Caro lettore, paziente lettore,
ritorno a te con una impressione imbarazzante.
Quella di un padrone di casa, di un ospite in senso greco, qualcuno che ospiti.
Un ospite che si risvegli un mattino e si renda conto di essersi addormentato la sera prima mentre gli invitati, ospiti anch’essi, nel rito ospitale, erano ancora in casa.
Diversamente da quello spot, popolare qualche anno fa, in cui degli invitati si svegliavano in una casa sconosciuta chiedendosi di chi era la festa.
Una situazione di sapore postmoderno.
Riguardiamolo insieme!
Ma l’ho vissuta al contrario. Ero io che mi svegliavo al mattino e mi rendevo conto che gli ospiti ormai se n’erano andati ed io non li avevo salutati come si conviene.
Il teatro e il cinema mi hanno insegnato molto, in questi mesi. Lo saprete dal racconto dei miei sogni estivi.
Uno dei fulcri della mia vocazione a scrivere e a raccogliere le mie paginette all’insegna di un blog è la riflessione sulla qualità del tempo.
Il mio primo blog si intitolava “Nella curva del tempo” e non è più on-line da tempo.
Quando è stato creato il secondo tutto è vi confluito, grazie alle “mani pietose” di Mariangela Lecci che tutt’ora ci accompagna. Buon anno di lavoro, Mariangela e grazie di esserci ancora.
Il secondo titolava “Vertigne del tempo“. Non sto a commentare quanto si commenta da solo. La curva che diviene vertigine.
Nell’attuale struttura del sito, “Vertigine del tempo” è una delle categorie e “curva del tempo” uno dei tag essenziali.
Che cosa significa per me riflettere sulla qualità del tempo?
Significa meditare il mistero secondo cui il tempo scorre, per un verso ripetendo movimenti circolari costanti, per altro imprimendo a ciascuno un significato differente.
Per tutta la nostra biografia, marzo ha portato la primavera. Ma ciascuna delle diverse primavere vissute è stata una primavera a modo suo.
La primavera di un bambino non è la primavera di un vecchietto o quella di un uomo di mezza età. Il numero di primavere è sinonimo di quantità di anni vissuti.
Quella di una donna o di un uomo. Di un “servo” o di un “padrone”.
Eppure la primavera è sempre la stessa, il sigillo di un equinozio.
Un movimento nella respirazione del corso dell’anno che vede i solstizio come apoteosi di una inspirazione o di una espirazione. Un respiro lungo un anno.
Modello spesso evocato che ci proviene dall’indicazione della Antroposofia steineriana.
Ma, tornando all’ospite addormentato, lasciarsi sopraffare dall’incantamento estivo è la cosa più tipica della qualità del tempo nel solstizio d’estate.
Quel momento in cui ciascuno di noi, volente o nolente, viene catapultato in uno stato di “vacanza“.
Nel mese di giugno mi sono addormentato alla presenza degli ospiti che se ne sono andati e sono scivolati in “vacanza”.
Abbiamo mai riflettuto sull’etimologia di questa parola? Eccola. Viene dal verbo vacare. Essere vacante. Non esserci più. Non stare. Vagare. Forse sognare.
Vivere una estate è sprofondare in una coscienza sognante.
Attraversare un deserto. Non si sogna che da soli.
Gli incontri estivi non sono reali. Sono immagini di un sogno da cui ci si risveglia a settembre.
Resta da osservare come i sogni dell’estate plasmino il destino della vita sociale.
Pochi vanno in vacanza coi compagni di lavoro.
I sogni dell’estate plasmano il destino dell’anno sociale.
Come le notti di Natale quelle della vita intima.
Vi racconterò i miei.
Voi ripensate ai vostri.
Ci incontreremo presto e più spesso.
NB Lo scatto di copertina è mio. Il maestro fotografo, Roberto Tani, era però presente alla scena. Al di qui dell’obbiettivo. Non ha dato consigli. Altrimenti sarebbe in bianco e nero! Le rive sono quelle del fiume Adda a Brivio.
2 pensieri su “L’ospite. E la psicologia della vacanza”
L’estate è veramente il tempo utopistico in cui si proiettano e si concentrano i sogni di un anno di fatiche.
Leggere quel libro, vedere quell’amico, visitare quel luogo.
Fare sport. Riposare.
Conoscere qualcuno di nuovo. Trovare l’amore, vivere un’avventura.
Il tempo si dilata magicamente, come se le vacanze fossero ancora quelle della nostra infanzia, da giugno a ottobre.
Alla fine nulla si realizza concretamente: dal sogno ci si può solo risvegliare.
Con un anno in più rispetto al precedente risveglio.
Uno in meno da passare sulla terra.
Si ricomincia nuovamente, il primo settembre è il capodanno dei lavoratori.
Tutto riparte come ogni anno.
Si ricomincerà presto a fantasticare sulla prossima estate.
Grazie Aldo, e ben tornato! Forse perché siamo coetanei ma anch’io provo un sentimento di sollievo. Un altra estate “smarcata” buon cammino verso l’autunno! E buon capodanno a tutti i lavoratori!