Riprendendo il racconto del precedente post, posso considerare che nella mia biografia la scoperta, grazie all’incontro con Massimo Cerra, dell’esistenza di un dispositivo di acceleratore automatico sulla mia auto è arrivata sincronicamente a qualcosa di un pochino più inquietante e traumatico.
Il carro
Nel giro di una decina di giorni, nel mese di agosto, ho ricevuto tre multe (220 euro ciascuna) per violazione accertata elettronicamente dei limiti di velocità. Tre autovelox mi hanno tradito in un unico viaggio di poco più di 100 km sull’Autostrada del Sole.
Considerando che tali contravvenzioni comportano anche decurtazioni di punti della patente, la mia patente, la patente di un invalido civile, è appesa ad un filo.
Spero di salvarla, o pagando il doppio (in Italia le cose funzionano così!) o chiedendo ad un Giudice di pace di riconoscere le tre infrazioni, avvenute in un unico viaggio, come un’unica infrazione.
Non mi aspetto altro tipo di clemenza e non impreco. Gli errori si pagano, appunto, in un modo o nell’altro.
Non è che abbia toccato chissà quale velocità in un percorso trafficato. Andare a 150 km orari con un motore 2000 su un percorso notturno deserto non mi sembra esperienza tanto criminosa o inusuale.
Tuttavia la legge è legge e speriamo che continui ad essere tale per sempre e per tutti.
La riflessione nata in me è semplice e prevedibile.
Io supero i limiti di velocità quando non lo ritengo pericoloso e prevalentemente per abbreviare il tempo di percorrenza e contenere la noia provocata dal rettilineo autostradale.
Diversamente troverei l’esperienza soporifera e quindi altrettanto o addirittura più pericolosa.
Del resto la nostra società produce auto che facilmente sfiorano i 200 km all’ora, ma impone limiti di velocità ben più angusti… mah…!?
Cercando di osservare la dinamica interiore, mi annoio perché penso di essere io a guidare la mia auto. Perché vedo in me il guidatore che si annoia.
Ma se invece provo a pensare che fissato l’acceleratore automatico a 130 km orari, ho qualcosa in meno a cui pensare. Posso pensare solo a mantenere la direzione della sterzo e a lasciare che il motore mi guidi, in qualche modo la mia condizione soggettiva è più simile a quella di chi venga trasportato, piuttosto che traspostare.
Nasce un alleggerimento della tensione tale per cui, girando il motore e girando la musica nel lettore, non distingui nemmeno più se sono i giri del motore o quelli del CD a trasportarti. Allenti un po’ di tensione, ti senti trasportato e arrivi meno stanco.
Forse qualcosa di simile a quanto proponevo in un altro post dal titolo “Se hai fretta rallenta”.
Che strana cosa! E che modo tortuoso per acquisirla… Eppure, secondo la mia esperienza funziona!
Concluderei la riflessione proponendo un simbolo degli arcani maggiori dei Tarocchi che ha avuto un significato importante nella mia biografia.
Mi limito ad evocarlo intuitivamente e mi riprometto di svilupparlo in futuro.
E’ un simbolo semplice, glorioso, ma che nasconde un’insidia non facile da scoprire. Il simbolo del Carro.
Pare ispirato ad una famosa leggenda riguardante Alessandro Magno.
Uno dei primi gruppo di studio che fondai intorno ai trent’anni si intitolava proprio così “Il Carro”. Qualcuno lo ricorda ancora.
Da parte mia preferisco concludere che tanta gloria, garantisco, nasconde molte insidie!