L’albero-croce

L'albero-croce
L'albero-croceNelle ore in cui la Respirazione della terra ripropone il rovescio della vita e della nascita, cioè la morte, in queste ore i miei pensieri e il mio sentimento sono richiamati da qualche evento occorso nel mio quartiere.
Due incidenti mortali in una settimana. Da molto tempo non ne ricordo nella mia zona.
Uno sotto le mie finestre, uno in prossimità della chiesa in cui son stato battezzato.
Del primo, per fortuna, non ho sentito e non ho visto nulla.
Sono impressionabile e, in quegli stessi metri quadrati di asfalto, nel settembre di qualche anno fa è stato investito il più piccolo, tenero, ma indomabile dei miei cani. Un barboncino bianco di un anno, soggiornato presso di me non più di otto mesi. Non riesco a ripassare dai quei metri quadri di asfalto senza ripensarci ogni giorno. Troppo sommare un altra scena raccapricciante.
Del secondo ho avuto notizia quasi in tempo reale, ma non ero a Milano. Ne ha parlato la stampa nazionale on line e in cartaceo.
Di questi incidenti, uno riguardava un anziana, quell’altro un ragazzo. Ovviamente la stampa nazionale si è occupata del secondo.
Comprensibilmente.
Possiamo essere “democratici”, cercare di essere imparziali davanti a tutto, tranne che davanti alla morte. C’è un senso nel fatto che la morte di un bambino pesi più della morte di un anziano. Ci appare così contro-natura. È questo un argomento cruciale dei discorsi di Ivan Karamazov al tenero Alesha.
E poi la morte, come fatto tragico, è così individuale.
In fondo nasciamo un pò tutti in modo simile.
Le nascite si somigliano di più.
I filosofi dicono che ognuno può essere artefice della propria fortuna, del proprio destino. In ultima analisi della propria morte.
Da sempre la meditazione è pensata come una sorta di esercitazione per giungere ad una morte più umana possibile.
La morte accidentale, violenta, taglia le corde dell’arpa rispetto all’esercizio della facoltà di prepararsi alla propria morte.
In questo mio spazio pubblico, ma protetto non vedo il motivo di tacere di questi pensieri. Attraversano la mente di ciascuno. Amo poi particolarmente far nascere i pensieri dai sentimenti.
E poi pochi giorni fa parlavo di della pubblica rimozione della morte.
La cronaca nera o certo indugio indecente dei media tentano invano, orrribilmente, di suturare questo vuoto. A volte cercare di rimediare qualcosa giunge ad un risultato peggiore che non accettare il danno, la ferita. L’evento tragico.
A mio parere sarebbe meglio, in attesa di tempi migliori, riconoscere un vuoto incolmabile, là dove il nostro sentimento lo percepisce come tale.
Un vuoto incolmabile. Espressione non a caso usata in condoglianze e dintorni.
Viceversa mi appare spesso sospetta psicologicamente la presunzione di comprendere con capacità più o meno esoteriche, più o meno probabili, di avere la chiave di misteri. Di saperla lunga sul destino o sul karma. C’è sempre qualcuno cui piace mostrare di saperla più lunga. Soprattutto sui misteri!
Credo ancora nella capacità di accogliere il dolore, il lutto, la ferita, il rendere alla morte il ritualismo dovuto, l’offrire nel nostro intimo il dovuto spazio all’elaborazione del lutto….
Mi appare questa la condizione perchè l’estate di S.Martino, di cui oggi celebriamo la ricorrenza sia davvero la promessa del sole primaverile ed estivo.
Siamo entrati in una zona d’ombra. Come ci è entrata Proserpina, Persefone, Kore.
Tre volti dello splendore del mito invernale a cui presto dedicherò nuove paginette.
Scelgo per questo l’immagine della croce coopta. Una croce che appare anche un albero.
P.S. Dedico inoltre questa paginetta a due amiche su FB.
Paola Melidoro, che nei giorni scorsi mi ha fatto una domanda difficile. Questo è solo l’inizio di una possibile risposta.
Valeria Festa, a cui da diversi mesi ho promesso riflessioni sul tema.

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