Il castello di Cusago

Castello di Cusago

Caro lettore,
quella che ti propongo è la terza pagina di un romanzo in divenire. Il romanzo della mia biografia. 
Dopo Gli incontri con uomini straordinari e La compagnia del bel campa’ affronto un’immagine a cui sono molto legato. Il Castello di Cusago. 
Come spero si comprenderà si tratta di un crocevia di tante linee di sensi e di segni. Personali e sociali. Storiche, psicologiche  economiche e chissà che altro. 
Le cose essenziali sono appena accennate. Talvolta taciute. In questo riconosco il mio stile. 
Si tratta per me di una scrittura sperimentale. Spero non ti risulti troppo ostica. 
Ho deciso di pubblicarne qualche pagina, trattenendo presso di me le parti più significative che vedranno la luce a suo tempo. 
Qualunque tua osservazione o domanda mi sarà gradita. 
Buona lettura! [divider]

Così si scappava spudoratamente dall’ateneo.
Quei ragazzi non ce la facevano proprio ad arrivare a lezione.
Che fosse il disgusto per le materie o i metodi dell’insegnamento, l’atmosfera benedetta ma avvelenata di quel post-Sessantotto.

Università Cattolica di Milano - Corridoio interno
Che semplicemente e felicemente si avesse più voglia di vivere che di studiare. Che i filosofi neo-scolastici ci avessero rotto o il diritto allo studio facesse difetto nelle istituzioni. Che la condizione femminile risultasse insostenibile ai maschietti come alle femminucce. Che qualcuno fosse scivolato su una buccia di banana salutando l’omicidio di un commissario come un atto di giustizia popolare…

La lotta continua ma forse era semplicemente il corpo di quella ragazza imprigionata. In quel doppio fondo. Nessuno parlava più di lei. L’anima dormiva tra il giardino delle vergini e il cesso in cui fu massacrata, una mattina di  sabato.  Il delitto della Cattolica che, come tanti delitti italiani, di intento politico o meno, chiamava giustizia. E nessuno sapeva ascoltarne l’appello.
Il risultato non cambia.
Da Largo Gemelli, la piazza dell’ateneo di fronte alla caserma di polizia, da lì partiva l’auto più buffa del mondo. Quella DAF 33 che sembrava la TRABANT.

Walden

Era lei che imboccava via Foppa e, di seguito, via Lorenteggio. E fuori. Verso la campagna. Si scappava dalla città in cerca di erba verde. Non solo da fumare. Qualcuno aveva nella borsa di cuoio, manifattura artigiana,  una copia di Walden. La vita nei boschi, la disobbedienza civile!

Ma non solo di erba si aveva bisogno. Verde campagna ma anche qualcosa che ci rifocillasse. Che scaldasse il cuore o lo stomaco. I giovani fanno fatica a distinguere uno dall’altro. Forse non solo i giovani. Stomaco, pancia o cuore?
O era la nostalgia della notte precedente. Le osterie della zona Navigli. Prima che tutto diventasse quello che è ora.
A mezzogiorno ci si ritrovava a Cusago. Profughi dal chiostro dell’Ateneo.
Chiedemmo asilo politico nel Castello. Ma trovammo nelle sue rovine solo una modesta trattoria col pergolato.
Ma questa volta era una bettola verde, solare. Il naviglio e la notte alle spalle.
Presto diventò la nostra destinazione abituale.
Ma non è che ci si ritrovasse direttamente lì. No, ci si trovava in Università. Ci si provava ad andare a lezione.
Ma ogni volta il percorso tra i chiostri era più scivoloso. Si veniva risospinti indietro. Non ce la si faceva!

Quel che restava di un maestoso castello visconteo in un borgo di campagna.
Raccomando al lettore curioso di consultare questo link da cui apprendo ancora qualcosa che avevo dimenticato… Trattasi di una copia del Castello Sforzesco di Milano.

Dio mio, per un analista sarebbe fin troppo facile giocare con le teorie del doppio. Il Castello Sforzesco e  il suo doppio. Quel castello che dormiva alle spalle dell’ateneo.
Mi sono sempre astenuto da giochi troppo facili! Non ho mai sparato a una ambulanza. Che i doppi facciano il loro gioco. Di questo si intesse la vita.  L’oggetto di ciò che si chiama comunemente  la biografia.
Gli studenti, scappavano da una istituzione medievale e di medievale si erano guadagnati un castello. Un piccolo doppio ma intero. Altro che i chiostri del monastero. Al diavolo l’ateneo!

