Per anni ho pensato che il Natale fosse una festa “facile”.
Un paio di volte l’anno mi ripeto questo ritornello.
Il Natale è una festa “facile”, la Pasqua “difficile”.
Del Natale abbiamo innumerevoli rappresentazioni artistiche commoventi.
Davanti al mistero pasquale, davanti all’idea di risurrezione, le immagini si diradano.
L’immaginazione rinsecchisce, giusto in primavera, abortendo lo stereotipo macabro del crocifisso. Macabro nel senso che in fondo non ci richiama nemmeno all’idea, pur feconda per il pensiero, della nostra morte, ma di una morte atroce, assurda, esemplare ed offerta una volta per tutte all’immaginazione in contropartita ad una presunta sconfitta della morte. Che a noi non può risultare che sconfessione.
Anticipo questo pensiero che ritroveremo a fondo pagina.
È vero che nel solstizio d’inverno ci si raccoglie intorno a un focolare e il bambino è anche semplicemente il neonato seme dell’anno.
Sembra che il Natale unisca tutte le culture.
In ciascuna si nasce e si sacralizza tale evento. Si cerca anche, spesso maldestramente, di sacralizzare la morte. Certo non in tutte le culture si concepisce la Resurrezione umana.
Si sacralizza la rinascita della natura in primavera, ma per il seme dell’uomo… tutto si complica con quel brutt’affare dell’identità!
Tutti possono aver visto qualcuno nascere ma… risorgere non abbiamo ancora visto nessuno. Purtroppo.
Ci si arrampica su sugli specchi con la cultura New-Age, ma è ancora davvero poca cosa.
Per quanto gli angioletti di Raffaello, promossi originariamente da Fiorucci, imperversino, dalla cappella Sistina, a Dresda, sino a ogni scuola steineriana… Per quanti angeli imperversino, la nostra resta una città di demoni.
Dalla città dei demoni in cui ci è toccato abitare, dopo molti anni di fedele cittadinanza, osiamo dire che non è vero che il Natale sia una festa così facile.
Non lo è ogni anno di più da innumerevoli anni.
È vero che, dopo la flessione della natalità negli anni 70 e 80, in questi decenni riprendono le nascite.
Una famiglia con tre figli non é più destinata a sfasciarsi.
Ho assistito a questa scena troppe volte nei decenni suddetti. Oggi le nascite si gestiscono con migliore disinvoltura.
Ma, malgrado questo, non solo si nasce ancora ma, ancora, riesce ad emergere il nuovo che la volontà e il talento di nuovi giovani porta nel mondo.
È questo, nella mia esperienza, che rende la città ancora abitabile in un qualche modo. Di questo ho già scritto e molto ho ancora da scrivere. Facilmente dirò ancora qualcosa prima della festa del lavoro. La festa dei frutti. Delle spighe mature.
L’essenziale del Natale, per come riesco a concepirlo, credo di averlo già espresso ne “La sconfitta di Calcante” e la Psicologia del Natale. Qui ne trovate l’intera sequenza.
Riprendo oggi la questione secondo una angolatura leggermente differente.
Rudolf Steiner, in uno dei suoi primi e fondamentali scritti, insiste nel fatto che il fenomeno dell’avvento del Cristo sia in realtà solo la punta emergente di un iceberg sommerso che di fatto è costituito da tutto il blocco della cultura della antica Grecia in cui erano confluiti elementi tanto dall’Oriente Indiano quanto dalla sapienzialità dell’antico Ebraismo.
Un possibile sguardo mito-biografico riconosce il compimento di questa funzione nell’impresa di Alessandro, il Macedone.
Per il Cristianesimo Rosicruciano di Steiner, l’esercizio della tragedia, la nascita della filosofia, come l’emergere del senso storico e l’invenzione della geometria… tutto ciò costituisce aspetti diversi della mutazione antropologica in atto in quei secoli.
Secoli in cui in modo sorprendente si aprono gli occhi della visione individuale alle bellezze del mondo e queste immagini hanno persino la potenza di imprimersi nella pietra scolpita dalle mani dell’uomo.
Che tanta bellezza possa risultare peritura é quanto delimita lo spazio di angoscia in cui si colloca la sacra celebrazione della Tragedia.
Il racconto evangelico della Passione, anche questo l’ho già indicato, risente in modo vistoso del senso del tragico.
Ma il Natale cristiano ripropone il tema del germoglio che cresce, entrando nel mondo, e ne riformula ogni volta l’insieme. Come il numero dei frutti nell’enigma di Calcante. Se l’insieme è un sistema sociale aperto al nuovo, come suggerisce Popper.
