FourSquare

Isola della Giudecca
LEGGERE COME PERDERSI,
SCRIVERE COME RITROVARSI.
Parte terza.
Entrato nell’epoca dei Social Network, presa dimora nella Casa dei libri addormentati, posso rivolgere lo sguardo all’indietro.
Prima dell’epoca della videoscrittura mi era davvero difficile confezionare un testo. Impresa ascetica. Monacale o maniacale.
Ricordo la volta che, per confezionare una decina di paginette mi isolai per una settimana a Venezia, in un appartamento prestato all’isola della Giudecca. Primissimi anni 80.
Come io abbia fatto ad arrivare lì da solo con le mie sole stampelle, una carico di libri, carta e pochi oggetti personali… vi assicuro anche a me oggi appare un mistero.
I misteri più ardui, non ho dubbio, io li trovo in me stesso. In ciò che ho fatto. Non certo in ciò che non ho fatto, avrei potuto o dovuto fare.
Non è un mistero perchè io abbia fallito studi accademici o relazioni sentimentali e amicali, imprese culturali.
E’ un mistero, per me, come io sia riuscito quella volta ad arrampicarmi con due stampelle, diverse borse di bagaglio, su e giù da treni e traghetti al porto della Giudecca e fino all’appartamento di cui conservo solo vaghissima memoria.
Qualcuno, tra gli amici attuali, i più giovani e i più cari, coloro che credono che i semplici invalidi siano “diversamente abili” mi suggeriscono di crearmi un account su FourSquare. Dicono che è il caso che si sappia che, ciò che con affetto e tenera devozione chiamano “il professore” (me stesso medesimo!), si muove di qui e di là per seminari e conferenze.
A me, come sempre in questi casi, prima vien da ridere, poi brontolo… a chi volete che interessi che io sia stato a Reggio Emilia per una conferenza, in una piccola scuola vicino a Como venerdì prossimo, poi, l’altro martedì a Treviglio. Ad Erba, ad Alessandria….
Brontolo, ma poi, prima o poi lo farò. Secondo le mie regole di vita, ai giovani si deve obbedire.
Foursquare
Non potrò mai usare Foursquare per raccontare di quella settimana alla Giudecca.
Posso solo raccontarvelo come Eugene, lo scrittore parigino che insegue la sua Claire, in Fino alla fine del mondo di Wenders, riesce a fare. Digitando, in pieno black-out postnucleare, su una vecchia tastiera meccanica la storia dell’incantamento virtuale dell’amata. Solo così riuscirà a liberare Claire dalla tossicodipendenza da comunicazione virtuale. Quella che più o meno ogggi ci affligge tutti.
Mi spiace non trovare su You Tube la scena inerente. Oltre al trailer già linkato posso offrirvi solo questo spezzone di testimonianza dell’autore.
Detto questo, valuterò di crearmi un account su FourSquare, imprimendo un nuovo giro alla spirale che mi avvince, che mi avvita al nostro amatissimo social network.
Dopo tante argomentazioni, mi resta forse solo da concludere la mia tesi: perchè leggere è come perdersi e scrivere come ritrovarsi?
(Continua)

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