A quei tempi, comunque, il castello era già cadente e diroccato. Alloggiava in un angolo posteriore una trattoria.
Pergolati, grandi tavoli all’aperto. Il sole e la sua ombra.
Guardando la foto, nell’angolo a destra, in fondo, dove si intravede un albero.

Castello di Cusago - Angolo

Lì dimorava l’ombra più densa del nostro essere studenti.
Presso questo doppio del Castello Sforzesco…
Ci si sistemava così alla buona. Si beveva Bonarda qualche fetta di salame e tranci di formaggi lombardi.
Ci si ritirava a ripassar le lezioni…

A riflettere su come mai nemmeno quella mattina eravamo riusciti a superare la soglia del secondo chiostro del nostro ateneo. Ci rassicuravamo garantendo a vicenda che si stava comunque studiando. Le cose essenziali. Quelle che ci interessavano. E tra queste non c’era soltanto l’erba o il vino, ciò che di stuzzicante passava il castello.
Si parlava di yoga, di viaggi in oriente. Come in un vero castello. Di prospettive esistenziali più o meno alternative o significative. Di temi al confine tra la letteratura, la filosofia e la mistica.
Questo ed altro passava all’insegna generica della “Compagnia del Bel Campà”. Altre storie emergeranno ancora ed altrove…

Ma tornando al Castello di Cusago, che dire… Si viveva di poco e con poco.
Ma col passare degli anni quel poco ci è stato tolto.
Il comune di Cusago alla fine degli anni 70 cominciò a subire vistose trasformazioni.
La trattoria fu progressivamente sloggiata. Il castello era sempre più pericolante. E tuttora giace in istato preoccupante e pietoso.
Nel frattempo, cadente il centro, dolente il cuore, si è scelto, paradossalmente, di far fiorire la periferia.
Periferia fiorente, germogliante cemento, villette, intorno all’agonia del Castello.

È un processo che conosciamo bene e comprendiamo grazie alle pagine di Konrad Lorenz. Tra gli otto peccati cardinali della nostra civiltà, uno riguarda proprio questo.
Mi rammarico di non aver più sotto mano il testo per una citazione più circostanziata.
Lorenz paragona questo processo del tessuto urbano al processo tumorale tra le cellule umane.
Decade il centro e prolifera caoticamente la periferia.
Nella fattispecie era arrivata la colonizzazione del presidente del Milan. Alla periferia di Cusago si erano insediati studi televisivi.
Il centro improvvisamente ricevette la felice irruzione di modelle dai corpi sinuosi. Persone ben vestite  si insediavano con nuove costruzioni sempre nella periferia. Si parla anche di un calciatore di fama.
L’intuizione  c’era. Anche il centro andava  trasformato in funzione della nuova evoluzione della periferia.
Si ricostruì interamente la piazza centrale antistante il castello. Una seconda osteria, quella ancor più caratteristica che offriva anche l’opzione del campo di bocce, roba da pensionati, venne demolita e soppiantata dalla costruzione di locali pubblici più moderni e pretenziosi. Si può  prendere l’aperitivo al tramonto in una piazza discutibilmente, comunque effettivamente, ristrutturata.  Ma l’essenziale continua a deperire altrove.
Appare allo sguardo nella presenza del castello  fatiscente. Ma non accenna a cadere. Resiste lui, a suo modo. Testimoni i due tassi che vegliano l’ingresso centrale, appoggiati alla destra.

Castello Visconteo di Cusago

Il vero cuore del paese, l’edificio storico di valore monumentale. A distanza di un qualche decennio, nessuno ci mette le mani.
Immagino che il Comune abbia le migliori intenzioni. Ci sarà di mezzo la soprintendenza e qualche altro demone privato o pubblico… La cosa  non mi interessa minimamente. Non proporrei né firmerei un appello in proposito. Non credo a queste cose. Né in un senso, né nell’altro. Meglio tacere. Abitare silenziosamente con l’evidenza. Che ha sempre un suo senso.

Dagli esercizi meditativi ho imparato a stare nel cuore delle cose. Sto con quel che mi appare. Ciò a cui sono presente.
Il giorno che troverò che il Castello di Cusago avrà ricevuto le cure e l’amore che merita sarò lieto di scrivere un altra pagina. Ma senza, ovviamente, cancellare questa.
Non si strappano pagine alla storia.
Noi stiamo col castello che, a nostra memoria, è sempre stato cadente. Viene dal Medioevo. Come l’Università!
Potrebbe essere che una ristrutturazione lo guasti.

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