In una società che produce tanto fumo, vien da chiedersi dove sia il fuoco.
Nel camino in casa contadina era evidente. Come nel falò nei campi o malauguratamente negli incendi.
Ma nel fumo di una ciminiera, nello smog che produce, il fuoco è ben nascosto. Occultato in una camera oscura, una scatola nera. Piuttosto in una camera letteralmente ardente!
Chiamiamola così. La prossimità con la morte è difficile da nascondere…. all’ambiente!
La camera ardente degli stabilimenti industriali segnalati dalle ciminiere fumanti sono fucine che, secondo leggende ben documentate, non si spengono mai. Sarebbe antieconomico per la produzione. Il fuoco della produzione. Eccolo qui il fuoco!
Il fuoco dell’industria. Ricordando anche il significato del più innocente verbo industriarsi. Simile a ingegnarsi. Attività degli ingegneri.
Per il fuoco della produzione gli operai fanno i turni.
Come nella camera ardente. La veglia al Gran Defunto!
Ma questo gioco linguistico, cui non riconoscerei nemmeno lo statuto di interpretazione simbolica, non significa molto.
Nemmeno mi convince l’ipotesi più realistica del fuoco della produzione e dell’economia.
Credo ci sia un’altro fuoco da scoprire.
Forse tutto questo brucia insieme a un fuoco che forse ci divora ancor più intimamente.
Il fuoco del desiderio.
La merce si produce per rispondere al fuoco di un desiderio di cose, di oggetti, di servizi.
Questo lo custodiamo in noi stessi.
E anche questo ci consuma. A volte ci inquina.
In ogni caso debbiamo governarlo.
Come il focolare nella cucina del contadino.
Spesso questo fuoco è governato, alimentato o spento da qualcun altro al posto nostro. Come quando qualche inesperto cittadino spruzza alcool nel camino della casa di campagna.
La pubblicità o la prepotenza del sistema.
Non dimentichiamo però che lo fanno in casa a nostra.
Sta a noi difenderla.
Io credo che ogni fuoco sia il segno di una sacralità. Sta a noi riconoscerla e decifrarla.
Mi ripropongo di fare questo in una serie di nuovi post.
Parlerò del fuoco di sigaretta, di pipa e sicuramente di molti altri fuochi.
Accetterò anche suggerimenti dei lettori.
Gaston Bachelard ha scritto pagine memorabili ne “La psicanalisi del fuoco”. Pagine che ho letto in gioventù e mai ripreso.
Ricordo che, essendo personalità e intelligenza di formazione scientifica, prendeva le mosse dal fatto che il fenomeno del fuoco resti un enigma per la scienza.
Perdonate se non ho voglia di riprende libri impolverati e dormienti in quella camera da letto, definirei così la mia libreria! Dormono così bene. Perché svegliarli?
Platone, filosofo che pur non è tra quelli a cui mi sento più affine, garantisce che lo studio consiste nel fatto che ciò che si è appreso si dimentichi. Resti dormiente.
Il vero studio, forse un certo processo meditativo, consiste nello sforzo di far riemergere qualcosa al posto del dimenticato, in modo che la cosa sembri ancora la stessa!
Ovviamente non ho voglia di cercare la citazione, anche quel libro dorme. Potete trovarla comunque nel Simposio.
E questo è comunque quello che cerco di fare da quasi sempre.