Di non solo pane vive l’uomo. Questo qualcuno lo aveva già detto.
Di fatto eravamo finiti tutti in un vicolo cieco.
Si pensa a guadagnare sempre soldi. Solo più soldi.
Si lavora per soldi, ma soprattutto si rubano solo soldi.
Si desiderano un sacco di cose. C’è bisogno di un mare di oggetti. Ogni giorno la lista dei bisogni cresce. Delle risorse si accorcia.
I portafogli sempre più stretti.
Qualcuno ancora lavora per amore, ma nessuno più ruba per amore.
Eppure esempi ce ne sono stati.
Ladri appassionati. Eleganti. Dignitosi. Con una qualche forma di disinteresse. Valga per tutti l’immagine di Fantomas dalla prima paginetta.
C’è chi ha rubato ai ricchi per offrire ai poveri. Chi ha rubato coi guanti. Chi non avrebbe mai messo le mani su qualcosa.
Ma tutto questo è passato.
Oggi si ruba solo l’equivalente universale di tutti i desideri. Il denaro e in modo sempre più compulsivo. Senza fantasia.
Senza scassinare più nessuna cassaforte.
Tutto a tavolino. Dalle scrivanie. Dalle tastiere dei computer. Dirottando. Depistando.
Per questo il giorno in cui qualcuno aveva ricominciato a rubare per desiderio, era stato visto con sollievo.
Così la gente non doveva più sorvegliare soltanto il portafoglio.
Era passata l’estate in cui consumare una bibita all’aperto, portare a casa una pizza calda, assaporare un fritto di pesce in riva al mare era diventato molto più difficile.
Ma mentre di solito si cercava di evitare le cose pericolose, ora la gente ci aveva preso gusto a sfidare il pericolo.
Questa la novità. Non la ricetta miracolosa, la furbizia finanziaria per uscire dalla crisi economica.
Qualcuno si ostinava a mangiare all’aperto. A desiderare a cuore aperto. A divertirsi all’aperto.
In fondo tutto il merito era proprio degli eroi dei piccoli furti.
Gli angeli che percorrevano marciapiedi con agili skate-board dribblando tavolini nei bar, trattorie, pubblici esercizi all’aperto.
I ragazzi che, scatenati, con tutta l’agilità di cui uno skate-boarder era capace, sfrecciavano tra i tavolini. Rubacchiavano qua e la. A volte lo facevano per desiderio. Altre volte per divertirsi. Altre ancora per il semplice gusto di redistribuire i beni. Sì, il prodotto interno lordo.
Angeli mercuriali. Sublimi operatori dello scambio. Incrociavano desideri, sospendevano appagamenti.
In questa incredibile instabilità la vita sociale si era incredibilmente animata.
Chi stava assaporando l’antipasto si vedeva sfilare il piatto dal tavolo e un altro angelo sui pattini, un cameriere abusivo, gli faceva trovare il gelato ordinato da un altro. A volte piatti già cominciati. A volte semplicemente, l’angelo promuoveva lo scambio. La sublime confusione.La verità?
Non si era più abituati allo scambio.
Il denaro era diventato il principio ordinatore, ma l’ordine non reggeva più.
Le abitudini degli italiani erano state irrimediabilmente sovvertite.
Unità di stile non imperava più.
Le città erano un patchwork di edifici ispirati agli stili più disparati.
La cucina fusion era approdata all’architettura. alla vita sociale.
Gli angeli irrompevano a confonder le carte.
E con questo il caos era diventato la legge.
La civiltà post-moderna.
Finché il Professore, uno dei tanti, il Lenin di turno, colui che aveva promosso il disordine, chiamato a giudizio, aveva suggerito i termini di un armistizio.
Che da oggi venisse promossa la restituzione dei doni.
Economia del dono. Restituzione dei doni. Uno dei fondatori dall’Antropologia, il sociologo Marcel Mauss ne aveva parlato studiando le cosiddette società primitive.
Ne era nato più tardi un movimento, pubblicavano anche un bollettino.
