Desideri. Ricominciamo da qui. Riprendo il colloquio con i lettori dopo l’interruzione pasquale. Speriamo che davvero sia un colloquio. Che lo sia stato sempre. Solitamente definisco i miei post paginette. Per Pasqua so di aver scaricato ai miei lettori un paginone.
Sono forse sprofondato in un soliloquio che del colloquio ha avuto ben poco. Anche se ho avuto qualche testimonianza di attenzione.
Sono sprofondato in qualcosa di ciò che, tra le categorie che ho creato nel sito, ho definito la VERTIGINE DEL TEMPO. Significa per me tante cose. Anche quel movimento grazie al quale, attraverso lo scorrere del tempo, cerco di pensare da tanti anni.
Credo che un domanda vada ripetuta infinite volte e debba, possa sopportare tante, forse infinite, risposte diverse. Risposte che non si escludano l’una con l’altra. Che non si elidano algebricamente in ossequio al principio logico di non-contraddizione.
Ho già tessuto in questo senso l’elogio della contraddizione.
La Pasqua, il mistero pasquale è una di queste domande. Forse la più abissale.
Ma per farmi perdonare la “scivolata” vorrei oggi restare più in superficie e mostrare come la stessa vertigine possa assalirci in altro modo. Quando meno ce lo si aspetta. Nella vita quotidiana di ciascuno. Nella vita di ogni giorno.
Ieri era una giornata piovosa. Ero stanco. Volevo riposare. Dovevo comunque assolvere qualche dovere. Qualcuno dice che forse il riposo e lo svago consista nel variare l’attività.
Sapevo poche cose di ciò che volevo fare. Ma ciascuna di queste era in conflitto con le altre. Non sto a raccontare come e perchè. Accade a ciascuno di noi.
In questi casi vince sempre una delle ipotesi più sgradevoli che comunque accontenta un maggior numero di esigenze. Le soddisfa tutte male, ma tant’è! Precipitati dal giardino dell’Eden ormai non ci resta che questo piccolo mondo e insoddisfacente.
Credo di aver già evocato l’immagine di una cosa che trovo davvero orribile: il Centro Commerciale. Lo dico senza snobismo, come sto dichiarando, mi piego e capita che lo frequenti. Qualche volta è stato anche piacevole. Raramente, ma lo è stato.
Quelle volte in cui ti compiaci di lasciar plasmare i tuoi desideri dalla semplice offerta del mondo. Le volte che ti sei sentito buono. La volta che il dottor Faust ha incontrato Margherita.
Solitamente basta il supermercato dietro casa per indurre la vertigine. E si tratta di una dei primi esercizi aperti da una grande catena. E’ una delle sue creazioni più piccole. Solitamente mi basta quella. E avanza.
Ma guardiamo tutto questo più da vicino.
Il centro commerciale è un luogo in cui mi sento sempre più orribile del solito.
Guardando le persone però mi accorgo che quelle persone che normalmente giudicherei brutte sono più belle. Più presentabili. Più umane. Forse le luci al neon aiutano. Certi trucchi, certi abbigliamenti che alla luce del sole appaiono improbabili, in quel contesto di luce fredda, di specchi e di lucidità ossessionanti, acquistano quella dimensione dell’orrore che può sedurre.
Strano meccanismo. Andrebbe indagato meglio.
Ma è solo l’anticamera dell’orrore e della vertigine che mi assale in questi casi.
Il motore comincia a cantare quando ci si addentra nel cuore del centro commerciale.
Si, anche i centri commerciali hanno un cuore.
Non lo sapevate?
Il Mondo chiama lo sguardo. Le cose chiedono, a volte implorano di essere guardate.
Anche le cose han bisogno del nostro amore. Della nostra attenzione. Una carezza che fa crescere anche per loro!
Infatti sto parlando con amore di qualcosa che mi fa orrore.
Troppo semplice amare solo ciò che ci piace!
Ma torniamo al cuore del centro commerciale che solitamente è costituito dal un supermercato maggiore intorno a cui gravitano varie boutiques.
E’ questo ad offrirci le emozioni più forti. La vertigine maggiore. Identica comunque a quella che provo al supermercatino dietro casa.
Per quanto semplici possano essere i desideri di qualcuno, la risposta è una mostruosa gigantografia. Una mappa estesa di tutte le possibili risposte tra le quali la cosa più ovvia, per un individuo come me, è perdersi.
Ah, l’arte di perdersi va esercitata con scrupolo. Me l’ha insegnato Walter Benjamin nell’incipit di “Infanzia berlinese”.
Vuoi un formaggio o uno yogurt. Si, ma come lo vuoi? Normale, light, di mucca, di capra, di soia. Con che sapore. Biologico, normale o Naturama? Preferisci i prodotti economici o le marche più note. Non sempre garantiscono nulla.
E dentro il cuore si apre un talk-show in cui diversi personaggi sostengono le teorie più disparate.
E tutto avviene nel tuo cuore che così è costretto a dilatarsi a dismisura.
Sarà davvero un cuore grande. O solo un cuore ingrossato che non promette nulla di buono?
