Elogi dell’ozio o della lentezza già ne ho letti diversi. Tutti preziosi.
Stamattina però pensavo a qualcosa di diverso.
Pensavo ai miei insegnanti di meditazione che rilevavano giustamente che meditazione non è solo rallentamento.
Per come viviamo, il rallentare ci dà la possibilità guardare, di osservare ciò che normalmente scorre troppo veloce. Ed è sacrosanto.
Tuttavia un buon allenamento meditativo potrebbe prevedere momenti di rallentamento, ma anche di accelerazione.
L’uno e l’altro portano diverse forme di intensificazione della coscienza.
Meditare, ovviamente, è, lo si ripete da sempre, stare nel mezzo. Osservare la lentezza e la velocità che si succedono. Che si alternano. Noi in mezzo.
Saggezza direbbe di organizzare le cose in modo equilibrato. Distribuire bene i propri impegni. Mi sembra di risentire in queste esortazioni il tono di voce di mia madre e delle mie mogli.
Quanto a mio padre, era come me: dava il massimo appena poteva. Lavorava con scrupolo anche come medico della mutua.
Forse anche Giordano Bruno – che come me amava il caffè col miele (lo testimonia Drewermann) – pensava che solo negli eroici furori, nella accelerazione degli eccessi si aprisse un varco verso qualcosa di più essenziale.
Tra mamma, papà e mogli io comunque, evidentemente, non ho mai imparato ad organizzarmi.
Penso che il tempo abbia una curva tutta sua, certo non lineare. E che la curva possa indurre a volte un senso di vertigine. La vertigine del tempo.
Così mi trovo con una settimana come quella trascorsa con troppe sedute, troppi viaggi, troppi appuntamenti per gruppi.
Ed una come questa. Troppo vuota fino ad indurmi ansie da disoccupazione. Cose credibili in questi momenti.
Ma in mezzo trovo la perla.
Pensavo la perla potesse essere la domenica con amici ad Erba (un nome che ai milanesi già promette molto!). Sabato pieno di sole e trascorso tra impegni-Bicocca e recuperi di sedute. Domenica grigio e pioggerella. Erba?
Che fare? Rinunciare al progetto?
Ma a casa da solo mi sarei rattristato.
Parto comunque per Erba incontro gli amici, ma alla sera sono distrutto.
Così scopro un’altra perla. Lì dove proprio non pensavo di trovarla.
In quel po’ di febbricola ed influenza… come chiamarla, che mi tiene a riposo da lunedì. Benedetto il corpo. Trova l’erba dovunque.
Lui si, il corpo sa quel che fa!
Raffreddamento, tosse, febbricola renale, Dio lo sa!
É il corpo che canta. Non mi crea nemmeno problemi. Posso disdire solo gli impegni esterni. Le sedute, poche, ma son salve. É quella la cosa più delicata.
E così affronto la settimana semi-allettato. Col letto pieno di carte e di libri. Telefoni e computers. Combino poco comunque. Ma comunque riesco a leggiucchiare qualcosa. Preziosa attività in controtendenza.
E così dopo che il corpo ha detto la sua, mentre ancora non smette di dirmi qualcosa, trovo una giornata di pace come oggi.
Forse é oggi la vera domenica. Ma è mercoledì.
Le cose non vanno mai cercate dove dovrebbero essere.
Le cose vanno cercate dove sono.
Come insegno ai miei pazienti a proposito di delicate e dolorose dinamiche familiari: i pesi non li porta chi dovrebbe portarli. Li porta chi ha le spalle per portarli.
Così la presenza mentale, l’attenzione al presente ci serve per vedere le cose dove possono realmente essere. Posto spesso diverso da dove dovrebbero o ci aspettiamo che siano.
Ho già confessato di non trovare le cose solo dopo averle messe a posto. O aver deciso, mentalmente, di dargli un certo posto. Il problema é che il nuovo posto, deciso solo nella mente e ignorato dal corpo, me lo dimentico il giorno dopo. Il corpo lo cerca e non lo trova.
Ma accedere alla memoria del corpo, a quella preziosa scatola nera, per fortuna non è così facile. Dico per fortuna, altrimenti, se la mente potesse metterci le mani di testa sua… Allora si che sarebbero guai!
Meglio così davvero. Andare avanti così. Quando mi chiedono come va, di questi tempi rispondo: avanti, a pugni e schiaffi. Tra cantonate e trovate.
Meglio davvero così. Molto più umano. Forse troppo umano! Ma meglio così.
Io diffido di chi crede di sapere quello che vuole.
Di sapere quello che fa.
Rudolf Steiner, che non era certo un surrealista, scolpisce una nozione splendente come l’oro: la volontà giace normalmente in stato di sonno profondo.
Aggiunge anche che il sentimento giace nel sogno.
Solo il corpo è attingibile alla percezione.
E, aggiungo io, in questa percezione trascina tutto il resto. Si trascina anche sogno e sonno profondo.
Coi relativi tempi beninteso.
In questo mercoledì nato grigio, si è aperto il sole.
L’immagine, il disordine del mio soggiorno stamane fotografato col telefonino.