Dio è morto. E il petrolio potrebbe finire.

Dio è morto

Cari amici
quest’anno non ho rivolto alcun augurio a nessuno. I miei auguri, solitamente, partono da un genuino impulso del cuore. Non solo dalla ricorrenza di festività.
Questo impulso, quest’anno, è arrivato tardi e in modo curioso.
Nei primi giorni dell’anno mi sono imbattuto in una vecchia canzone e ho sentito che poteva trattarsi per me della “canzone dell’anno”, come accaduto anni fa con un’altra che ha costituito la colonna sonora dell’anno.
Si tratta di una vecchia canzone dei Beatles magistralmente riproposta da un giovane cantante americano. Rufus.
Questa la canzone che propongo anche a voi come agli amici in FaceBook.

[youtube height=”HEIGHT” width=”WIDTH”]https://www.youtube.com/watch?v=cAe1lVDbLf0[/youtube]

Che significato può avere questo gesto di riconoscermi in una canzone e di riproporla come augurio?
Per spiegarlo farò riferimento alla categoria del sito in cui la pubblico.
La categoria che recita: Sala Motori.

Vi siete mai chiesti cosa significhi la categoria Sala motori nel mio sito?
La sala motori delle navi è il luogo dei motori appunto.
Il loro lavoro tesse silenziosamente la possibilità della nostra navigazione. Come il nostro cuore che batte e i nostri polmoni che respirano e che, senza la nostra attenzione cosciente, come gli gnomi calzolai, tessono silenziosamente la condizione vitale della nostra coscienza.
Io ho passato la giovinezza ad ascoltare, cantare e suonare canzonette che di tanto in tanto, come in questo caso, riaffiorano alla mia coscienza.
Ogni ragazzo è “plasmato”, “lavorato” dalle esperienze che fa, oltre che dalle letture scolastiche. Penso a Omero, Dante, la storia, la letteratura o la matematica.
Io ero un ragazzo irrequieto e sono stato plasmato anche dalle figure della Beat-generation, dalla musica rock, dai grandi cantautori. Mi viene da considerare una figura come quella di Dylan come una sorta di Orfeo dell’epoca post-moderna.

Così ho ritrovato questa canzonetta che viene da lontano. Ve la ripropongo ora nella sua versione originale e particolarmente suggestiva.

Eccola

[youtube height=”HEIGHT” width=”WIDTH”]https://www.youtube.com/watch?v=Tjq9LmSO1eI[/youtube]

Quattro “scarafaggi” che compiono una migrazione dal Tamigi al Gange nella scanzonata atmosfera di quegli anni.

Contiene la traccia di un primo viaggio emblematico che i giovani in quegli anni hanno compiuto alla ricerca delle proprie origini. Delle proprie radici. Radici indoeuropee che, al di là del latino e del greco affondano nella suggestione del sanscrito.
Herman Hesse lo ha chiamato emblematicamente Il viaggio in India.
È stato per me un lungo vagabondaggio che mi ha portato ad interessarmi dello Yoga e del Buddhismo.
Qualcosa che non smette ancora di lavorare nel cuore della mia sala motori. Che forse ne costituisce il nucleo essenziale.

Così il mio augurio per me stesso e per tutti suona quest’anno con queste parole.

[quote align=”center” color=”#999999″]Nothing gonna change my word
Niente cambierà il mio mondo[/quote]

Questo per me significa un invito al raccoglimento sul nucleo essenziale che ci fa individui nello stesso tempo unici e irripetibili, individuali e, in pari tempo cosmici. Individui che costituiscono un cosmo per noi stessi e per gli altri a cui andiamo e che ci vengono incontro.
Ci serve tutta questa integrità per far fronte alle sfide in cui questa epoca cruciale ci scaraventa.
Ma in fondo, nel momento in cui ho formulato questi pensieri, nel momento in cui ho pubblicato su Facebook questo brano suggestivo, questa epoca cruciale non ci aveva ancora scaraventato nella tragedia consumata la settimana scorsa a Parigi. L’attentato alla redazione di Charlie Hebdo con tutti i suoi drammatici corollari. E’ avvenuto tutto poche ore dopo.

Allora mi sono allora chiesto con rinnovata insistenza:

[quote align=”center” color=”#999999″]Davvero
Niente cambierà il mio mondo?[/quote]

La risposta, ovviamente, non ce l’ho e forse non la cerco nemmeno.
Non si tratta di trovare una risposta.
Si tratta di resistere con tutta la forza attingibile ad un guerriero.
Non si tratta di attendere un Redentore, come propongono i monoteismi ebraico-cristiani-musulmani.
Nessuna redenzione mi appare possibile.
Si tratta di resistere qui ed ora.
Di non abbandonare i nostri posti.
Di non abbandonare io per primo il mio, più che modesto, ruolo di blogger.

Allora la sensibilità ferita scivola all’indietro. Molto al di qui della nascita dei tre monoteismi che tuttora insanguinano il pianeta.
Retrocede a quella che considero la “scena primaria” della cultura indo-ariana e mi ritrovo nella posizione di Arjuna, il guerriero che interroga Krishna in un momento di smarrimento.
La prima crisi di angoscia dell’uomo occidentale.
Ascoltate questo colloquio. Purtroppo su YouTube non l’ho trovato coi sottotitoli italiani ma molti vi riconosceranno il tema della Bhagavad Gita.

[youtube height=”HEIGHT” width=”WIDTH”]https://www.youtube.com/watch?v=_B4Z1PB97KY[/youtube]

Queste immagini sono la sublime esercitazione, il tributo di uno dei più grandi registi viventi al Mahabarata. A questo ha dedicato una decina d’anni della sua vita.