Ma di tutto questo nessuno sapeva un gran che.
La parola d’ordine, come spesso accade nei fenomeni sociali, prese inspiegabilmente piede.
Più che una restituzione dei doni qualcuno ne vedeva una restituzione del mal-tolto. La restituzione dei beni rubati.
Ma gli angeli insistevano per definirla, con Mauss, la restituzione dei doni.
É una grande occasione, per qualcuno, che il proprio piatto sia desiderato da un altro e rapito.
Una grande occasione di scambio sociale. Di relazione trasversale, ma umana.
Gli oppositori argomentavano che: … come si fa a restituire una pizza fumante appena addentata. Una fresca granita appena iniziata a sorbire.
L’oggetto rubato non permaneva nella sua sostanza aurea o luminosità diamantina.
Chi la vuole più una pizza addentata?!! Un gelato sciolto e, anche ordinare un’altro piatto… il luogo non era più quello, la compagnia, lo stato d’animo!
E argomentare così era già una conquista delle sensibilità sociale. Un disconoscere il valore utilitaristico dell’equivalente in denaro.
L’oggetto eventualmente rubato non permaneva nella sua forma desiderabile.
Non era più lo stesso.
I malinconici rimpiangano l’oggetto perduto ma molti altri stavano al gioco.
Il Professore aveva suggerito che si istituisse la pubblica cerimonia della restituzione dei doni.
Gli angeli, i ladruncoli, i sovvertitori dell’ordine costituito, gli skate-boarder avrebbero organizzato periodicamente serate in cui i derubati venissero invitati a cena. Una sorta di remissione dei debiti.
Una remissio peccatorum.
Sempre all’aperto.
Mangiare all’aperto, in pubblico, è immagine che ha radici tanto nell’I-King (esagramma 26, se non erro) come nel dettato evangelico, anche se pochi sono ancora in gradi di decifrarla.
Si sarebbe ovviamente trattato di cerimonie all’insegna della semplicità.
Gli angeli han poca dimestichezza coi fornelli, lo sappiamo. Quello che l’antropologo Levi-Strauss descrive ne “Il crudo e il cotto” è procedimento tipico dello sviluppo della cultura umana.
Per l’occasione comunque anche gli angeli qualcosina dell’uso dei fornelli devono averla appresa.
Riuscirono infatti ad arrostire qualche bruschetta, guarnirla con olio d’oliva, aglio e prezzemolo. Qualche fetta di pomodoro, giusto per dare un po’ di colore.
Riuscirono anche a preparare qualche budino usando le bustine.
Certo molti derubati storsero il naso pensando alle pizze perdute e ai cremosi gelati dell’estate.
Ma l’estate era finita.
Costoro, lo sappiamo tutti, saranno coloro che non riusciranno a superare la minacciosa crisi economica che si staglia in modo sempre più definito all’orizzonte della nostra navigazione.
Periranno, purtroppo, e non periranno per povertà, ma per durezza del cuore. Chiusura dell’anima.
Molti invece approfittarono dell’occasione per passare qualche ora di serenità e di buon umore.
Ma soprattutto, avvicinare gli angeli. Conoscere, guardare i propri figli, che angeli non sono, con occhi nuovi.
Tutto questo costituì per molti una vantaggiosa posta in gioco a tutto il disagio arrecato.
Disagio della civiltà?
O semplicemente disagio di vivere.
Che tutto questo sia realmente avvenuto ne sia prova le immagini che offro e che costituiscono testimonianza del viaggio di ritorno da una di queste cerimonie.
Sono ben riconoscibili i personaggi di cui si parla.
Il capitano, il Professore, che troneggia per qualche istante, in alto, col berretto di lana, l’editor a poppa, gli angeli, i ragazzi ma soprattutto, un impareggiabile Willem Dafoe che appare giusto per mostrare agli increduli che la Sala-motori esiste davvero…. [youtube height=”HEIGHT” width=”WIDTH”]http://www.youtube.com/watch?v=aSJ28vGa6dY&feature=youtube_gdata_player[/youtube]