Le smanie per la villeggiatura. Antropologia della vacanza

L’amico, il paziente lettore e lettrice, avrà forse pensato che, come un anno fa, io mi sia addormentato senza salutare gli ospiti perdendomi nella vacanza estiva.
Non è così. Almeno non del tutto. Pur vagando e vacando, lo sforzo di essere presente al presente è sempre lo sforzo che sorregge la mia esistenza e la sua ricerca di senso. Vi offro questa lettura-riflessione sul concetto di villeggiatura.

Dalla grotta di Prospero. Prosperità e de-crescita (Solstizio d’estate 2016)

Solstizio d'estate 2016

Non è la tempesta, i venti apocalittici che ci spaventano. A questi ci stiamo abituando. La grande opera che ci viene chiesta e di lasciare andare sé stessi! Un anno fa, sulla scena, ho raffigurato me stesso nell’esercizio della mia professione. Alle soglie del solstizio d’estate mi sorprendo a considerare che in quei giorni mi troverò felicemente coinvolto di nuovo in una impresa teatrale. Questa volta però mi è stato chiesto di interpretare il ruolo di Shakespeare in persona. Per fortuna uno Shakespeare un po’ stordito!

La casa dei libri addormentati

La casa dei libri addormentati

LEGGERE COME PERDERSI, SCRIVERE COME RITROVARSI. Parte prima. Da molti anni medito su come spesso leggere mi appaia come un modo di perdersi, scrivere come un modo di ritrovarsi. Leggere e scrivere, allontanarsi o riavvicinarsi a sé stessi, risultano allora atti respiratori analoghi all’inspirazione o all’espirazione.

Meditazione dinamica

Meditazione in 5 step

L’estate, malgrado solo in estate molti meditanti possano fare un ritiro, non sarebbe il momento più adatto al lavoro interiore. In estate si vive “fuori” e non solo di testa 😉 mentre l’introspezione è più facile d’inverno.

L’Angelo di San Pietroburgo

Angelo di San Pietroburgo

Questa nota non costituisce la continuazione, ma l’antecedente di quella già pubblicata col titolo “Sala operatoria”. Mi è necessario partire da un ulteriore antecedente senza del quale la narrazione di oggi non assumerebbe la prospettiva voluta. Lezioni di pianto Da bambino e ragazzo sono stato rimproverato di “avere un cuore di pietra”. Mi sono sentito colpevole di non avere pianto davanti al primo film a cui assistetti in vita mia: “Bambi“. Ma che dire… era la prima volta… forse guardavo la sala, i giochi di luce. Forse non ero ancora pronto anche se tutta la sala versava calde lacrime. Pochi anni più tardi non ho pianto, quando mio padre è stato in punto di morte! Però sono indelebili i ricordi e le frasi, gli scrollamenti di capo dei medici che andavano e venivano da casa nella notte di un 14 luglio. I ricordi abitano pur sempre in quella che Dante definisce “la camera segreta del mio cuore”. La camera oscura, direi io. Non ho pianto per le prime, laceranti, delusioni d’amore. Oscuravo solo completamente la camera, appunto. Non vedevo proprio niente. Nessuna luce. Non ho pianto quando, nei miei 30 anni, mio padre è morto improvvisamente dopo avermi detto cose misteriose e terribili a pranzo. I giorni della morte aleggiava nel terremoto d’Irpinia. Fu solo verso i 35 anni che sono riuscito a versare lacrime calde e commosse in una circostanza che, per quanto ci abbia lavorato tanto in sedute di analisi e meditazione, mi resta tuttora abbastanza misteriosa. Nel 1985 ricevetti a in Svizzera l’iniziazione di Kalaciakra conferita da sua santità il Dalai Lama. Come credo la maggior parte dei presenti non ne capii un accidente. Caldo continentale di agosto. Nella campagna intorno a Winterthur. Tendoni bianchi, enormi, soffocanti, prime ore del pomeriggio, interminabili giri di traduzioni in almeno […]