L’anima e l’urna

Quello-sei-tu-in-sanscrito

Provo ad annotare pensieri che ho cominciato a formulare nel primo pomeriggio di lunedì 25 febbraio, appena dopo le fatidiche ore 15.
C’è un momento che mi è sempre apparso estremamente suggestivo in ogni elezione.
Forse è naturale, lo è per tutti e da sempre.
Ma vorrei guardarlo più da vicino e, ovviamente, a modo mio.
Appartengo ad una generazione che ha profuso abbondantemente la propria idealità nelle scelte politiche. O almeno, varrebbe la pena di precisare, elettorali.
La connessione tra quanto è elettorale e quanto è politico forse va pensata più acutamente.
Per ora, prendiamola per buona.

Profondendo il proprio mondo ideale nella scelta elettorale è come se noi costruissimo una sorta di società intorno a noi, se non disegnata come piacerebbe a noi, almeno, plasmata su dati che presumiamo reali secondo una nostra immaginazione.
Un mondo saldamente costruito sull’adagio: se tutti facessero come me… Ovvio, no?!

Pensiamo certo che qualcun altro possa pensarla diversamente da noi, ma, nella nostra immaginazione, aggiustiamo le cose come se apparecchiassimo la tavola per la famiglia o per gli ospiti nel soggiorno di casa nostra.
Come è facile prevedere, come accade ogni volta, l’arrivo dei commensali ci sorprende sempre un po’. Più o meno gravemente, ma, uscendo dalla nostra immaginazione ed entrando in quello che definiamo il mondo dei fatti o della realtà, sentiamo di entrare in una sostanza “altra”.
Come se tutti fossimo anfibi e passassimo dell’elemento dell’acqua a quello della terra e dell’aria.

Prendendo spunto dalla saggezza che dorme nella lingua, ci accorgiamo che il termine urna non vale solo per disegnare quella scatola di cartone in cui deponiamo la nostra scheda elettorale.

Urna

L’urna è il contenitore che raccoglie le ceneri dei corpi cremati dopo la morte. Diventa poi più in generale un sinonimo di “sepolcro”. Qualcosa di cui ho parlato recentemente. Questo esprime in modo molto efficace la sensazione di ciò che provo e che vorrei indicare.

Nota bene: non mi riferisco ai risultati di questa elezione. Ho cominciato a ripensare queste cose quando ancora non si profilavano i risultati e soprattutto ho messo a fuoco una sensazione che, in vita mia, ho provato ogni volta che sono andato a votare.
Se, per un verso, il diritto al voto è una fondamentale conquista civile… quel “suffragio universale” che mio padre ha sempre visto di mal occhio, lui avrebbe dato diritto di voto solo a chi avesse conseguito ciò che lui definiva la “licenza liceale”…
Il diritto  di voto, per un verso, è l’affermazione di una fondamentale conquista della libertà individuale, per altro verso costituisce un modello esemplare di “morte civile”.
Nel senso che, depositata la scheda dell’urna, muoio come individuo e le mie ceneri si mescolano con quelle di tutti gli altri componenti della “società civile”.

Urna della lotteriaInteressante osservare ancora che si parla anche di urna nei sorteggi. Estrazioni fortuite, Lotterie, Bingo. Morti civili dell’individualità che si scioglie nel collettivo.

Il problema diventa allora: se e come la mia individualità si riconosce nell’immagine del corpo sociale. Una immagine non più costruita da me. Dal mio buon senso. Del mio “se tutti facessero come me” o la variante estrema: “se tutti fossero ragionevoli”.

Invece ognuno fa a modo suo. Ragiona a modo suo. Ugualmente convinto che se tutti…
Allora il problema è riconoscersi in quel nuovo corpo. In quella gigantografia che può apparire mostruosa. Inaccettabile.
E, se abbiamo coraggio, sussurrare: Quello sono io.
Antica frase che in sanscrito suona:

Quello sei tu in sanscrito

Si legge, traslitterando:
“Tat tvam asi”
Grammaticalmente è una frase in sé piuttosto semplice. Significa: Quello sei tu!

