Estratto di una conferenza tenuta il 25 maggio 2019
presso la sala consiliare di un comune nelle Prealpi.
Cari amici
Mi sento fortunato e onorato ad avere l’occasione di parlare in questa sala (la più bella che io abbia visto nel nostro Comune) dopo nemmeno un anno di residenza qui.
Sono un nuovo abitante e vi chiedo qualche minuto iniziale per presentarmi.
Non mi presenterò per titoli, qualifiche, incarichi svolti fin qui.
Mi presenterò usando le abilità che spero di avere maturato e le metterò in opera immediatamente qui, dicendovi qualcosa di me e ritraendomi nel mio incontro con voi e con il luogo che condividiamo.
Fortunato ma un po’ anche coraggioso quando un anno fa mi sono arrampicato col mio scooter per invalidi fino alla sala consiliare per la Festa del Libro e ho avuto l’occasione di conoscere e di stabilire una felice sintonia con Nello, Monica, Massimo.
In quelle ore, non ero ancora residente qui.
Venivamo nel fine settimana a preparare la nuova casa e nelle ore di quell’incontro, i miei familiari stavano imbiancando. Ma si tornava a dormire a Milano.
Qui, oltre alla fortuna e a quel po’ di coraggio, ho applicato istintivamente un insegnamento prezioso ricevuto da mio padre. Che come me, non era quel che si dice “un uomo pratico”.
Ora si dice:“fai-da-te”. Noi apparteniamo al versante opposto “fai fare a chi lo sa fare!”.
Quegli individui che quando c’è da fare qualcosa di pratico si mettono tra i piedi di chi fa, chiedendosi che cosa potrebbero fare.
Finché qualcuno ha il coraggio di dirgli ”togliti dai piedi che intralci!”, “fatti una passeggiata che è meglio!”
Bene, io non me lo sono nemmeno fatto dire.
Istintivamente sono venuto qui alla Festa del Libro mentre gli altri si davano da fare.
Ma quel “Togliti dai piedi”…. E’ qualcosa che mi suona molto insistentemente in questi anni in cui sono entrato nella terza età.
Ho cercato i farlo togliendomi dalla città in cui ho vissuto la vita.
Vengo e trovo rifugio nel luogo che mi appare più ovvio. I dintorni delle mie prime villeggiature infantili.
Ci sono arrivato. Eccomi al capolinea!
Benedette villeggiature
Quando venivo in villeggiatura qui ci si contentava di poco e le auto non erano quelle di oggi. La vita non era quella di oggi.
Così trovo particolarmente seducente sentirmi riaccolto in questi luoghi. E’ una fortuna che auguro a ciascuno di voi!
Dalla culla alla tomba per scoprire
che la tomba è una culla
e la culla è stata una tomba.
La tomba dell’Anima!
Ed eccomi qui. Mi tolgo dai piedi da Milano, progetto una vita ritirata ma dopo nemmeno un anno mi ritrovo sotto i riflettori. A scaldarmi al tepore dell’attenzione di tutti.
Sospetto il paradosso!
Ma io amo tanto i paradossi e le contraddizioni. Sono i punti in cui siamo più umani. Ne ho già parlato nel mio Elogio della contraddizione.
Ma noi cerchiamo giustamente di essere coerenti. Non contraddittori. Politicamente corretti. Abbiamo forgiato l’idea di civiltà in questa fucina.
Ma vi consiglio, se avete la fortuna di vedere qualche aspetto di voi contraddittorio, di resistere alla tentazione di occultarlo. Non abbiatene orrore.
Lì inizia il percorso in cui il motore del lavoro interiore può cominciare a cantare!
I nostri aspetti contraddittori ci fanno più umani e ci permettono di ridere, o almeno di sorridere di noi stessi. E’ cosa preziosa. Non lasciatevela sfuggire.
Così sorrido di questo me stesso che si ritira ma si trova già a calcare questa ribalta.
Vorrei inoltre ringraziarvi per avermi accolto. Tutti voi presenti. Non solo Nello, Monica, Massimo.
Immagino che qualcun’altro possa pensare: “ Ma non ti abbiamo ancora accolto, chi te lo dice? Siamo qui per conoscerti”.
