La pagina che vi affido,non senza una qualche apprensione, è una storia che alberga nella mia mente e nel cuore da almeno dieci anni. L’ho concepita nel primo bagno che ebbi occasione di fare in una piscina termale. Da allora le terme son diventate per me oggetto di salutare dipendenza. La follia che pervade questa pagina ha radici e percorsi ben precisi tra i rami dell’albero delle pagine che amo e a cui tengo di più. Per un verso riprende il tema dell’invalidità che ho già affrontato qui http://francescopazienza.it/dell-invalidita/. Per altro verso costituisce una esercitazione nella sublime arte (nella quale son men che principiante) della fanta-antropologia. Di una antropologia follemente e felicemente immaginaria. Ne ho prodotto qualche esempio in Una riforma sociologica http://francescopazienza.it/una-riforma-sociologica/. Ma anche nella serie Piccoli furti. Tre pagine che si concludono qui. http://francescopazienza.it/la-restituzione-del-dono/Forse anche Le scarpe http://francescopazienza.it/scarpe/, altra pagina tra le mie preferite, ha attinenza con tutto questo. Con tutta quello che mi appare una salutare follia! Solo la presenza dell’impareggiabile amico e collaboratore, maestro Roberto Tani (www.robertotani.it) avrebbe potuto accompagnare con immagini la cecità del mio testo per arrivare fin qui. Non mi appare mai sufficientemente ringraziato!
Appartengo alla schiera di coloro che vengono comunemente definiti invalidi.
Invalido mi sembra un termine onesto.
Ma la gente si fa un sacco di problemi.
Da una parte o dall’altra.
Prima hanno detto che non andavano chiamati invalidi ma handicappati.
Poi si sono accorti che forse era meglio parlare di portatori di handicap.
E non chiamiamoli disabili. Altro termine peraltro onesto.
No!
Parliamo di diversamente abili.
Tutto questo minuetto nasconde dio-sa-cosa.
A me irrita parecchio.
Premetto una cosa.
Io sto con gli spartani.
Gli invalidi, gli storpi, vanno gettati dalla rupe Tarpea.
È la soluzione migliore all’increscioso inconveniente di essere nati.
Ma ovviamente parlo per me e dirne di più vorrebbe dire abbandonarmi a confidenze che non intendo prodigare.
Sono solo molto irritato da quel minuetto verbale.
Ho il privilegio, quando sono in piedi, con le mie stampelle, di non potermi permettere disattenzioni. Devo prestare attenzione a dove e come metto i piedi.
Voi per questo dovete attraversare la città per visitare la sala di meditazione di un maestro Zen. Magari improbabile.
Un maestro per imparare a guardare dove mettete i piedi! Un maestro per imparare a respirare?
Cosa volete che me ne faccia dell’accesso facilitato ai vostri mezzi pubblici? E perché mezzi? Chiedo l’intero.
Sono anche contrario alla esortazione. A sollecitare o reclamare buone azioni di cui diffido.
I miei desideri sono impetuosi e travolgono facilmente resistenze e aspettative del prossimo.
Desidero una cosa abbastanza semplice e radicale.
La indico con una esortazione perentoria.
ALLAGARE MILANO!
Avrei il privilegio di arrivare tranquillamente in piazza Duomo a nuoto.
Sì, avrei il coraggio e il piacere di farlo!
In acqua io non sono più un disabile.
Quando faccio il bagno al mare d’estate tutti si stupiscono di quanto mi allontani da riva.
Mentre voi, a riva, giocate a palla e vi spruzzate!
Oppure vi specializzate nel sub o nella vela. E ne sfoggiate l’attrezzatura.
Qui io sono inchiodato alla terra e alle leggi del peso.
In acqua mi sento libero.
Ovviamente mi sento ma non lo sono.
Nessuno è libero. Per quel dannato inconveniente che ci accomuna tutti.
Abili e disabili: lasciatemelo ripetere: l’inconveniente di essere nati!
Siamo tutti invalidati da questa condizione.
Davanti a questo inconveniente io ho il privilegio di poter prendere il largo nuotando mentre voi siete costretti alla Metro. Il trasporto sotterraneo. Non bastassero i mezzi di superficie… un tappeto mobile che vi sprofonda ancora di più giù, in un sottosuolo che non garantisco fertile. Ci si trova poi sempre qualche anticaglia.
Io percorrerei a nuoto quella che ancora chiamano la cerchia dei navigli.
Si partirei da lì.
Da quella nostalgia della cerchia dei navigli che renderebbe Milano più simile ad Amsterdam.
Ma io sarei anche più radicale.
Renderei Milano più simile a Venezia.
Salire in gondola o vaporetto vuol dire, per voi, non perdere i piedi per terra.
Meglio bagnarseli i piedi.
Io vado a nuoto.
Ci vediamo all’attracco del canale che sarà diventato via Torino. Voi dalla stazione del metro linea rossa.
E così concludiamo.
Non fatevi sensi di colpa a gettare i disabili dalla rupe Tarpea!
Sono uno psicanalista e posso guarirvi io-stesso dal senso di colpa.
Così state in pace e lasciate in pace anche me.
Io mi pongo in salvo a nuoto. Mi salvo da solo. Senza salvatori.
Qualcuno poi magari mi trova in un cestino e mi rimette al mondo.
Che sfiga sarebbe!
Rientro nell’elemento da cui siamo venuti.
Le acque materne in cui dimoravamo prima del grande inconveniente.
Quello di essere nati.
Così risolverei l’inconveniente che ci invalida tutti.
Ma andate tutti a fare un bagno!
2 pensieri su “Allagare Milano! Fanta-antropologia militante”
Caro Francesco, ci vediamo in Via Torino!!
Per il momento gustiamoci con saudade il sogno http://www.mostramilanoacqua.it/
Grazie Claudio!
Cercherò di vedere la mostra che ci segnali!
Un abbraccio!