Altrimenti, lo abbiamo visto, La Sacra Famiglia non trova posto all’albergo (nel racconto di Luca).
E in modo ancor più cruento, il Bambino sfida la strage degli innocenti (nel racconto di Matteo).
Il bambino non trova posto nel Mondo, emerge in soprannumero dal Censimento, sopravvive perfino alla strage degli innocenti…
E proprio in questo vorrei offrirvi il mio fermo-immagine augurale.
L’augurio di quest’anno ma anche il mio vissuto recente appena accennato nella paginetta precedente…
Il bambino sopravvissuto alla strage di Erode può dire una frase significativa: “Sono vivo ed è solo l’inizio!”
Questa frase ci è donata dalla voce di un poeta: Alberto Casiraghi.
La mia amica, collega e compagna di strada Laura Campanello l’ha raccolta e posta ad insegna di un libro significativo.
Credo di offrire ai miei amici lettori una strenna semplicemente indicandolo.
Non posso offrirne una copia a ciascuno ma credo che l’indicarlo sia già molto.
Ecco, debitamente riformulata per noi, impegnati su un cammino di spiritualità più o meno laica… questa è la buona novella.
Lasciatemelo ripetere a 63 anni compiuti: Sono vivo ed è solo l’inizio!
Non ho la capacità di scrivere una recensione a questo libro per molte e diverse ragioni.
Lo propongo per indicare che non credo che si possa parlare della vita in modo significativo senza parlare anche della morte. Questo fa la differenza tra il Natale dei bambini e quello degli adulti.
Ho perso da tempo la capacità di leggere sistematicamente un libro di qualunque tipo. Se ho del tempo, o prima di addormentarmi preferisco fare o pensare ad altro.
Cerco di non dimenticarmi di vivere!
Il libro di Laura, frequentato pur in modo intermittente e frammentario (ma forse è così che mi piace), mi ha aiutato ancora a lasciar cadere l’ambizione ad una efficenza che talvolta è solo immaginaria e un tantino narcisistica.
Calerà la mia vista, la mia capacità di concentrazione, la possibilità di governare, quel poco che riesco, del mio piccolo mondo.
Si, chi medita lo ripete compulsivamente, in modo quasi sospetto… “Lasciar andare, lasciar andare….”
Ma chi lascia andare qualcosa? Certo non sta a me né a nessuno giudicare… Io cerco di farlo per me.
Lasciare andare e cominciare a morire. Coscientemente, da filosofi in erba…
Se io lascio andare creo lo spazio per l’Avvento di qualcun’altro.
Ho appena mostrato come l’avvento del Cristo sia prossimo alla nascita della filosofia. Potrebbe anche essere che si parli della stessa cosa.
Mi piace allora accettare l’idea che io con l’uso degli occhiali compensi un naturale degrado della vista. Un piccolo indizio che dietro l’angolo c’è anche lei nella mia vita: sorella Morte che definitivamente mi priverà degli occhiali e sarò forse libero dal dover apparire uno che legge?
Vorrei poter essere libero di pensare a quel poco o tanto che ho letto. Ma soprattutto che ho vissuto.
Ma siccome son diffidente di ogni promessa, mi prendo subito quel poco che posso.
Ora che sono ancora vivo e capace di qualche pensiero non necessariamente ricavato da un libro.
Forse mi riesce di pensare un po’ più come un bambino.
Il poeta che ha scritto “Sono vivo ed è solo l’inizio” ha creato anche i libretti di Pulcino-Elefante!
Che meraviglia, il pensiero del bambino…
Ma per ritornare lì, devo lasciare andare gli occhiali.
Che è già assaggiare la prima fetta di quel dolce, ma molti lo trovano amaro…
Assaggiarne un fetta ci aiuta comunque a trovare il bambino. A far posto al bambino, nel nostro presepe interiore.
A lasciar passare il bambino attraverso la porta stretta della strage degli innocenti.
L’attitudine ad accogliere il bambino credo che possa essere potenziata dall’accogliere ed elaborare l’idea della morte.
Per questo mi appaiono preziose le riflessioni filosofiche sulla vita e sulla morte che Laura ci offre.
Solo allora potremo porci davanti al mistero della resurrezione.
Ma per tutto questo ci è maestro il ciclo dell’anno.
Il nostro grande maestro.
Buon Natale e buon anno, pazienti lettori!
NB L’immagine di copertina l’ho scattata io stesso durante la recita di Natale offerta dai miei amici insegnanti della scuola Rudolf Steiner di Lugano-Origlio che, insieme a quella di via Clericetti a Milano, occupa sempre un posto speciale nel mio cuore!