Eccomi alla prima pagina di Restituzioni. O più semplicemente: che cosa mi hanno insegnato i miei pazienti che mi piacerebbe salutare, ringraziare, restituire, e condividere?
Nei primi anni 90 insegnavo, tra l’altro, nei licei della scuola steineriana.
Tra altre felici “stravaganze” c’era quella di offrire per Natale a bambini, ragazzi e genitori una recita ad opera degli insegnanti. Tra le tante incombenze questa aveva un sapore particolare. Io facevo il Cantore dell’Albero nel primo: L’albero del Paradiso.
C’era anche una parte musicale recitata in coro e se non c’era un insegnante di musica disponibile si chiamava una pianista per accompagnare i canti che commentavano la vicenda.
Ci si atteneva ad una tradizione in realtà di umili origini. Nei paesi centro-europei di lingua tedesca queste rappresentazioni erano diffuse nelle taverne popolari. Lo Steiner studioso goethiano del folklore le aveva trovate e, affascinato, le aveva inserite nella vita nelle sue scuole.
Insomma ci siamo divertiti parecchio.
La pianista di turno era una giovane donna sulla trentina. Suonava bene e sapeva dirigere il coro. Si capiva che aveva studiato.
Quando seppe che nel mio studio mi occupavo di biografia umana mi chiese qualche colloquio nel corso dei quali mi raccontò la sua storia.
Il “caso”
Giovinetta di buona famiglia. Quelle piccole e buone famiglie in cui non si aprono troppo spesso le finestre. L’aria e la luce sono eternamente stanche e l’animo dei familiari per nulla flessibile.
Avevano imposto alla signorina di studiar pianoforte. Dio sa se e quanto lo volesse lei.
Che tuttavia arrivò a compiere il suo dovere fino a conseguire pietosamente il diploma di pianoforte al Conservatorio. Titolo prestigioso in una istituzione dal nome sospetto. Impone molti anni di studi severi.
La pianista mi raccontò di aver chiuso il pianoforte a doppia mandata l’indomani il conseguimento del diploma e di avere immediatamente lasciato la casa di quella famiglia.
Dimenticando la musica, dopo varie e differenti esperienze, il suo cammino si orientò verso attività assistenziali nei dintorni della fisioterapia. Finché conobbe una scuola di formazione abbastanza esclusiva a quel tempo: Il massaggio ritmico.
Per questo in quegli anni esisteva un unico centro di formazione presso la clinica Wala. In un luogo molto particolare, presso una stazione termale nella campagna intorno Stoccarda.
La signorina si avvia alla formazione e trova una insegnante piuttosto esigente e selettiva. Nota, conosciuta e temuta come una sorta di “Deità irata”. Sul tocco di ciascun allievo aveva da ridire mentre, con gran stupore, il tocco della signorina sembrava andar proprio bene. Ma lei non era abituata a sentirsi dire che era brava… ma queste son le sciocchezze degli psico-qualcosa.
La aiutai forse a scoprire (ma credo che lo sapesse da sé) qualcosa di quel tocco applicato al massaggio. Quel tocco prestato al massaggio veniva da molto lontano.
Ma nemmeno troppo.
La traccia più evidente portava giusto dietro l’angolo della stanza in cui aveva chiuso il pianoforte a doppia mandata.
Mi face scoprire, mentre lo scopriva lei stessa ad anni di distanza, che il suo tocco nel massaggio ritmico era la metamorfosi della abilità acquistata dalle sue mani negli studi pianistici della sua “vita precedente”.
Un tocco forgiato negli studi di pianoforte ed applicato all’esercizio del massaggio ritmico.
Non posso nascondere quanto questa scoperta mi affascinasse.
Devo ancor oggi ringraziare questa donna di cui non ho bisogno di mimetizzare il nome semplicemente perché, pensate, non me lo ricordo proprio. Bene così.
I tedeschi dicono Essen und Vergessen: Mangiare e dimenticare. Ed oggi restituire.
Metamorfosi dei talenti
E’ una restituzione dovuta quella che mi porta a considerare come questo episodio abbia fondato una sapienza preziosa che poi mi ha sempre accompagnato nell’esercizio della professione.
Porrei all’insegna di questo il teorema della Metamorfosi dei talenti. Mantenendo nel sottofondo tutta l’ampiezza spalancata dal mistero della metamorfosi dei talenti nel racconto evangelico.
Per tutto il resto della mia carriera di analista ho custodito nella mia cassetta degli attrezzi questo strumento, questa direzione possibile dello sguardo che mi ha portato, dinnanzi a ogni crisi vocazionale, dinnanzi ad ogni svolta della vita professionale di un paziente, a formulare la domanda essenziale.
Ma tu, cosa sai veramente fare?
Si tratta di una domanda cruciale da porsi in ogni svolta della nostra biografia professionale. Me lo sono chiesto anch’io in questi mesi.
Come Freud indica, c’è una parte dell’Io che giace nell’Inconscio.
Che cosa sei cosciente di saper fare e che cosa sai fare senza esserne cosciente ma che non è meno utile. Anzi. Ma occorre scoprirlo.
Che cosa ti ha insegnato l’esercizio della tua professione?
Vediamo un esempio a caso.
Hai fatto il bancario per qualche decennio ed ora vuoi cambiare la tua vita.
Ma anziché partire dai “sogni nel cassetto” (fecondo sottosuolo dell’Ombra, comunque) partiamo da ciò che sai fare.