Beh questo interlocutore avrebbe le sue ragioni se non fosse per un paio di abilità che spero di avere maturato e che non smetto di esercitare qui ed ora.
Due super-poteri. So parlare al vento e so anche parlare coi muri. Sono i muri che me l’han detto ed io vi ringrazio. Mi son sentito felicemente accolto.
A volte si fa di tutto per accogliere un ospite o un figlio che malgrado questo non si sente acconto. Altre volta sembra che qualcuno riceva poco ma quel poco produce gratitudine maggiore.
La capacità di parlare al vento .
Nello ed io, che abbiamo insegnato in un liceo, lo sappiamo bene. Il professore è nella condizione costitutiva del “parlare al vento”.
Chissà cosa ascoltano? Chissà cosa capiscono!
Ma alla fine qualche anno dopo incontri un ex-studente che ti dice: “Mi ricordo prof, quella cosa che diceva quel giorno… E’ stata importante!” E voi non ve la ricordate. O comunque non la credevate una cosa così importante!
Ma è così anche in famiglia: parlare alla moglie, ai figli, al padre o alla madre, a volte, ci appare un “parlare al vento”. Ma lo facciamo tutti i giorni se cerchiamo di vivere con cura. Con attenzione e con amore.
L’analista non parla. Sa che sarebbe un parlare al vento.
Furbo lui! Lascia parlare al vento quell’altro, sdraiato sul divano.
Che dorme e ci racconta i suoi sogni. Ad occhi chiusi o aperti.
Ma riprenderemo tra poco la questione. Quando vi sarete addormentati più profondamente e avrete sognato quel che c’è da sognare.
Il talento di parlare coi muri
Questo è il secondo super-potere che ho conquistato in oltre 50 anni di vita metropolitana.
Non solo ho cercato di imparare a parlare al vento e a scoprirne il valore positivo. Ho cercato di imparare a parlare coi muri. Vivendo in città è importate prima o poi imparare a parlare coi muri.
Ma anche questo, son sicuro, è esperienza di tutti, a volte, parlare con gli altri è un parlare coi muri.
Parlando al vento può darsi che qualcosa qui o là, prima o poi risponda. Ma parlare ai muri significa parlare senza aspettarsi alcuna risposta.
Si apre allora un “nudo piacere di vivere” (Epicuro/Romano Madera). Il piacere di dimorare tra questi colli delle Prealpi Lombarde, dimorare nello Spirito di una valle. Curioso di vecchi muri, case e villette, boschi, qualche torre e castello.
Ci può aiutare il Manzoni, ci può aiutare Gadda o le visioni di Segantini, ci possono aiutare Stendhal o Davide Van de Sfroos ma è un lavoro che ancora una volta e felicemente dobbiamo fare da soli.
Pensate che a me capita di sentirmi chiamare dalla architettura dei capannoni, delle autorimesse e dei distributori lungo la strada. Quella che Gadda definisce “la camionabile”.
Me la ricordo così da sempre e voi siete stati tanto gentili da mantenerli intatti e più che presentabili.
In tante parti d’Italia, le nuove costruzioni hanno deturpato il paesaggio o si sono malamente sovrapposte o hanno sostituito il vecchio lasciando un paesaggio funzionale ma disarmonico. Antiestetico. Penso al Veneto. Ma anche all’entroterra ligure che pur amo appassionatamente.
Qui c’è uno spirito dolce. Intraprendente ma calmo. Ho trovato qualcosa di simile nella provincia francese. Ma anche nelle zone boscose della Boemia. Paesaggi simili. Foresta europea. Pervasa da una calma che non privilegia il nuovo. Lo inserisce in una respirazione che non cancella il vecchio.
Il mio sguardo è spesso attratto dalla decorazioni discrete delle case appena sotto il tetto. Un po’ come il trucco discreto intorno agli occhi di una signora. Le tinte pastello come fondotinta. Ricordano qualcosa dei colori dei paesi liguri.
Ma il tempo dell’introduzione è scaduto ed entro nel merito più diretto della conversazione sul mondo dei sogni.
Realisti e/o sognatori?