Nel Mahabarata realizzato da Peter Brook, comunque, c’è un punto in cui si afferma che ci sono momenti in cui per difendere il Dharma occorre “occultarlo”. Occorre ingoiarlo intero. Fiduciosi del fatto che il Dharma protegga chi lo protegge.

Così cerco, in questo momento tragico, di occultare il Dharma per proteggerlo.

Nelle ore seguenti la tragedia di Parigi ho avuto un colloquio con un uomo che lavora professionalmente nel mondo del fumetto e ha conosciuto, nei suoi anni italiani, Wolinskij.
Mi ha parlato della sua tristezza del 7 gennaio ma, incontrandoci nel pomeriggio dell’ 8, mi diceva al mattino di aver sentito l’imperativo morale di sorridere e di essere di buon umore. Che questo era quello che Wolinskij avrebbe desiderato. Questo avrebbe chiesto a tutti noi.
Io cerco, nel mio piccolo, di accontentarlo anch’io e così propongo a voi di fare.

Sono sinceramente imbarazzato da molte cose ascoltate in queste ore.
Non so davvero se sia lecito ridere di tutto.
Soprattutto non so se io per primo sarei in grado di farlo.
Io che, giusto un anno fa non mi sono vergognato di usare una barzelletta vecchia e stupida per strappare un sorriso, dato che la risata non mi riusciva.

Ma davanti alle tragedie diventiamo tutti presuntuosi. Forse perché l’impotenza ci rende incoscienti. Ci instupidisce.

Di certo non mi fido, è notizia di stamane, di gesuiti che pubblichino satire intorno al Cristianesimo.
Come non mi convincono giovani musulmani che tessono l’elogio di papa Francesco. Ma tra questi giovani c’è Davide Piccardo e per lui posso fare eccezione. L’ho visto crescere ed è un ragazzo splendido….

Per me è meglio lasciar cadere il monoteismo. Ingoiarlo intero. Soprattutto ora che Dio è morto. E non è morto solo da ieri.
Ora che il petrolio potrebbe davvero finire senza che la nostra intelligenza abbia escogitato alternative. Pochi giorni prima il suo prezzo è crollato. Non capisco ma sento instabilità nella cittadella.

Che Dio sia morto, non toglie nulla ai tesori di sapienzialità che quelle tradizioni non smettono di tramandarci. Attingerli è un conto, dimorare in quelle fedi e in quelle tradizioni, tutt’altro. Preferisco uscire dalla cittadella.

Ho la fortuna di avere qualche idea della storia delle religione per averla dovuta insegnare a giovani liceali. L’ho fatto per amore. Non so se ne avessi la necessaria competenza.
Questo mi permette però di ricollocarmi a monte del monoteismo e di riconoscermi nella figura, a me tanto cara, del guerriero Arjuna.
Il soggetto del Mahabarata. Il soggetto della cultura indoeuropea. Colui che per primo e per tutti noi sperimenta su di Sé l’angoscia che ancora oggi possiamo sperimentare prendendo coscienza di vivere una battaglia epocale. La battaglia che si combatte sul campo di Kurukshetra.
Per questo vi offro l’immagine che accolgo dal lavoro accorato di Peter Brook.

Non mi resta che puntualizzare qualcosa.

[quote align=”center” color=”#999999″]Io sono Charlie?[/quote]

Lasciatemi spendere l’interiezione celebre del principe De Curtiis:

[quote align=”center” color=”#999999″]“Ma mi facci il piacere![/quote] Io non sono Charlie.
E non so se e quale risata seppellirà chi.
Ho difficoltà con le risate. A volte mi scatenano la tosse e mi manca il respiro.
Mi accontento di sorridere e vi lascio con un’altra canzone che mi fa sorridere…

[youtube height=”HEIGHT” width=”WIDTH”]https://www.youtube.com/watch?v=Jt2fv7ort_g[/youtube]

Sì.
Io sono Francesco e ho scritto un libro dal titolo Metamorfosi della relazione Padre/Figlio.
È un libro cristiano ma ormai l’ho scritto e posso prenderne le distanze.
Alcuni passaggi di questa paginetta, mi rendo conto, possono risultare ostici. Scomodi o poco chiari.
Io resto al mio posto e se qualcuno volesse comprenderne meglio qualche nesso ha solo da commentare.
Domandare. Sarei lieto di riprovare ad essere l’insegnante di storia delle religioni che ho provato ad essere.
Per liceali, ovviamente.

O forse chi recita “Io sono Charlie” si sente tanto adulto?

2 pensieri su “Dio è morto. E il petrolio potrebbe finire.

  1. Bella pagina. Grazie come sempre.
    Anche io non sono Charlie, magari per motivi leggermente diversi.
    Nei giorni immediatamente successivi all’attentato (adesso il clima è un po’ più riflessivo)
    si è parlato solo della Libertà da difendere ad ogni costo.
    Ma insomma a me pareva di ricordare che le paroline magiche fossero tre: Libertà Uguaglianza e Fratellanza.
    Le ultime due che fine avevano fatto?
    Libertà Uguaglianza e Fratellanza quando lavorano insieme funzionano molto bene.
    Meglio evitare di inseguirne una sola scordando le altre due.

    1. Caro Aldo, mi scuso immensamente del ritardo con cui ho letto il suo riscontro che condivido.
      Dopo attenta verifica sulla mia casella di posta, che pur incrocia due account, uno Mac e uno Google, è che non mi è giunta alcuna notifica. Proseguirò l’indagine sul server Aruba da cui ho comunque attivo il re-inoltro.
      La ringrazio davvero per la sua attenzione! Approfondirò il disservizio.
      Buona primavera!

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