Difficile rispondere. Non ho suggerimenti in proposito. Ognuno deve vivere a modo suo.
In mezzo a questi pensieri che affollano il cuore e la mente mi viene il dubbio di essere davvero capace di pensare. Davvero ho una opinione e le mie opinioni sono ben fondate?
Mah, meglio non indagare troppo.
Di solito però a questo punto di un processo interiore che conosco perché lo osservo da anni, avviene la svolta decisiva.
E’ una voce che sovrasta tutte le altre e ha quasi sempre la parola decisiva.
Dice: ma davvero di questo hai bisogno?
E proseguo la mia passeggiata nel labirinto cercando di guadagnare l’uscita.
Forse posso far a meno di quel prodotto e tutto sommato esco con sollievo quasi sempre con poche cose.
Certo ne dimentico sempre qualcuna. Ma questo fa parte delle regole del gioco. Altrimenti il cliente non ritorna.
Ieri sono stato soddisfatto della mio attraversamnento del deserto. Della mia visita al centro commerciale che comunque mi ha somministrato angoscia a larghe mani.
Ho sgranocchiato una focaccia ripiena (mozzarella e vedure) orribile. Per non dover cambiar ricetta per almeno 365 giorni conteneva di tutto. Tutti i gusti e tutte le stagioni. C’erano frammenti di broccoli ma anche melanzane e peperoni. Quel pizzico di pomodoro che fa tanto mediterraneo. L’immancabile cocuzza. L’amata zucchinetta e qualche pezzo di fagiolino. Della mozzarella una fotocopia sbiadita.
Anche questa focaccia chiede di essere amata. Magari non necessariamente mangiata.
Tornato a casa però il bottino che mi era apparso misero alla luce del neon ha guadagnato qualcosa. Le cose erano contente di essere state adottate da me. Erano stufe di quella luce al neon!
Un bollitore rosso, un bagno schiuma Coloniale di Atkinson e una crema idratante profumata dall’erboristeria.
La cosa che mi è più difficile confessare è la bustina di noci. Biologiche, ma già sgusciate.
So che non va bene. Che il guscio protegge ed è meglio sgusciarle al momento, ma… Per buttarle nella macchina del pane son tanto comode.
E poi non si possono risolvere i problemi del mondo in una volta sola.
Nemmeno tutti i filosofi ci sono ancora riusciti!
Per farmi credere offro l’immagine del bollitore rosso!
Forse anche per essere certo di non aver sognato!
4 pensieri su “Vertigine dei desideri”
Sono appena reduce dalla spesa al supermercato. La roba è lì per invogliarti, tanti sono i meccanismi mentali che ci sono dietro. Ho speso 95 euro ed ora ho il frigo pieno: verdure in sacchetto possibilmente già lavate e un paio di quelle focacce di cui parlavi. Poi qualche oggetto "utile" anche se a buon mercato, una azalea che promette bene e che non so dove piantare in un giardino di 25 mq già pieno di piante … tante volte mi chiedo se tutto questo mi serve… ma a fine settimana il frigo è quasi vuoto e quindi penso che servano. Ma la qualità del cibo e la quantità mi assillano sempre.. visto che siamo ciò che mangiamo. Non so neanch'io perchè si è presi da una compulsione. Penso sia per i meccanismi che ho già citato che sono comunque energia. E poi, siamo davvero attenti ai prezzi o piuttosto ci affidiamo dopo una considerazione iniziale di scelta di dove andare a spendere meglio i nostri pochi soldi? (questo vale per me, stipendiata statale). Ma! A volte penso che sarebbe meglio approcciare questi posti con una armatura animica. Discernere è sempre problematico e alla fine, hai ragione, resta sempre un sentimento ambivalente: una sensazione di liberazione quando finalmente esci e una di sconfitta per esserci lasciati sedurre in misura eccessiva… Tant'è. Ormai la spesa è in frigo e i soldi son spesi. Speriamo di non dover eliminare cibo scaduto!! Vertigine del tempo, vertigine della scelta che con esso ha uno stretto legame. Grazie per questa riflessione e un caro saluto.
Wauw… che vertigine!… Una scena da thriller… anch’io provo lo stesso “piacevole disagio”.
Mi rendo conto che, quando entro nel cuore del centro commerciale, sono carica di aspettative… la cosa è, di per sé, sbagliata, si sa che non bisogna crearsi aspettative… ma come resistere a quel sogno ad occhi aperti, a quella possibilità (remota) di trovare qualcosa di nuovo e soprattutto di utile.
Eppure, lo confesso, anch’io cerco e ricerco, leggo le etichette, confronto, mi immergo in mille lucubrazioni, che mi avvolgono, mi portano lontana dai pensieri quotidiani.
E’ forse per questo motivo, che nelle giornate, in cui la spesa non è indispensabile andare a farla, che si ritrova una folla intenta a guardare a destra e a sinistra… percorrere e ripercorrere le corsie con la testa che s’agita in su e in giù, da destra e sinistra, e gli immancabili occhiali appesi al collo… che, alla bisogna, si inforcano faticosamente.
Qui siamo accumunati, finalmente un luogo dove tutti sono alla ricerca di qualcosa. Che sia utile o no…, non conta.