Siamo cresciuti in una cultura che ha provato a renderci “realistici”. Pensiamo che l’essenziale siano i fatti e questo è vero. La Falange di Alessandro ha parlato chiaro. Ma la Falange freudiana, un secolo fa, ha pareggiato qualche conto come vorrei mostrarvi. Direi che ha fatto “saltare il banco” ma approfondisco questo altrove.
Ci siamo abituati a distinguere i sogni dalla realtà. Consideriamo che alcuni di noi sono più “pragmatici”, altri restano dei “sognatori”.
Ciò che mi preme sottolineare qui è che
L’intelligenza dei sogni è un talento da esercitare
per una migliore intelligenza dei fatti.
Non una contro l’altra. Una per integrare l’altra. Vediamo come.
Siamo convinti di rapportarci a oggetti reali. Un bicchiere di birra fresca col bicchiere appannato… ma chi di noi riesce a non pensare “Chiamami Peroni, sarò la tua birra”. Il sussurro da una bella bionda.
O quando ordiniamo una Coca-Cola, preferendola alle imitazioni, non evochiamo quello spirito di gaiezza giovanile in cui la pubblicità ci immerge al di qui della nostra consapevolezza? Non cambia molto se oggetto al contrario ci fa orrore. Una bevanda caramellosa ma frizzante, con un sapore in fondo un po’ strano, può apparire angelica o demonica.
Quanto di “reale”, quanto di “immaginario” attingiamo scegliendo un oggetto dei più prosaici? La nostra civiltà ha fatto passi da gigante in proposito.
Quando scegliamo un prodotto lo consideriamo alla luce di un altro oggetto, l’oggetto che desideriamo. Quello che abita appunto nel mondo dei sogni.
I prodotti che ci circondano sono immensamente sovraccarichi di immaginario.
Tra la rivoluzione industriale e noi ci sono un paio di altre rivoluzioni da considerare. Quella del marketing, della pubblicità, ma anche lo sviluppo della finanza.
Quando scegliamo un prodotto facciamo sempre un compromesso tra l’oggetto che ci appare reale e l’oggetto del nostro desiderio che, come ovvio, dorme nel mondo dei sogni!
Una casa nel mondo dei sogni
Ma andiamo ancora più alla radice delle cose: se io pronuncio la parola “casa” voi capite che mi riferisco a quel disegnino della casetta che ognuno costruisce o sceglie a modo suo ma che riconosciamo come una casa.
Dove abita la casa, l’oggetto del significato. La casa dei sogni?
Ovviamente nel mondo dei sogni.
Quindi per intenderci su cosa sia una casa chiamiamo in causa il mondo dei sogni. Nella più pragmatica delle comunicazioni.
La precisione di una lingua riposa in una intesa collettiva che dimora nel mondo dei sogni. Le immagini sono fatti della sostanza dei sogni.
Ripeto: nessuna comunicazione linguistica sarebbe possibile senza la risorsa di questo sognare collettivo.
Non si tratta quindi di essere realisti o sognatori. Per essere realisti dobbiamo fare i conti col mondo dei sogni che è sempre chiamato in causa. Vero, ovviamente, anche il contrario.
Qui ed ora. Stiamo sognando?
Ma vorrei stringere ulteriormente il fuoco dell’attenzione su questo istante che stiamo vivendo insieme. Io parlo. Parlo al vento e voi mi ascoltate. Vi pare che qualcosa vi sia chiaro ma questo è un sogno tutto da raccontare. A scuola ci chiedono di ripetere!
Vi pare che qualcosa di ciò che dico abbia riscontro nella vostra esperienza. Ci pensate e la rievocate velocemente. E tutto questo non avviene nel mondo dei sogni?
Oppure vi distraete e vi viene in mente che forse non avete chiuso il rubinetto del gas. Di cosa è fatto il vostro pensiero, dove correte ad ogni distrazione? Nel mondo dei sogni!
Se non “sognassimo” insieme non ci capiremmo ma prima ancora non potremmo pensare.
Ci intendiamo grazie a qualcosa che non smette di dimorare nel mondo dei sogni!
E questo è il regime della nostra coscienza che finisce per ridursi ad un dormi-veglia.
