Non ho mai creduto ad alcuna psicanalisi dell’arte. E’ l’esercizio dell’arte piuttosto ad avere incontrato la psicanalisi nel cammino del lavoro interiore.
Ciò che provo a proporre in questa pagina sono riflessioni intorno ad un evento, una mostra di pittura appena conclusa.
Di Arianna Ianua potete trovare qui qualche immagine d’opera.
Ciascuno di noi, artista o meno, credo che possa essere decifrato dalle domande che pone. I conflitti e le contraddizioni che espone. A cui si espone. Molto più che da eventuali risposte o soluzioni. Sempre più o meno stabili o probabili. Già in Elogio della contraddizione c’erano riflessioni in proposito
La domanda è più umana. La risposta divina. Oracolare. A meno che la risposta non la si scolpisca in noi stessi. Non sia conquistata frequentando la bottega dell’artista. Meglio ancora l’artigiano. Quel laboratorio del lavoro interiore.
Da quando Dio è morto, ciascuno è sempre più chiamato a confrontarsi con il lavoro artistico come paradigma del lavoro interiore.
Il lavoro di Arianna Ianua si è sviluppato in questo campo. La sua vocazione si è temperata al sole e al vento di questa esigenza. Esigenza che viene avvertita come una urgenza. Urgenza di rispondere alla domanda madre dell’inquietudine. Ai morsi del disorientamento. Terror panico costruttore di nuove, indite forme del sacro.
Chiedersi davanti ad ogni percezione “Dove sono?” “Dove mi trovo?”.
Posta questa domanda a fondamento del suo percorso artistico ogni opera potrebbe riconoscersi come il diagramma di una caduta. Calcolo balistico di una precipitazione. Tutte cose di cui si è occupato l’ing. Wittgenstein. Appare come il Socrate dell’epoca post-moderna. Si è occupato di logica, di immagini, parole, silenzi, essendosi formato alla facoltà di ingegneria, esperto di traiettorie del volo e della caduta.
Ma viene in mente anche il terrore di Alice. A quale profondità sono ascesa? A quale altitudine sono precipitata.
Qualcuno, forse Holderlin, mi pare che sia Heidegger a ricordarlo. Ma non c’è più tempo per verificare le fonti. Epoca esplosa di verifiche improbabili… Diffidare innanzi tutto di sé stessi.
Qualcuno lo ha già detto. “Si precipita sempre ad una certa altezza”.
E’ questo lo scarto su cui Arianna indaga. Buscandosi la salvezza. Trovando il filo, la promessa inscritta nel suo nome. Ogni nome è uno scherzo del destino! Se penso al mio…. Così dipanando quel filo Arianna guadagna ogni volta una sua uscita di sicurezza dal labirinto in cui comunque ama abitare. Che è il suo abitat naturale. Se preferite non avere alcun “horreur du domicile” (topos Chatwiniano), cancellate il suo nome dalla vostra rubrica. Tanto ritornerà come Alice. Fate un po’ voi.
L’indagine di Arianna/Alice è visibile in ogni opera. La sua immagine vi compare sempre perché la domanda essenziale è sempre e giustamente, dove si trovi lei. Dove collocarsi? Ciascuno può chiederselo solo per se stesso. Nella solitudine in cui siamo intessuti.
Si cura solo con le proprie ferite (Jung). Il disorientamento di Ari-Alice è un dono alla nostra capacità di orientarci con strumenti meno stupidi e di quelli adottati dal navigatore di bordo. Il Tom-Tom-Go è crudele e triviale. Stupido e cattivo, come Pasolini definiva i giovani contestatori piccolo borghesi.
La computisteria di Arianna è pietosa, umile, compassionevole di sé e della sacralità delle cose. Spesso commovente. Insieme alla sua immagine appaiono gli oggetti superstiti della percezione. Residuati, ripescati compassionevolmente dal naufragio della memoria.
Salvagente, scialuppa di salvataggio nel mare magnum, nella tempesta inevitabile. Inarrestabile apertura al percepire. Condizione tragica di una umanità condannata alla percezione. Maledizione dell’ esperire. Se solo quella mela non fosse stata mangiata. Ma Arianna ne mangia una ogni mattina.
Pazientemente ogni volta la sua meditazione traccia proiezioni, linee di connessione e di fuga tra immagini, oggetti, parole, concetti. Ogni costruzione della mente è esposta alla possibilità di controllo di ciascuno. Sublime questa tra le illusioni che la sua opera ci propone.
Sublime illusione. Arianna, Alice, Maya: costruttrice di mondi, costruttrice di llusioni.
Non siamo più bambini ma fingiamo tutti di poterci controllare a vicenda mentre cerchiamo di capire. Ciò che forse non sappiamo è che siamo condannati a produrre continuamente carte false.