Care amiche e amici, pazienti lettori,
per il secondo anno rinuncio a qualsiasi forma di augurio formale.
Il Natale c’è per tutti e a tutti è data la libertà di sacralizzarlo come crede.
La formula markettara della frenesia agli acquisti e regali, quella religiosa, quella esoterica.
Sinceramente mi sono tutte indifferenti. Non nel senso di squalificarle ma di concedergli quel tanto che riesco e che mi appare sensato. Date a Cesare…
In passato ho indicato qualcosa che mi appariva essenziale e che ancora conservo dentro di me. Insieme ad altro di carattere marcatamente intimo, biografico.
Ma non ho nulla di nuovo in proposito e ripetere mi apparirebbe noioso.
Non sono un pastore e non riesco a pensare i lettori come un gregge!
Cerco invece di decifrare il senso di quanto mi circonda.
Cerco nel quotidiano le tracce di un eventuale-essenziale depositato sul fondo.
Provo a vedere se le dodici opere esposte qui da una giovane artista possano funzionare come i semi delle dodici notti sante.
Quella delle notti sante quella si, è una narrazione che mi tocca sempre profondamente. Quella che indica le dodici notti tra il Natale e l’Epifania come il seme dei dodici mesi dell’anno avvenire.
Questa sì, resiste a tutto. Ai regali, alle credenze religiose alle interpretazioni esoteriche.
È una immaginazione potente che mi ricorda che il tempo dell’anno, quello delle quattro stagioni, non è solo un divenire ma ha anche una sua organicità. Non è solo una storia che si dispiega nel tempo. Non è solo un tempo orizzontale. È un tempo verticale che nasce a Capodanno.
Un organismo. Ha un suo seme e contiene già in sé il senso. Plasmato nel processo di gestazione nelle 12 notti.
Così forse non solo per il tempo dell’anno. Forse anche per il tempo della intera nostra biografia. Il cui seme giace già dentro di noi, ben nascosto nella camera del cuore. Quella che non apre mai nessuno.
Siamo al solstizio d’inverno ed ho già indicato, seguendo le indicazioni di Rudolf Steiner, come nel solstizio d’inverno termini lo sviluppo e il fissaggio delle immagini scattate d’estate. E uso volutamente termini della vecchia pratica fotografica.
Del resto la biografia è un film. Lo facciamo scorrere all’indietro nell’esercizio della revisione a ritroso della giornata prima del sonno. O, come indicano fonti bene informate, dell’intera vita vissuta, dopo la morte.
Quindi questo è il momento in cui gli scatti delle immagini estive penetrano nella profondità del cuore e portano i frutti che saranno il nutrimento dell’anno a venire. Il nutrimento necessario al compimento di nuove opere. Quelle che abbiamo fotografato nella vacanza, nel vacare estivo. Quando eravamo fuori dimora. Fuori di testa. Con la fotocamera al collo.
Secondo Susan Sontag, lo stereotipo del turista giapponese delega alla macchina fotografica, di cui il suo popolo è sublime produttore, il compito di fare l’esperienza che rimanda nel tempo. A quelle serate noiosissime in cui le famiglie proiettano le diapositive delle vacanze estive.
Venendo al mio quotidiano, attraverso cui mi esercito a guardare i grandi miti, mi sono ritrovato nelle vacanze di Natale e sfogliare il quaderno nero in cui ho appuntato temi ed immagini estive e mi sono reso conto che una minima parte di quegli spunti l’ho portato qui a compimento. Sviluppo e fissaggio. Mi tocca lavorare ancora, almeno fino a Pasqua.
Da una prima felice estrazione è nata la paginetta che sto preparando e che leggerete le prossime settimane.
Nel frattempo però, mi trovo per le mani gli scatti che l’impareggiabile amico e collaboratore Roberto Tani ha eseguito in occasione della inaugurazione della mostra di Barbara Santagostini (la trovate sorridere nella prima delle foto seguenti)
Nelle notti sante guardo attraverso il suo Diafanoscopio.
Che siano anche queste lo sviluppo e il fissaggio di quegli scatti estivi? Debitamente ma inconsciamente ottenuti. Che anche questi attraversino la mia “camera oscura” qualcosa vorrà dire. O forse c’è stato un pasticcio di pellicole…
[quote align=”center” color=”#999999″]La verità è che, con una videocamera o con la camera del cuore, non abbiamo mai una idea precisa di quanto stiamo fotografando. I fotografi lo sanno bene ma… la fotografia nasce per questo. Per interrogarci su questo indissolubile enigma.[/quote]
Vi offro queste immagini con tutto il cuore e vi ricordo che ancora per tutto il mese di gennaio resterà allestita la mostra e chi vuole-può è invitato a visitarle con le modalità già indicate qui!
Ancora una volta parlando di una mostra scelgo di mostrare più lo sguardo dei visitatori che non la riproduzione delle opere. Vi siete chiesti perché…?
Buon anno, se vi piacciono gli auguri.
Io preferisco mantenere la concentrazione, la poca che riesco, e continuare il mio lavoro come se un anno, spontaneamente, si cucisse al precedente.
Per ora solo qualche giorno in più al tutto della nostra biografia.
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