Ci sentiamo più umani perché sappiamo che il dado vegetale che sino a ieri si trovava sullo scafale posizionato nella terza corsia… oggi non c’è più… Lo cerchi con ansia, ti guardi in giro e vedi donne, uomini e ragazzi con lo stesso tuo sguardo smarrito.
La domanda che si pongono: “Dove l’avranno spostato sto dado”? esce a forma di nuvoletta… ed aleggia sopra le loro teste, proprio come nei fumetti.
La tensione che provo, allora, si allenta e mi ritrovo a sorridere e se sorridi ti accorgi che anche gli altri, che ti incontrano…, ti sorridono!
Certo, c’è sempre l’eccezione … , ma fa parte del gioco, il gioco della vita, della comunità.
Sapessi come odio vedere quelle persone che arraffano i prodotti dagli scafali e li buttano, a casaccio, nel carrello…
Provo dolore, resto angosciata da questo approccio al prodotto. Cosa ti ha fatto di male per trattarlo così? Se non ti va di comprarlo… lascialo lì, ad attendere un’altra mano, magari più gentile e consapevole…
Noto che gli stessi sono poi quelli che arrivano alla cassa e si accorgono di non aver acquistato il tal articolo o di aver preso qualcosa al posto di altro… e se ne fregano di far aspettare chi è in coda… ecco che, in questi casi, si rivela l’animo insensibile…
Si potrebbe fare il ritratto della personalità di chi acquista, osservando, oltre al tipo di prodotto scelto, anche e soprattutto da come ripone i suoi acquisti nel carrello della spesa.
Il supermercato o il cuore palpitante (di gente) del centro commerciale è un termometro, è una lente di ingrandimento, è la vita in diretta… siamo NOI!.
Non mi soffermo sull’argomento “luci al neon”, esse rappresentano, per me, una vertigine… a prescindere che si trovino in un centro commerciale, in una stazione, in un ufficio postale o in altro luogo.
Esse permettono solo di dire: “ecco, siamo tutti visti sotto la stessa luce”.
Caro Francesco, scusa lo sproloquio… ma lo sai… le tue riflessioni mi stimolano sempre e talvolta provo questa malsana compulsione… quella di scrivere ciò che io sento e vorrei far conoscere agli altri…
Non è vanità, vorrei trasmettere loro la voglia di apprezzare e vedere in modo diverso, almeno per una volta, quello che solitamente viene trascurato o vissuto con angoscia: “Oh… no… oggi mi tocca la spesa…” Forse, è nel tipo di approccio l’arcano… che ci conduce ad amare o ad odiare la frequentazione di questi luoghi.
Ancora grazie, Francesco, per ciò che ci dispensi…
Un abbraccio Manuela
Cara Manuela, cara Alessandra, ma mi rivolgo anche ad altre persone che su FB o anche privatamente hanno commentato questa paginetta.
Ho dichiarato di averlo scritto imprimendo alla mia scrittura un taglio differente, dopo il paginone di Pasqua.
Vi confesso che la notte precedente la pubblicazione ho dormito male nutrendo dubbi sulla possibilità che venisse inteso.
Invece al mattino sono stato felicemente sorpreso dai molti e sempre pertinenti commenti.
Ho pensato allora che la mio tentativo aveva avuto un senso.
Ho comunciato a riflettere su ipotesi di come rilanciare queste riflessioni anche in modo più interattivo.
Come spesso accade però in questo momento dell’anno ho dovuto dare tregua alla mia attività.
Ho dovuto prendere un momento di riposo, per quanto il mal tempo me l’abbia concesso.
Mi son poi sentito incalzato dal desiderio di scrivere, con taglio forse analogo, qualcosa sul lavoro in occasione del primo di maggio.
Oggi è la festa dei lavoratori e la sto trascorrendo interamente al computer a occuparmi di tutto questo.
Ho scritto diverse pagine sul lavoro che, con gran disappunto da parte mia, usciranno a puntate. Forse tre, a partire da dopodomani.
E’ mia intenzione poi riprendere il filo di riflessione iniziato sulla coscienza ai desideri, agli acquisti, ai consumi.
Ai frigoriferi troppo vuoti o troppo pieni.
Alle merci in scadenza e alle luci ed ombre delle luci al neon nei centri commerciali.
Accettate pertanto il mio saluto, il mio ringraziamento e la mia richiesta di attendere con pazienza il seguito di qualcosa che, grazie a voi, lavora già dentro di me.
Grazie davvero di cuore dell’attenzione
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Piove.
Io e Sandro siamo rimasti a casa, mentre i nostri fratelli sono andati a pranzo con i loro rispettivi amici.
La mente è piena di incertezze sul futuro che ci aspetta, siamo nervosi, fuori dal mondo.
Ci viene a trovare Salvatore, ci porta un vecchio ferro di cavallo, ci fa ridere e sperare.
Adesso fuori continua a piovere, io leggo notizie e la "vertigine dei desideri" di Francesco, Sandro è in magazzino ad incidere frasi sul legno d'ulivo.
I centri commerciali sono lontani, anche se so che dovrò entrarci. Prima o poi.