È tutta la vita che fonti ben informate mi garantiscono che, al momento giusto, le cose ci vengano incontro senza alcuno sforzo.
Proust insinua il dubbio che addirittura il nostro desiderio complichi il cammino in questo senso.
All’inizio, quando sei giovane provi a crederci ma non serve a niente.
Poi dopo tutte le fatiche della stramaledetta “maturità” si comincia a dubitarne.
E dubitarne è sacrosanto. Il dubbio è il costruttore, il plasmatore incessante, della capacità di pensare individualmente.
Amleto docet.
Questa annunciazione mi ha sorpreso, dopo tanti anni, felicemente alle spalle.
È una sensazione sorprendente e piacevole.
I miei amici “steineriani” dicono che gli angeli, i custodi, sono vicini ai bambini e agli anziani.
A coloro che non sono ancora e a coloro che non lo sono più, compiutamente.
Così gli angeli si ritirerebbero nell’età della maturità. In quella fase ciascuno deve vedersela da solo. Deve usare solo le proprie forze. Niente angeli, nell’attraversamento del tunnel.
Questo pensierino introduttivo per raccontare come, lungo tutta la stesura, la preparazione, fin nella conclusione del mio libro “Metamorfosi della relazione Padre/Figlio”, io mi sia chiesto se stessi componendo un saggio o una sceneggiatura teatrale o cinematografica.
Mi son tenuto il dubbio e ho accompagnato il libro a pubblicazione come ho potuto.
Ma proprio nelle ultime settimane, grazie all’invito della mia amica Fabrizia Rondelli, ho assistito alla rappresentazione teatrale dell’”Amleto-Off” per la regia di Paola Giacometti.
Ho subito pensato che quello fosse lo stile nel quale una ripresa teatrale del mio testo fosse possibile o almeno pensabile.
Decisi di inviare una copia del libro, appena disponibile, a Paola Giacometti. Accompagnato da una “letterina” di presentazione.
Paola, di cui ancora solo intuivo lo spessore umano e professionale, ricevette la copia poco prima delle vacanze di Natale e nelle prime settimane dell’anno nuovo, mi telefonò scusandosi del ritardo.
La sua prontezza d’animo e la sua professionalità hanno sviluppato la prima parte del mio testo in un abbozzo di sceneggiatura proponibile come esercitazione per gli attori della compagnia Offblu.
Ma occorre qui inserire la richiesta di Milton Fernandez, animatore instancabile del “Festival della letteratura di Milano” di presentare il mio libro in forma non-convenzionale.
Grazie a questa fortuita e fortunata convergenza di desideri, richieste e proposte, domenica 14 giugno, presso la biblioteca Chiesa Rossa a Milano, alle ore 18,30 vedrà la luce la prima prova, parziale e aperta della performance teatrale “Padri & Figli” ricavato dal mio libro.
Invito gli amici ad intervenire, se possibile o semplicemente di mantenere nella mente e nel cuore questo appuntamento che vorrei fosse il germe di uno sviluppo teatrale della mia “traversata immaginativa”.
Mi piace contemplare questi eventi con questa illuminazione che evidenzia il carattere occasionale del compiersi di un proposito grazie ad occasioni fortuite.
Ma la cosa per me più intima e suggestiva risiede nel fatto che Paola Giacometti è di fatto una delle fondatrici ed animatrici del Teatro Libero di via Savona 10.
Lo so da anni che nell’edificio in cui ho trascorso i miei primi dieci anni era sorto un teatro. Al 10 di via Savona.
E non ci sono mai tornato, non sono mai più entrato in quell’edificio. In quel tempio della memoria. Mi accontento ogni tanto di guardarlo da fuori. Abitando comunque a poche centinaia di metri di distanza.
Ho rispetto della memoria. Non voglio farne caricatura.
La memoria è già un teatro. Che ci facciano o meno una sala e una scuola teatrale.
Ho conservato questa informazione come un sogno, nella memoria, per anni.
Come fare a pensare che in una parte dell’edificio della tua infanzia sia fiorito un teatro?
E che con qualcosa di così strettamente connesso a quel teatro vede la luce l’opera che testimonia lo scioglimento del nodo che potremmo indicare come “l’inconveniente di essere nati”, lì, in quella casa?
Non ho mai approfondito il mistero. Mi sembrava l’oggetto per un racconto alla maniera di Borges.
Forse avevano ragione i vecchi a sussurrare che al momento giusto le cose arrivano da sole. E intrecciano così tanti fili. Da vicino, da lontano, dal passato, dal futuro.
Oppure i miei angeli custodi hanno avuto pietà, hanno provato tenerezza per questo sessantacinquenne che non smette di contemplare i misteri della nascita e della morte. I misteri del vivere.
E per questo il teatro è una finestra privilegiata.
Si, mi sento privilegiato!
Grazie Milton, grazie Paola, grazie Emo Marconi, grazie Renzo Casali. Di te, Renzo, non ho ancora parlato qui, della nostra amicizia nei primi anni 80, ma rimedierò presto!