Gli asceti dell’antico Yoga l’hanno impiegata per mostrare a ciascun individuo la sua natura “cosmica”.

Krishna la ripete ad Arjuna nella terapia della prima sindrome di angoscia nella storia dell’uomo. (*)
Gli alchimisti l’hanno ripresa per sostenere l’equivalenza tra Microcosmo e Macrocosmo. Per mostrare, in altre parole che un Microcosmo è già un Macrocosmo.
Come in Alto così in Basso.
Che il grande è nascosto nel piccolo.
Che il corpo sociale è già nell’individuo, se mi permettete di applicare questa verità così alta a questo discorso così basso, a questa Commedia dell’Arte che comunque è la manifestazione più sublime dell’Anima italiana.
Il corpo sociale è già nell’individuo, ma l’individuo deve morire, essere cremato e deporre le sue ceneri nell’urna, elettorale in questo caso.
La sfida di ogni tornata elettorale è, allo spoglio di tutte quelle schede, al mescolamento di tutte quelle ceneri, riconoscersi nella gigantografia dei risultati.
Io credo che, a questo punto, riconoscersi non sia possibile a nessuno, ma in questa impossibilità stia il senso del prezioso esercizio che ci viene proposto ogni volta.

Siamo o non siamo quelli/quello?

È una foto sviluppata male? Ci è uscita una smorfia? Ci hanno sorpreso quando non eravamo ancora in posa? Se ri-votassimo ora faremmo diversamente…  O forse proprio in questo l’immagine risulta più eloquente.

E in questa immagine, se vogliamo cercare di essere sociali, socievoli, dobbiamo calarci. Dobbiamo indossare questi abiti. Con questi colori.

È solo un abito. Noi dobbiamo continuare semplicemente a fare il nostro lavoro.
Certo, a volte vien da pensare che ci venga chiesto di fare i muratori in smoking o che ci tocchi andare a teatro con la tuta sporca di grasso, ma, lo abbiamo visto, anche questo viene assorbito dalle mode e dai modi di fare.
A volte non ci appare solo un abito.
A volte questo abito risulta molto più pesante e inadatto alla stagione.
Altre volte ci appare un carico insopportabile.

Dal giovedì prima delle elezioni soffro di dolenze alle braccia e alle spalle. Sono costretto ad assumere qualche antidolorifico che mi sprofonda nella sindrome del dr. House.
Penso che finora le mie spalle e le mie braccia siano state abusate. Mi sono assunto troppi carichi. Forse stupidamente, ma tant’è .. Ora mi viene chiesto di assumermi anche questo carico, di amare e indossare questa immagine…
Cinque stelle in più in questo firmamento, ma ben vengano!
Qui in Lombardia Stella o Stellina è un diminutivo affettuoso. Di un bel bambino si dice che è una stella!

Possiamo allora augurarci ben più di queste cinque. Son tutti gli altri che, a dire il vero, ci appare arduo considerare delle stelle!
Vedremo di fare il possibile.
Ma come sempre ci proveremo con l’impossibile, altrimenti, come dicono i romani: Che stiamo a fare?

 

PS  Dedico questa paginetta alla mia cara amica Domitilla Melloni, che ha vissuto queste ore con una passione speciale. Compagna di avventure nelle pratiche filosofiche presso l’associazione Philo in cui entrambi, insieme a molti altri stiamo profondendo forze per costruire l'”utopia sociale”, la appassionata comunità che tutti ci accomuna.

 

(* )Per chi non conosca il discorso citato di Krishna ad Arjuna (lo trovate in Bagavad Gita) ho linkato la bellissima scena del “Mahabarata” cinematografico di Peter Brook.

2 pensieri su “L’anima e l’urna

  1. Francesco, grazie per queste tue osservazioni. Il link alla scena del Mahabharata però non funziona – anche se, avendolo visto in tua compagnia, molti, molti anni fa, penso di capire a quale scena ti riferisci.

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