Figurine, soldatini, costruzioni, formine, biglie e meccano.
Questi giochi, che hanno plasmato il bambino che siamo stati, permangono sul fondo dell’anima. Dormono e sognano senza che ne siamo consapevoli.
A volte qualcosa ne risveglia le tracce.
Un percorso tutto velocità ed ostacoli riappare nell’esecuzione di una mansione seccante in ufficio. Anche lì occorre non lasciarsi superare dal collega e portare la biglia al traguardo. L’obbiettivo, il goal che ci assicura la promozione al girone successivo del torneo.
Le strategie sperimentate a soldatini le usiamo ancora nei nostri calcoli strategici. Il marketing, la visibilità on line, spesso è questione di strategia e di schieramenti. Di azioni sorprendenti. Dall’esito sconcertante. Oppure la capacità di assorbire una sconfitta, progettare un ripiegamento e tornare all’assalto.
Chi lavora nell’immagine si ritrova facilmente a giocare a figurine.
A me era capitato poco.
Ho giocato a figurine scegliendo e disponendo i quadri, le immagini, gli oggetti che nello spazio che abito mi parlano di qualcosa. Me lo indicano senza parole.
Si, la funzione delle figurine è quella di indicare senza parole. Mostrare direttamente scavalcando il discorso.
Nel social network il discorso è pane per tutti i denti. Spesso masticato e stramasticato. Fino alla nausea.
In un accesso di questa nausea, mi sono rivolto ad un nuovo gioco. Quello di Pinterest. È qui che ho trovato la versione più straordinaria ed attuale del gioco delle figurine.
Un gioco che, te ne accorgi ben presto, presenta regole molto diverse dalla discorsività di Facebook o di Twitter. La chiacchiera di Facebook ricorda la regola analitica della libera associazione. La domanda che il sistema ci rivolge ogni volta è la stessa con cui mi tormentava la mia prima psicanalista: “A cosa stai pensando?”
Un po’ di sollievo lo trovo ogni tanto dalla scultura epigrammatica del laconico Twitter. Una sorta di istigazione ad un haiku post-moderno.
Qui, nell’album di figurine di Pinterest, una immagine ti tocca e ti sorprende. Ti solletica una memoria. Inclina un desiderio che si risveglia ed avanza.
Non sempre ti rendi conto del perché ma il gioco non lo richiede. Lo scegli, lo incolli sul tuo album e il sistema, se accetti la proposta, lo moltiplica, intensifica, lo dispiega e puoi inoltrartici come in un labirinto.
Si. Perché le immagini prendono facilmente la via intricata del labirinto.
La buona discorsività, quella filosofica, è nata e si è data come obbiettivo quello di condurre i passi della riflessione umana fuori da questo labirinto.
Un labirinto che tuttavia continua a fiancheggiare la vita della nostra coscienza.
Non se ne esce. Tanto meno una volta per tutte.
Re-immergersi di nuovo in questo labirinto può avere ancora per noi un qualche interesse e una qualche efficacia.
Chi lavori professionalmente sull’immagine già lo fa e ha, come in tutti i lavori per cui si venga pagati, le sue gatte da pelare.
Per gli altri può risultare una lieta sorpresa.
A volte inquietante ma sempre feconda, a mio vedere.
Giocare a figurine implica una sospensione del pensare discorsivo.
Implica un lasciarsi trascinare dall’immagine prima di un esercizio del pensare discorsivo.
Una immagine ci piace, ci tocca, ci rimanda a qualcosa che inizialmente non sappiano bene cosa sia.
A inoltrarci nel labirinto ci pensa un certo algoritmo che costituisce la base della piattaforma di Pinterest.
A me non è dato decifrarla ma, possiamo verificarlo tutti, funziona.
Scegliamo una immagine, la apriamo e immediatamente sotto ci viene proposta una sequela di altre immagini, diversamente correlate con l’immagine iniziale.
Pare che questo sia il risultato di una operazione preliminare di mappatura. Di catalogazione. I tags si mettono al lavoro come i nanetti calzolai.
Spesso il sistema individua la linea del desiderio che ha mosso la scelta dell’immagine. Talvolta no. Ti resta allora l’opzione di tornare indietro e il gioco ricomincia. Lo puoi interrompere e riprendere come e quando vuoi.
In questo ha la robusta struttura dei giochi comunemente chiamati “solitari”.
Un gioco solitario grazie al quale quando e come vuoi puoi fermarti e guardare il raccolto accumulato e da questa immagine, dall’apertura di questo pozzo senza fondo di immagini, puoi cercare di decifrare la tua.
Come Narciso che, affacciandosi sopra questo pozzo di immagini, ha cercato sé stesso.
È precipitato come precipita chiunque ma il bello del gioco non è non cadere ma imparare a rialzarsi.
Probabilmente, per chi non si è mai affacciato sul labirinto di Pinterest queste considerazioni possono essere difficili da decifrare ma confido nel fatto, e incoraggio tale scelta, che sia sufficiente affacciarsi per comprendere meglio.
Se volete giocare con me questo gioco, potete trovarmi qui!