Sai contare le banconote dei clienti, sai chiudere una bilancio. Sicuramente non ti sarà difficile tenere sotto controllo un archivio, un sistema di gestione. Magari per una società no-profit. Ma questo è poco.
La Sapienza delle Mani e dello Sguardo
C’è una sapienza che le mani possono acquisire che può essere metamorfosata in altro.
Il mistero della metamorfosi mi ha sempre affascinato.
Anche al di là della sapienza delle mani, avrai forse sviluppato una sapienza dello sguardo che ti porta ad intuire qualcosa dall’incrocio di sguardo col cliente. Sarai più abile di altri ad intuire la storia, la biografia di quel denaro che ti passa dalle mani. Intuisci la vita del denaro di un artigiano, da quella di un riciclatore di denaro sporco, da quella di un professionista.
E tutto questo può sempre essere metamorfosato in altro. Come la signorina ci insegna.
Da studente, per pagarmi l’analisi didattica, ho venduto libri a rate per l’Einaudi nei teatri, nei Festival dell’Unità e in varie occasioni sociali. Vendevo la Storia d’Italia e l’Enciclopedia Einaudi (che per me universitario e lacaniano erano già opere impegnative) e le vendevo a miltanti operai del PCI che la comparavano a rate accogliendo le indicazioni del Partito. Forse per questo la sinistra è diventata tanto dannatamente intellettuale!
Ho capito in quella occasione che il mistero dell’atto di acquisto, lo scambio, prevede che non si compri e venda solamente un oggetto che richiede l’impiego di una forza lavoro etc, etc, etc, secondo il catechismo marxista.
Si comprano e vendono illusioni, aspirazioni più o meno pietose e tutto questo va considerato e merita rispetto. Importante saperlo!
Della fluidità occupazionale
In conclusione: sono stato bambino e ho visto un mondo di adulti che cominciavano ad applicarsi, intorno ai 20 anni, a qualcosa che presumibilmente avrebbero esercitato fino all’età pensionabile.
La realtà sociale è cambiata e dai primi anni 80 sento ripetere, come un ritornello minaccioso ed ossessivo, quanto sia importante formare individui che siano in grado nella età adulta affrontare metamorfosi delle competenze e delle mansioni in una società molto più “liquida”. Cambiare più di un posto di lavoro.
Ne ho sentito parlar tanto ma non ho avuto l’impressione di aver trovato molto.
Per fortuna in questi anni una quantità di disoccupati intellettuali ha imparato a metamorfosare i propri talenti ed a offrire servizi con incontrano consenso e costituiscono un settore importante del terziario. Dalle palestre, dallo Yoga, all’esercizio dell’arte per adulti e bambini, alla “formazione degli adulti” o quant’altro. Tutto un mercato felicemente fiorente di cui io stesso ho fatto parte.
Questo frammento di un “caso” è quanto di più pertinente mi sia stato offerto in direzione di questa esigenza.
Mi sento fortunato ad aver vissuto questo incontro che mi ha insegnato molto. Continua a farmi riflettere e a nutrire la capacità di osservare il mistero della Metamorfosi nell’Umano.
Non mi resta che ringraziare la signorina pianista, restituire e condividere.
E lasciatemi ripetere questo mantra….
“Scopo della creazione è il restituirsi!”
2 pensieri su “Metamorfosi del tocco”
Grazie, Francesco, per questa restituzione che ci fa entrare nella tua storia personale, ma in fondo anche e soprattutto nella nostra. Per restituire bisogna prima avere risposto (o, almeno, averci provato) alla domanda su cosa sappiamo fare. Ma quant’è difficile questa domanda! Sulle prime ci viene sempre da vedere ciò che non abbiamo portato a compimento, l’irrealizzato; insomma: ciò che non sappiamo fare. Forse solo se riusciamo ad essere benevoli (o ironici?) possiamo vedere delle opere nei nostri scarabocchi? È questa la metamorfosi dei talenti?
Cara Paola, non si stupisca del ritardo con cui le rispondo. Sono anche l’autore di un memorabile QUADERNO DI ACCIDIA che trova facilmente qui e che giusto oggi ho pensato di riprendere!
Mi viene da ridere perché ho notato che sul social net spesso, in fianco ad un indirizzo di contatto si legge una dicitura del tipo: RISPONDE SOLITAMENTE IN UN GIORNO. Oppure in due….. beh, vergognosamente nel mio caso si potrebbe trovare, nel migliore dei casi, RISPONDE IN UN MESE e non sarebbe un titolo di merito!
Grazie come sempre della sua attenzione e, per rispondere all’ultima domanda: no, non credo che gli scarabocchi che l’hanno vista spesso protagonista siano una forma di metamorfosi. Sono semplicemente ecografie del desiderio.
Almeno questo significano ai miei occhi.
Nel caso suo, per me che conosco qualcosa della sua biografia, direi che nei suoi viaggi frequenti ed extra-continentali, lì abbia sicuramente luogo una sorta di metamorfosi.
Ma di questo lei, come tutti noi, è istintivamente incosciente.
Credo, ad esempio, che se lei insegni italiano a bambini cinesi, abbia luogo una metamorfosi di una capacità che non costituisca ora oggetto della sua professione. Non è una insegnante qui.
Riconoscere i talenti è un arte, non una scienza. E l’esercizio dell’arte è qualcosa che solo il suo autore può esercitare.
Buon lavoro interiore e ancora grazie dell’attenzione!