e meno aggressive.
Pagare per essere lasciati in pace, no?
La morale di questa riflessione per me è abbastanza semplice. Sulla punta di un paradosso potrei affermare che oggi l’informazione te la tirano dietro!
Non è che è o dovrebbe essere gratuita o meno.
È che è spontaneamente dilagante.
Vorremmo pagare per non esserne alluvionati. Per essere lasciati in pace. Come si dice dell’antico medico indiano. Pagato solo se il paziente non si ammala.
Pagare per stare in pace.
Ma chi vuol stare davvero in pace?
A noi piace sempre tormentarci un po’ e in questa epoca non mancano le occasioni!
Che bell’inganno sei anima mia
E che bello il tuo tempo, che solitudine, che bella compagnia!
(Fabrizio de André)