La falange freudiana
Allora ha buon gioco la psicanalisi che ha fatto saltare il banco dell’intelligenza della realtà. Dall’inizio del XX secolo ci ha mostrato quanto adiacenti siano il sentiero della veglia e quello dei sogni.
Ne può nascere l’immagine di un organismo umano che dimora sincronicamente in almeno due stati di coscienza. Quello della veglia e quello dei sogni.
Questo comporta che non sogniamo solo quando dormiamo e del sogno notturno ricordiamo qualche frammento.
Sogniamo tutto il giorno! Non smettiamo di sognare quando siam svegli. E’ l’intendimento dell’intelligenza dei sogni ci può accompagnare ad ogni passo.
Scegliamo un prodotto con una certa immagine oppure scegliamo un prodotto a cui siamo affezionati oppure ci concentriamo sui prodotti che ci appaiono con poca immagine ma che promettono maggiore sostanza. Tutto questo parlottare avviene nel mondo dei nostri sogni. Oggi questo è più evidente che mai perché viviamo in un epoca consumistica. Secondo alcuni nella civiltà delle immagini o addirittura nella società dello spettacolo. Pensate quanto materiale dei sogni consumiamo ogni istante.
Fin qui in fondo mi ha accompagnato l’esercizio della mia professione ma io ho cercato di spingermi oltre.
Dal silenzio dell’analista, al parlare al vento dell’insegnante liceale. Fino al parlare coi muri. Ma non avrei fatto un passo senza la considerazione sapienziale dello Yoga e della Meditazione che dormono nelle tradizioni spirituali più antiche.
Dalla psicanalisi allo Yoga
(altrove lo chiamo Psico-NON-Analisi)
Secondo la antropologia che sottende l’antico Yoga l’essere umano non vive soltanto nella coscienza di veglia e in quella di sogni. Fin qui è giunta la nostra psicanalisi.
Vive anche in un terzo stato: quello del sonno profondo.
Che cosa si intende con questo?
Vi propongo una riflessione che negli anni ho trovato utile.
Quando ci corichiamo dopo un pasto abbondante può essere che dormiamo male. E quando dormiamo male facilmente facciamo un sacco di sogni. Li ricordiamo anche più facilmente perché ci svegliamo spesso. C’è tutto un catalogo delle associazioni tra disagi organici e immagini dei sogni.
Ma se dormiamo profondamente e non abbiamo il fisico in subbuglio ci sembra di non aver sognato nulla e ci svegliamo più rigenerati dall’impressione di aver lasciato andare il film dei nostri sogni e la mente è più fresca.
Insomma mentre siamo qui e ci incontriamo è attiva in noi qualcosa di tutto questo!
Se siete svegli e parlo bene vi faccio sognare.
Ma parallelamente a tutto questo qualcosa in noi giace in stato di sonno profondo.
Pensate: per tutta la vita non ci svegliamo mai.
E per quanto io vi abbia ipnotizzato, per quanto vi abbia fatto sognare o abbiate sognato per conto vostro…. Qualcosa in noi non smette di dormire profondamente.
Protetta da tutte le interferenze “mondane”.
E’ questo qualcosa, nel senso più profondo, che ci rende quel che siamo.
Che ci rende esseri unici e irripetibili. Sublimi a dispetto delle nostre modeste apparenze.
Le tradizioni sapienziali più antiche (lo Yoga che ho evocato prima) ci sussurrano una cosa stupenda. Così bella che ci fa quasi paura.
Il bello non è che non è che il tremendo al suo inizio (RILKE).
Le tradizioni sapienziali ci indicano che….
Ci addormentiamo quando nasciamo
e ci svegliamo quando moriamo.
Per questo prima mi sono permesso si giocare ad invertire i termini tra culla e tomba.
Ho detto che in un certo senso la culla può essere la pietra tombale dell’Anima.
Una pietra che non smette di dimorare nel mondo dei nostri sogni.
Ma, come ho già detto…. Ci sveglieremo al momento giusto!
Questa conferenza, tenuta in occasione di una Festa del Libro 2019 all’insegna de “IL SOGNO” è in realtà una ripresa di quanto pubblicato qualche anno fa in forma di ebook scaricabile gratuitamente da questo sito.